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 Nr.8 del 14/04/2008
 
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Identità, progetto, democrazia
Un volume di Dino greco dal titolo: ''Identità, progetto, democrazia. Le nuove frontiere del conflitto sociale e di una sinistra rinnovata per un’alternativa alla deriva liberista''


   Antonio Gramsci



   Dino Greco


Gli esiti del cosiddetto dibattito politico di questi ultimi mesi, la bizantina discussione sulla riforma del sistema elettorale, quella non meno kafkiana sul “tesoretto”, il disfacimento della “maggioranza di governo” sulla spinta di un’incredibile faccenda come quella del “caso Mastella”, aprono la strada a un’ulteriore fase di disorientamento e disinganno dell’opinione pubblica. Come si fa a “credergli”? Come seguire una discussione che in certi momenti appare più simile al gioco delle tre campanelle o delle tre carte piuttosto che a una ricerca di una via di “sviluppo” di una realtà storico- sociale che coinvolge oltre cinquanta milioni di individui? Difficile rispondere a queste domande nel mezzo di una scadenza elettorale che, con la sua presunta urgenza, non farà che riproporre, secondo modelli di discutibile novità, una realtà di dibattiti e di scelte che riproducono quasi come carta carbone ciò che abbiamo già vissuto, con una valenza di volta in volta ancor più regressiva.

In questo panorama sconfortante è forse utile assumere un punto di vista distaccato; a tale scopo ci può essere di aiuto l’interazione dialettica con Dino Greco, sindacalista bresciano di lunga esperienza che, dal suo punto di vista di segreterio della Camera del Lavoro di Brescia e membro della CGIL nazionale, ha avuto la possibilità di leggere gli avvenimenti di questo ultimo quindicennio da una angolazione particolarmente favorevole. Gli appunti degli ultimi sette anni sono stati raccolti da Dino Greco in un volume dal titolo: Identità, progetto, democrazia. Le nuove frontiere del conflitto sociale e di una sinistra rinnovata per un’alternativa alla deriva liberista, (pref. Mimmo Rizzuti – Edizioni Punto Rosso, 2007, pag. 255, € 10). Si tratta di una selezione di oltre quaranta interventi di facile approccio, tali da poter essere letti da qualsiasi lettore, giovane o adulto, più o meno istruito, senza che per questo ne venga meno la validità e il rigore analitico. Vorrei quasi dire che è un libro che potrebbero/dovrebbero leggere operai, non meno che impiegati e intellettuali.

Proviamo a mostrare perché ci sembra che il volume meriti di essere segnalato.
Quasi come introduzione all’opera Greco ha deciso di metter un suo intervento tenuto al congresso del PCI del 1992, l’ultimo di quella organizzazione. Rileggendo quelle righe ben si comprendono le contraddizioni che uno spirito critico, aperto verso il futuro ma insieme attento anche alle problematiche del presente, notava emergere dalla linea politiche della maggioranza del congresso avviata sulla deriva che dal PCI avrebbe portato al PDS, poi ai DS e infine al PD, quasi secondo un principio di inesorabile declino nella ricerca di un potere ambito ad ogni costo, fino al paradosso di trasformarsi in quella realtà politica centrista e tendenzialmente conservatrice che ha per decenni combattuta.
Dalla scelta “sbagliata e autolesionista” di quell’anno sono derivate le fasi successive: il tragico abbraccio del libero mercato e le crescenti difficoltà del sindacato, non solo incapace di affrontare le nuove sfide, ma vieppiù schiacciato dall’aggressività del padronato. Da questo punto di vista la lotta per la difesa delle minime garanzie del “mercato delle braccia”, per la difesa degli immigrati dalle forme più gravi di sfruttamento ed emarginazione, fino alla battaglia contro la crescente precarizzazione del lavoro e la lotta contro le proposte di Pietro Ichino, impegnato a definire i lavoratori come “fannulloni”, hanno rappresentato un terreno su cui il sindacato italiano ha faticato a conservare quelle conquiste che avevano favorito una maggiore perequazione all’interno del mondo del lavoro.
La posizione di Greco ci appare, di pagina in pagina, espressione di una lucida capacità di previsione degli esiti di una battaglia che, invece di essere combattuta su posizioni di intrepida lotta, con la chiara coscienza di essere la voce di un realtà sociale alternativa, portatrice di una serie di valori altri e conflittuali rispetto alla logica della pura fruizione mercantile del lavoro e della reificazione dell’esistenza, si è ridotta alla pura difesa del presente ed è perciò destinata ad essere sconfitta e schiacciata dalla pervicace aggressività dell’egoismo padronale.
Di qui l’esito “tragico” della sconfitta del referendum sull’articolo 18 del 2003 che segnala come sia ”drammaticamente squadernata davanti a noi – fa notare Greco- l’assenza di una politica di difesa del lavoro, sottoposto ad un attacco di inaudita violenza: un attacco che è ormai prossimo a raggiungere l’obiettivo di liquidare la specificità del diritto del lavoro... per sostituirvi, puramente e semplicemente, il diritto commerciale”.
Se pensiamo all’evoluzione di questi ultimi anni con il tragico fardello di morti sul lavoro, dalla Thyssen-Krupp a Molfetta, tanto per citare l’oggi, cui non si riesce seriamente a reagire, ci si rende conto di come la vita umana sia diventata una variabile del tutto sottomessa al primato del profitto.
E’ in questo contesto, sottolinea Greco, che la corsa della casta politica “alla riconquista del centro è ripresa di slancio ed è rinato a nuova vita il politicismo astruso, espressione di un leaderismo oligarchico, incapace di suscitare passione e mobilitazione, che si è nuovamente rovesciato negli spazi dei talk show televisivi, sola palestra percepibile della lotta politica, mentre su tutti i temi che hanno prodotto in questi anni lotte sociali, movimenti... si possono cogliere segni di involuzione e di arretramento”.
Già nel 2004 Greco faceva notare, con lucida lungimiranza che “la vera rivoluzione copernicana... consiste nel riscoprire che un’adeguata politica salariale che aumenti il valore delle retribuzioni non è un ostacolo agli investimenti, ma ne costituisce l’enzima...”. Ma le cose invece sono andate ben diversamente, secondo il classico paradigma italico: “campa lavoratore che l’erba cresce!”. Tanto che la parola d’ordine di Padoa Schioppa, con la sua politica finanziaria, ha dimostrato in modo inoppugnabile come essa costituisse, con la sua politica dei due tempi, solamente il disegno di una parte della borghesia italiana e di un riformismo subordinato ad essa, che ha perduto per strada ogni sua autonoma finalità progressiva. Di qui il segno dato dei tagli alle spese sociali, partendo da quella pensionistica, che costituiscono la via maestra di ogni governo sia di destra che di centro(ex)sinistra. Per contro si allarga lo scandalo dell’aumento esponenziale dei profitti dei top manager, con le loro “stock options”, che consentono di ottenere emolumenti incredibili, vera e propria offesa per una generazione di “flessibili” dal futuro incerto. Quando non bastano le rendite dei manager si sviluppano come funghi, nel sottobosco del potere imprenditoriale-burocratico, le attività di abile manipolazione finanziaria, per non dire tout-court di corruzione, cresciute dagli anni ottanta in poi e che neppure la pagina di Mani pulite è riuscita a fermare.

Significativamente il penultimo intervento del volume ha per titolo “Sul riformismo” e si conclude con una bella citazione di Gramsci: “la formula del male minore, del meno peggio, non è altro che la forma che assume il processo di adattamento a un movimento socialmente regressivo, mentre le forze antagonistiche (o meglio, i capi di esse) sono decise a capitolare progressivamente a piccole tappe e non di un solo colpo”. Come descrivere meglio ciò che è successo alla sinistra italiana negli ultimi 15 anni?
Come uscire da quello che appare ora come un vero e proprio cul de sac? O con una abdicazione totale di fronte alla linea aggressiva del capitalismo liberista o con l’assunzione di una linea di radicale messa in discussione di un’intera tradizione della sinistra che, facendo i conti con il suo passato e facendosi forte dei parziali successi e dei gravi insuccessi, sia capace di avviare una nuova pagina di grandi lotte.
Su questa linea Dino Greco ci appare un compagno di viaggio con cui è prezioso dialogare.


Giulio Toffoli


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