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Di lì a poco, ancora, i beats sarebbero diventati famosi in tutto il mondo con tre modi di "essere": le poesie, i romanzi, lo stile di vita. Costituirono la fase di rottura dei vecchi schemi. E una risposta alle "volgarità del maccartismo". Insomma, i beatniks furono un momento importante. William Burroughs, considerato una sorta di padre spirituale o di "guru" della beat generation, Ginsberg, Andy Warhol, Kerouac – per non dire che di alcuni che hanno voluto sporgersi al contempo in avanti, oltre le manipolazioni tecnologiche della verità, oltre le congiure e le trame di un Potere coercitivamente onnipresente e tentacolare. Insomma, questi giovani beatniks, contestatori, ribelli e anticonformisti, costituirono un tentativo di difesa contro le violenze ideologiche e politiche del potere. Per risvegliare criticamente le coscienze. Affinché si attuasse una fuga da quell'universo-incubo che, per Burroughs soprattutto, è il mondo moderno. Con l'orrore quotidiano – che abitiamo e che ci abita – che sembrano la norma del nostro vivere. Quasi a dire: fuga dalle allucinazioni quotidiane del potere.
La vita moderna è impregnata di pesantezze, sembra dire Kerouac e lui lancia l'appello dello spazio americano, del buon uso della fuga contro tali pesantezze. Nascerà la bibbia della Beat generation, anche questo un termine coniato da lui. Con il quale s’intendeva descrivere una generazione che si ribellava al conformismo e al materialismo. E, soprattutto, all’ipocrisia della società americana. La sua opera spazia dai suoi migliori romanzi ad una non disprezzabile opera poetica, inserite nella breve e intensa stagione vissuta dai giovani americani a cavaliere tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Nell'immediato dopoguerra, egli incontrò il poeta Allen Ginsberg, lo scrittore William Burroughs, il poeta ed editore Lawrence Ferlinghetti, Gary Snyder, Gregoriy Corso ed altri. Con loro condivise i vagabondaggi e la precarietà delle occupazioni. Andavano alla ricerca di un’esistenza che fosse più autentica. E anche più gioiosa. Che fosse, soprattutto, al di fuori delle convenzioni e delle strutture che la società imponeva.
Kerouac fu certo il massimo romanziere della Beat generation, con il romanzo On the Road che, nel 1957, ebbe un successo straordinario. Con mezzi di fortuna i giovani protagonisti attuano quattro viaggi, tra New York e San Francisco, alla ricerca di un godimento estatico ottenuto attraverso stimolazioni artificiali dove l'alcol, la droga e il sesso la fanno da padroni, uniti a discussioni filosofico-religiose. Una religiosità vissuta però al di fuori delle tradizionali forme storiche. Con un’adesione generica al buddhismo Zen, inteso come solitudine, meditazione e ascesi alla ricerca della verità suprema. Contemporaneamente questo movimento letterario cercava di scoprire nuove aree di esperienza al di fuori della morale convenzionale. Il movimento si sviluppò negli Stati Uniti, ma ebbe seguito anche nell'Europa occidentale.
Del resto gli esponenti più in evidenza della Beat generation erano perlopiù poeti e scrittori. Con l'eccezione del cecoslovacco Andy Warhol che fu pittore, disegnatore, regista e pubblicitario. Infatti Ginsberg era figlio di intellettuali ebrei e fece vari mestieri prima di diventare celebre con Urlo e altre poesie, nel 1956. Era un violento attacco alla civiltà contemporanea. Uno dei testi più significativi della Beat generation. È un viaggio nelle altezze celestiali e nelle profondità infernali sperimentate dai drogati nella notte della mente. Anche in lui, come in Kerouac, il viaggio è inteso come metafora della rivolta contro l'inquadramento nelle istituzioni. Similmente per lo scrittore William Burroughs, le cui amicizie, il vagabondare nel mondo, l'omosessualità, l'esperienza della droga condizionarono fortemente la sua scrittura, vissuta anch'essa come atto di ribellione. L'editore e poeta statunitense Ferlinghetti fondò la casa editrice che sarebbe stata il centro del "rinascimento poetico" e il luogo di ritrovo del nascente movimento beat: la City Lights Books. Attivo pacifista, questo poeta ha scritto numerosi volumi di poesie, diverse commedie, alcuni romanzi e libri di memorie, oltre ad appunti di viaggio. Ha tradotto anche testi pasoliniani.
Snyder, del gruppo, fu il poeta che si specializzò in lingue orientali. Visse nei monasteri buddhisti giapponesi nel biennio 1956-57 e dal 1959 al 1964. Fu lui ad introdurre la filosofia orientale fra gli scrittori della Beat generation, della quale è considerato uno degli esponenti più illustri. Ha vinto il massimo premio giornalistico, il Pulitzer. Nel 1975.
E anche per il poeta Gregory Corso, la giovinezza fu difficile. Divisa fra la strada, il riformatorio, la clinica psichiatrica e, per furto, anche il carcere. Nelle biblioteche del quale si scoprì poeta. Conobbe Ginsberg che lo volle far entrare, ad ogni costo, nell'ambiente letterario dei beatniks. Sono sei le sue raccolte di poesia. Che si muove fra l'alienazione, il rifiuto dei valori borghesi e la ricerca di una verità genuina nei gesti quotidiani. Visse fra l'America e l'Europa. Morto nel 2001, è sepolto nel cimitero degli Inglesi a Roma.
Ermanno Antonio Uccelli |