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 Nr.3 del 25/02/2008
 
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Il Delta del Po
Il Po, con il suo tesoro, il Delta, si va affermando come mèta di un nuovo turismo naturalistico e archeologico

Un’alternativa alla vacanza mare-spiaggia proposta dalle località balneari dell'Adriatico. Il Delta del Po è l'area geografica in cui il fiume termina il suo corso nel Mare Adriatico, tra le province di Rovigo e quella di Ferrara. Un'area naturale protetta. Divisa in due parchi naturali regionali. Il Parco regionale veneto del Delta del Po, attivo dal 1997, comprende il delta geografico del Po e include nove comuni, tutti in provincia di Rovigo.
Il Parco regionale Delta del Po dell'Emilia-Romagna istituito nel 1988 ma operativo dal 1996, è inserito dall'Unesco, dal 1999, fra i siti del Patrimonio dell'Umanità. Comprende territori che fanno parte del bacino idrico di altri fiumi e la parte sud del delta storico del Po (il Delta fossile). Ne fanno parte i comuni di Comacchio, Argenta, Ostellato, Goro, Mesola, Codigoro. Ravenna, Alfonsine e Cervia (con le saline), ne fanno anche loro parte o hanno aree all'interno del parco.
Oggi si parla del Delta come porta del Mediterraneo. Finalmente. Come luogo d'incontro fra le civiltà etrusca e romana e i mercanti venuti da lontano, i Fenici e i Greci. Sì, certo, c'è un confine fra i due territori, quello rodigino e quello ferrarese, ma basta spostarsi da Adria a Comacchio per accorgersi che, al di là del confine, il Delta è un unicum. Storico e culturale.
Casette colorate che si adagiano lungo i canali che, come in una Venezia in sedicesimo, circondano tutta la città lagunare. E si intersecano all'interno della stessa. Siamo a Comacchio. Dove c'è un'altra sorpresa ancora. Riservata a chi ama l'archeologia: un viaggio nel I secolo a.C. Attraverso il Museo della Nave Romana. È una bella occasione perché si può toccare con mano l'antico. Vivere in prima persona la vita dei nostri antenati. È un modo diverso di raccontare il mondo antico in forme più attuali. Cercando di incuriosire e divertire. Far provare l'emozione di sentirsi tutt'uno con la propria storia.

È stata recuperata con tutto il suo carico. Un ingente quantitativo di oggetti destinati alla vendita. Merci varie e di diversa provenienza: anfore – vinarie e olearie –, lingotti di piombo, tronchi di bosso, ceramiche di vario tipo. E sei "tempietti" miniaturistici, che sono degli ex voto, destinati alla vendita e legati alla devozione popolare. Un raro, forse unico, esempio di un ritrovamento di questo genere. All'interno delle cellette si trova l'immagine di Venere (la dea dell'amore, nata dalla spuma del mare) o di Mercurio (dio protettore dei commerci).
Si sono fatte molte ipotesi da dove provenisse la nave e dove fosse diretta. Ipotesi, appunto. Quel che è certo, invece, è che la parte più consistente del carico della nave di Comacchio è costituita da 102 pani di piombo provenienti dalle miniere spagnole. Ogni pane è contrassegnato da dei marchi. Che si presume si riferiscano ai nomi delle legioni chiamate da Agrippa in Spagna per sedare le rivolte cantabriche. Era frequente, in quel tempo, che i legionari venissero impiegati anche nel lavoro di estrazione dei metalli. La produzione artigianale e il settore dell'edilizia usavano moltissimo il piombo, in età romana, per gli impieghi più disparati.
Molti dei marchi che contrassegnavano i pani erano siglati AGRIP. Vale a dire Marcus Vispanius Agrippa.

Marco Vispanio Agrippa era legato da grande amicizia con il figlio adottivo di Giulio Cesare, Ottaviano. Mentre Marco Vispanio era pretore in Gallia, Ottaviano lo richiamò in Italia. Costituì una potente flotta a Baia, vicino a Napoli. Le vicende degli anni seguenti culminarono nel 31 a.C. Ad Azio, in Grecia. Dove con l'agile e veloce flotta di Ottaviano, Agrippa sconfisse le grandi navi armate di torri di Marco Antonio e di Cleopatra.
Nel 30 a.C. Agrippa ordinò la bonifica di una parte del Campo Marzio. Venne destinata ad ospitare la piazza della Grande meridiana e dell'Ara Pacis. Costruì terme, acquedotti e il Pantheon. Agrippa era in Spagna nel 19 a.C. Morì nel 12 a.C. Queste due date costituiscono un significativo elemento di datazione del viaggio della nave di Comacchio.

Ma la sospensione del tempo qui non è limitata ai musei. Infatti, se ci si inoltra nel Parco del Delta, si vive tutto l'intreccio creato dai bracci del Po e dall'Adriatico: terra, acqua, palude. Fra antichi «casoni» per la pesca, minuscoli borghi, umili chiese, si ri-scopre un territorio preservato, mentre nell'ultimo secolo le zone circostanti si industrializzavano.
È qui il fascino della Pianura padana. Che ha la colonia di fenicotteri rosa più importante di tutto il Mediterraneo, unitamente alle moltissime specie volatili che vengono a nidificare, per la gioia degli appassionati di birdwatching, l'osservazione degli uccelli. Che vede nei 1058 ettari di superficie della Riserva Naturale del Bosco della Mesola un ambiente complesso e intricato, ricco di storia. Un laboratorio ambientale di prim'ordine, fragile e a rischio. Un lembo, un piccolo frammento rappresentativo di un ambiente naturale, la foresta planiziale, ormai quasi del tutto scomparso altrove. Alla ricchezza vegetazionale fa riscontro l'àmbito faunistico con il cervo, qui presente con l'unica popolazione autoctona dell'Italia peninsulare, e diverse specie di Carnivori, di anfibi, di rettili e poco meno di 500 testuggini. L'avifauna annovera 160 specie e soprattutto qui c'è il daino, l'Ungulato considerato il fattore chiave della gestione del "Boscone", come viene familiarmente chiamato dai ferraresi. Che lascia immaginare i tempi remoti in cui il litorale adriatico era coperto di foreste. Dove la Corte Estense cacciava e i monaci dell'Abbazia di Pomposa (secoli IX-X) lasciavano pascolare il bestiame. Ma è soprattutto il silenzio e la solitudine che si avvertono in questo vestigio di antiche selve litoranee. Il silenzio dovuto all'immobilità delle dense chiome dell'albero predominante: il leccio. O alla luce pallida del sole che filtra a fatica ma può regalare scorci di grande e suggestiva bellezza.

Ermanno Antonio Uccelli


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