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 Nr.4 del 03/03/2008
 
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La scienza? Senza saperlo, l'hanno inventata i Greci
È del 212 a.C. il sacco di Siracusa. Durante la seconda guerra punica, la città passò dalla parte dei cartaginesi, provocando l'intervento romano


   L'orologio ad acqua di Ctesibio



  


Presa da Marcello, fu abbandonata al saccheggio, durante il quale perì anche Archimede, il più grande matematico dell'antichità. Ed uno dei più grandi di tutti i tempi. Durante l'assedio della città, il grande fisico costruì una serie di macchine da guerra, organizzando la difesa contro i Romani. E perì per mano di un soldato romano.
Racconta Plutarco che quando Archimede fu colpito a morte, stringeva nelle mani un planetario che voleva donare a Marcello, il vincitore. Sino ad allora non c'era al mondo un congegno più raffinato di quello: una sfera che, con un unico movimento, descriveva i moti di tutti i pianeti del sistema solare.
Un uomo straordinario, il siracusano. Dal quale ci si poteva aspettare di tutto. Anche che tirasse in secco – da solo – una nave con l'aiuto di una serie di leve. O che misurasse la circonferenza della Luna e del Sole. O, ancora, che calcolasse, con uno stilo, i granelli di sabbia di cui è composto l'universo. La sua morte costituì un disastro incalcolabile per la scienza antica.
L'età ellenistica fu un’epoca assai feconda per la scienza. Una parola che i Greci neppure conoscevano. Quando essi trattavano di medicina, di geometria o di astronomia, parlavano di natura, physis. Costruivano di tutto i Greci: planetari, pompe idrauliche, orologi ad acqua… In più, si alimentavano di miti, attraverso i quali inseguivano le strade del sapere, alla ricerca di uomini ai quali, come ai loro eroi – il divino Efesto padrone del fuoco e del metallo, l'umano Dedalo e il suo automa Talos – nessun miracolo tecnico fosse impossibile. Insomma, era un tempo in cui l'uomo comprendeva e imbrigliava le leggi della natura. Con pochissimi mezzi e molto genio.
Era una civiltà fiorita dopo la morte di Alessandro Magno. Nel 323 a.C. Durata trecento anni. E terminata con la battaglia di Azio, in Grecia, nel 31 a.C., quando la flotta di Ottaviano sconfisse quella di Antonio e Cleopatra. Trecento anni nei quali i Greci cambiarono il mondo. E imposero la loro lingua. Dal mar Mediterraneo al fiume Indo. Un ellenismo che ha generato geni assoluti. Non solo Archimede, ma Aristarco di Samo. Fu questo astronomo di tendenze archimedee il primo a proporre la teoria eliocentrica: la Terra girava intorno al Sole. E le stelle non erano fisse. Siamo fra il 310 e il 230 a.C.
Dello stesso periodo è anche il meccanico greco Ctesibio di Alessandria. Si occupa, in modo prevalente, di idraulica. La nascita della scienza dei fluidi – dice lo scrittore, ingegnere e architetto romano Vitruvio Pollione – la dobbiamo a lui. L'invenzione fondamentale che gli viene attribuita è il sistema cilindro-pistone che applicò in diverse macchine di sua concezione. Fu sempre Ctesibio a costruire il primo orologio, semiautomatico, ad acqua. In esso la durata dell'ora poteva essere regolata secondo la stagione. Al suo orologio Ctesibio applicò un regolatore a galleggiante. Simile, come principio, al moderno carburatore per automobili. Costituisce il più antico esempio conosciuto di meccanismo per il controllo a retroazione.

Durante quei tre secoli si delinearono precise mappe del cielo. Vennero praticate le prime operazioni di cataratta. Ma il vero simbolo di quella civiltà fu il Faro di Alessandria.
Sorgeva sulla punta nord-orientale della città. Era considerato la settima meraviglia del mondo. Una immensa torre di granito. Alta 120 metri. Una altezza pari, oggi, a quella di un grattacielo di 34 piani. Con un fuoco sempre acceso per illuminare la rotta delle navi. Grazie a tutto un gioco di specchi, i marinai vedevano il faro a 50 chilometri di distanza.
Nella Roma repubblicana nessuno fu più in grado di creare oggetti simili a quelli costruiti dai greci. La civiltà non sfiorì certo all'improvviso, ma qualcosa si ruppe. Le scuole si chiusero. Le tecniche ripetitive si sostituirono alla ricerca scientifica. Furono gli Arabi a salvare i libri dei grandi scienziati. Furono loro a portare avanti la ricerca. Loro che introdussero i numeri e l'algebra.
Sparì, così, il regno dei greci di Alessandro. I Romani ereditarono, da quelli, le conoscenze di ottica e di meccanica, di idraulica e medicina, di astronomia e geografia… ma non la passione per il rigore matematico. Neppure il gusto dell'invenzione pura. O la vocazione speculativa.

Ermanno Antonio Uccelli


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