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 Nr.14 del 16/06/2008
 
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Il mistero del volto di Raffaello
È assolutamente innegabile che l’evoluzione del mercato, legato a quello che solitamente siamo abituati a chiamare il sistema di produzione industriale, ha generato anche a livello culturale una crescita esponenziale delle pubblicazioni e un parallelo aumento del numero degli aspiranti scrittori


  



  


Crescita ed aumento a tal punto da creare quasi un senso di paura, una forma di ripulsa da parte dei lettori nei confronti di una cultura tanto mercificata che definirla letteratura di puro intrattenimento è darle un valore che in vero non ha.
Un amico libraio ci ha parlato di una vera e propria tragica fiera del libro. Una permanenza del prodotto volume, anche quelli stampati dalle grandi case editrici, sui banchi della sua libreria che ormai non supera qualche giorno, per i più fortunati qualche settimana. Solo i best seller possono aspirare a restare in libreria più a lungo. Per i più insomma il destino sono i depositi. I volumi di un qualche interesse possono sperare in una sopravvivenza nel mercato parallelo dei remainders. La maggior parte finisce inesorabilmente, dopo qualche tempo, di fronte all’ultimo giudice: il macero. Ben misero destino per quello che dovrebbe essere nonostante tutto non semplicemente un prodotto fra tanti, ma un bene con una caratura particolare legata alla capacità di stimolare pensieri, di generare sensazioni, insomma di guidare il lettore su una via di una maggiore consapevolezza del sé.
Qualche volta però fra tanta merce ecco apparire qualcosa d’interessante, come il volume appena uscito dalle rotative di Fabrizio Romano, Il mistero del volto di Raffaello (Marco Serra Tarantola Editore, 2008, pag. 199, Euro 12). Romano è un giovane studente universitario bresciano con alle spalle un apprezzabile apprendistato nell’uso della penna, che qui mette a frutto in un racconto semplice, lineare e insieme affascinante.
Il fascino di questo primo romanzo del nostro giovane concittadino risiede innanzitutto nel paradossale gioco di specchi su cui si è venuta costruendo la trama. L’autore ci narra nella seconda di copertina come, durante una vacanza dopo l’esame di stato, si sia recato a Firenze e qui abbia scattato, in Santa Maria del Fiore, una serie di fotografie. Si tratta di quelle nuove fotografie realizzate con una macchina digitale, dove non si sa mai quale sia il limite fra l’immagine reale e la ricostruzione che si può realizzare con una semplice manipolazione informatica, quando il materiale conservato sulla scheda digitale entra nel programma che lo legge. Le immagini che si palesano in quest’occasione sono del tutto straordinarie, quasi una serie di scatti magici, che paiono aprire inprevedibili prospettive di lettura. Infatti, almeno una di queste immagini non rappresenta solo un gioco di luci e di rifrazioni, ma qualche cosa di ben più strano. E’ l’immagine riportata in copertina, che presenta, in una specie di piccola icona ad uno dei lati, quello che sembra essere il ritratto del grande pittore rinascimentale Raffaelo Sanzio. Certo si tratta di un’immagine confusa, ma è indubitabile che quella serie di segni pare rimandare all’immagine del grande urbinate.
A questo livello però scatta un meccanismo di originale trasformazione poetica. Non è più Romano in azione ma il suo doppio letterario, un certo Tommaso Trinchetti. Un giovane che si presenta per molti aspetti non molto dissimile dall’autore; un ragazzo d’oggi appena più attempato, studente universitario a suo modo sradicato e alla ricerca di un’identità che decide di fermare la sua attenzione su questa strana apparizione: il volto di Raffaello.
Questo fatto genera una girandola di avvenimenti che vedono muoversi fra la Toscana, Brescia e la Val Camonica un gruppo di personaggi che sono impegnati a risolvere quello che si palesa ben presto un vero e proprio mistero legato alla vita del grande pittore rinascimentale. Raffaello è sempre vissuto solo, come sembra di capire dalla lettura delle sue biografie, oppure dietro il suo dolce volto angelicato si è espressa un’anima sensuale impegnata a vivere un amore segreto o perfino legata con un matrimonio segreto, di cui non è rimasta testimonianza, anche perché la sua breve esistenza terrena è rimasta in gran parte avvolta da un velo di mistero e di leggenda? Questa è la sfida che Tommaso si trova ad affrontare. La risoluzione di questo dilemma è decisiva poiché solo chiarendo questo enigma Tommaso, la sua giovane fidanzata Francesca e i suoi amici potranno affrontare e avere ragione di una pericolosa vicenda in cui si trovano coinvolti loro malgrado. Vengono, infatti, trascinati in un complesso intreccio affaristico-criminale che vede un’organizzazione che traffica in opere d’arte impegnata a cercare di individuare l’esistenza e di conseguenza a tentare di vendere sul mercato illegale un inedito capolavoro di Raffaello.
Evidentemente ci sono tutti gli elementi per un affascinante romanzo giallo legato all’attualità e insieme ad una dimensione quasi “magica”, come è quella della ricerca storico-archivistica basata sulle imponderabili problematiche della storia dell’arte. E’ insomma un intreccio con i “fiocchi”, che ti avvince e non ti lascia abbandonare le pagine del volume fino alla sua naturale conclusione, un intreccio che si fa sempre più coinvolgente e che non può essere in questa sede chiarito ulteriormente per non togliere quell’elemento di suspence che costituisce, sia pure marginalmente, il sale del racconto.
Il mistero del volto di Raffaello è una notevole opera prima che fa presagire possibili nuove e ancora più valide prove da parte di Fabrizio Romano e che può essere letta con la garanzia di trarne qualche ora di piacevole e colto intrattenimento in compagnia dei nostri detective alla ricerca di un volto ignoto di Raffello.

Un’altra segnalazione ci sembra d’obbligo. Di recente a Brescia la CCDC (Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura), assieme al CTB (Teatro stabile di Brescia) e con il patrocinio del dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli studi di Brescia e del Comune di Brescia, nel 60° anniversario della promulgazione della Costituzione Repubblicana ha realizzato una interessante manifestazione che voleva richiamare l’attenzione di un’opinione pubblica spesso troppo distratta ad interrogarsi sul significato e l’attualità del documento costitutivo del nostro patto sociale. Si è trattato di un originale spettacolo-dibattito alla fine del quale è stato distribuito un opuscolo dove è presente il palinsesto della rappresentazione, in sostanza una meditazione sulla Costituzione articolata secondo uno schema originale per temi, con una serie d’interventi critici che hanno visto intellettuali, giuristi e detenuti della casa circondariale di Brescia esprimere le loro opinioni su un piede d’assoluta parità. Ne è nato una specie di dibattito a più voci che in qualche misura rappresenta l’anima nobile di questo nostro paese. Un paese che non è sempre arroccato sulla difesa dei più gretti interessi personali, ma è attento alle problematiche che presiedono ad un ordinato vivere civile. Il fascicoletto, che invitiamo caldamente a leggere e che ha per titolo Le parole della Costituzione (si può richiederlo presso la sede della Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura), è una analisi attenta e profondamente partecipe dei valori che sono a fondamento della nostra convivenza e giustamente si conclude con alcune pagine a firma di Francesco Onofri che ci parlano de L’Isola di Alice. Si tratta di una semplice narrazione che ha la finalità di introdurre i bambini alla conoscenza di quest’importante documento che, se ci pensiamo bene, è rivolto soprattutto proprio a loro.


Giulio Toffoli


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