|
Così Maria Boschetti Alberti nel suo Il diario di Muzzano del 1920 sottolinea la necessità di favorire uno studio che sia fattivo e umanamente stimolante.
La nostra realtà è così? Difficile crederlo, ma certo gli ultimi anni hanno visto, all’interno dell’involuzione dell’esperienza didattica della scuola italiana, alle prese con innumerevoli riforme annunciate e mai realizzate, il consolidarsi di piccole iniziative di ricerca, un micro lavoro, difficilmente valutabile dal punto di vista statistico, sia per la quantità che per l’efficacia didattica, ma che, sfruttando lo strumento delle nuove tecnologie, ha avviato progetti di ricerca e di approfondimento nei più vari settori del sapere, stimolando la progettualità docente e l’impegno di lavoro delle realtà studentesche.
Si tratta di uno spazio di ricerca che produce esiti certamente molto diversificati, ma che ha se non altro il pregio di aprire nuovi spazi di interazione fra la cultura scolastica, con la sua stantia tradizione manualistica, e la realtà multiforme che si agita, certo in modo spesso assai scomposto ma pur sempre vitale, fuori dalle mura degli edifici scolastici.
Forse oggi l’idea di una scuola attiva, che ebbe una sua fortuna negli anni sessanta/settanta, appare meno apprezzata da chi le affida viepiù una funzione di stampo ideologico come riproduttore di modelli di gerarchie, di riconoscimenti di competenze, spesso assai fragili ma definite da prospettive ideali di successo e di affermazione secondo i paradigmi dell’«etica del profitto» borghese, quando non di semplice riserva indiana per il mantenimento, fuori dal ciclo produttivo, di masse di giovani che altrimenti non avrebbero un’organica collocazione nella società generando dirompenti contraddizioni.
In questa prospettiva originale fattore di novità è quello offerto dalla realizzazione da parte dell’ANEI (Associazione Nazionale Ex Internati) e dall’Assessorato all’Istruzione della Città di Desenzano del Garda di un volume che raccoglie una approfondita ricerca storica sulla controversa avventura imperiale dell’Italia fascista.
Il volume dal titolo Sognare l’impero. Dal basso Garda ad Addis Abeba per il lavoro e la guerra, coordinato dalla dott.ssa Maria Piras, è il risultato di una ricerca di un centinaio di studenti delle quattro scuole superiori di Desenzano, il Liceo Bagatta, l’ITC Bazoli, l’IPA Caterina de’ Medici e l’IPSCT Marco Polo ed è stato sostenuto dalla partecipazione di alcuni docenti delle varie scuole coinvolte nel progetto. Il lavoro si è sviluppato negli anni scolastici 2004/05 e il 2005/06 e si è strutturato in un bel volume di oltre 200 pagine, che si avvale anche del sostegno di un ricco CD-ROM, che raccoglie una notevole messe di materiali integrativi.
Semplicemente sfogliando le pagine del volume si ha la chiara sensazione, che poi è ulteriormente certificata dalla lettura delle pagine del testo, che non ci troviamo di fronte a una semplice operazione di riorganizzazione più o meno ben fatta di materiali già noti. Infatti, su una struttura storiografica che si rifà alle più importanti acquisizioni della storiografia italiana che, liberata da pregiudizi nazionalistici, ha avuto il coraggio di iniziare a fare i conti con le tragedie del nostro imperialismo, sulla scia delle ricerche pionieristiche di Angelo Del Boca, il lavoro ci offre una serie di testimonianze inedite che meritano di essere conosciute e divulgate.
Infatti, abbiamo accesso tramite le pagine di questo lavoro, grazie alla liberalità di alcune famiglie bresciane che hanno avuto la disponibilità di consentire agli studenti di indagare nei loro archivi, che spesso raccolgono ricche testimonianze non adeguatamente valutate nel loro valore testimoniale, alle memorie di Giuseppe Leonardi, autiere del 107° reparto della divisione Gravina o al diario del soldato Ettore Marcante o alle lettere di Mario Andreoli, Luigi Mor, Giacomo Minotti e infine alla ricca testimonianza del funzionario coloniale di stanza a Gondar Enrico Guerrini.
Si tratta di una serie di materiali che nel complesso ci consentono di rafforzare il giudizio sull’imperialismo italiano espresso dal Del Boca e da chi ha seguito la sua orma e che vede in quello italiano solamente una tragica e tarda riproduzione di modelli politici ormai palesemente destinati a rapido tramonto. Insomma, un «imperialismo straccione», destinato a sgonfiarsi nel giro di un tragico quinquennio che vede e forse favorisce lo scoppio della seconda guerra mondiale e con essa il tracollo del fascismo con tutto il suo funesto fardello di drammi e miserie per il nostro paese.
Certo bisogna ammettere che dalla lettura delle testimonianze emerge che l’ideologia del regime riusciva a fare bene il suo lavoro e le prospettive di chi combatteva o di chi amministrava i nuovi territori erano fortemente influenzate dalle direttive del regime. Individualmente, coloro che combatterono nel 1935/36, pur con momenti di maggiore o minore certezza della funzione della presenza italiana, videro nella loro azione un momento di un processo di colonizzazione che corrispondeva pienamente con il modello offerto dalla ideologia coloniale dell’epoca, che vede nelle guerre combattute dalle potenze occidentali un poco in tutte le regioni del globo uno strumento di civilizzazione di realtà che apparivano palesemente arretrate se non esplicitamente «barbare».
Non meno interessante è in questa prospettiva la parte del volume dedicata all’analisi delle pagine del giornale bresciano Il popolo di Brescia. L’analisi degli articoli di quel giornale consente di seguire il processo di costruzione del consenso intorno alla spedizione coloniale in Etiopia attraverso un’ abile manipolazione e selezione delle informazioni che, partendo dall’affermazione di un presunto «buon diritto» dell’Italia a veder riconosciute le proprie pretese su alcune terre di confine fra Eritrea ed Etiopia, giunge ad affermare che, di fronte alle provocazioni abissine, il diritto di Roma si iscrive nella naturale funzione della civiltà latina di difendere e diffondere i valori della cultura occidentale!
Infine un ultimo paragrafo riguarda l’«ambigua» partecipazione della Chiesa alla guerra. Le istituzioni religiose romane, di fatto, si schierano con il fascismo avviando una campagna contro la Chiesa Copta etiope e a favore delle armi fasciste. Come non ricordare le parole della Civiltà cattolica dell’ottobre 1935 che, parlando della Chiesa Copta, afferma tale chiesa essere esempio: «dell’imputridimento morale e del decadimento intellettuale di un popolo staccato da Roma, per lo scisma e l’eresia». Come dimenticare d’altronde le parole del cardinale di Milano Schuster per il quale la guerra era «strumento per spezzare le catene degli schiavi» e mezzo «per spianare la strada ai missionari di Cristo». Significativo invece quanto scriveva all’inizio degli anni sessanta un missionario bresciano in un libretto di Memorie e Ricordi dell’attività missionaria che aveva svolto in quei tragici anni. Ricordando ciò che gli aveva detto un cadì locale, padre Giuseppe Scalvini scriveva che « (tali popoli) avevano in odio implacabile al fascismo anche perché dicevano che i fascisti di Graziani erano entrati in Addis Abeba con mezzi illeciti usati per vincere la guerra e cioè i gas asfissianti che distruggevano villaggi completi ». Erano gli anni in cui Montanelli e con lui l’establishment del Corriere della Sera affermavano a ogni piè sospinto che mai e poi mai l’Italia aveva usato strumenti illegali in quella guerra…
Il volume è poi arricchito da una messe di immagini e fotografie del lascito di militari e volontari italiani, originali e inedite.
Alla fine della lettura non si può che riconoscere che, anche se la scuola italiana è piena di difetti e magagne, qualche volta, grazie alle capacità dei docenti, alla volitività dei ragazzi e a una giusta sinergia con le istituzioni è possibile realizzare itinerari di comprensione di assoluto rilievo.
Un grazie a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di Sognare l’impero.
Il volume può essere richiesto, per chi fosse interessato, al Centro Studi ANEI, Via Bevilacqua n° 63, Brescia, rivolgendo le richieste direttamente alla dott.ssa Maria Piras, oppure a mariapiras@hotmail.com.
Giulio Toffoli
|