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Egregia dottoressa Maria Stella Gelmini
stiamo qui sulla Terra talmente poco tempo, che non so cosa la spinga a peggiorare una situazione scolastica già di per se disastrata. Ma, se la può consolare, io sto dalla sua parte. Provengo da una famiglia benestante, e se non ho imboccato come lei, la notoriamente più facile strada degli esami al Sud d’Italia, com’era costume nelle poche, rare famiglie ricche del mio paese, è stato solo perché odio viaggiare. D’altronde, pensavo che appartenere ad una classe privilegiata, che vantava svariate conoscenze tra gli esponenti della politica e del clero, potesse bastare. Ma non è di me che le voglio parlare, piuttosto della sua tolleranza, del suo sentimentalismo, probabilmente retaggio di un praticato cattolicesimo.
Le ricordo, cara dottoressa, che riformare, è creare un ordine nuovo e migliore. Il verbo è composto dai soli nove dodicesimi del vocabolo riformatorio, che significa detenzione e rieducazione per minorenni. Portiamo la Scuola verso i dodici dodicesimi, prendiamo il coraggio con delle pinze roventi, e deteniamo, educandoli, questi giovani. Nel Sessantotto volevano “l’immaginazione al potere”, frustiamo la nostra fantasia, e facciamoli contenti.
La Storia è maestra di vita, pare che tutto sia stato già scritto. Purtroppo, è quasi impossibile emulare certi geniali individui, ma noi dobbiamo osare. Se quel burlone dell’Imbianchino usava dei miseri triangolino per distinguere: ebrei, omosessuali, testimoni di Geova, zingari, delinquenti comuni, disertori, oppositori politici, comunisti, etc…, noi dobbiamo andare oltre, essere più visibili. Dunque, concordo con lei sull’adozione dei grembiuli in classe, nel contempo le suggerirei di variare i colori degli stessi in base all’appartenenza politica, razziale, religiosa, regionale, oltre ad instaurare una gerarchia contrassegnata dai gradi, come nell’esercito, in seguito all’accertamento dei redditi, dichiarati o occulti delle famiglie di riferimento. Un insegnante delle scuole superiori, che guadagna milleduecento euro in un mese, non potrà più permettersi di trattare con supponenza, solo perché conosce a fondo la propria materia, un alunno che si reca a scuola con l’Hummer, o con una Mercedes a diciotto ruote motrici.
Se non oso troppo, cara dottoressa, vorrei anche suggerirle di non sprecare i dieci o quindici minuti di intervallo tra una lezione e l’altra. Nella zona dove si riversano gli allievi, le consiglio di far installare dei megaschermi dove scorrano continuamente messaggi pubblicitari, possibilmente subliminali. Certo non è legale, ma se qualcuno del suo partito si mettesse una mano sul portafoglio, magari in cambio di una donazione alla scuola pubblica, da parte delle ditte interessate, potremmo bypassare il problema. Si potrebbe dilatare la ricreazione portandola a mezz’ora: le ragazze si truccano, i ragazzi curano come non mai nel passato il loro aspetto, cosa ci sarebbe di male nell’aprire all’interno degli istituti dei beuaty center? Le scuole si lamentano che non hanno fondi? Che si diano da fare, l’installazione di macchinette mangiasoldi,
presenti ormai in ogni bar o trattoria, con adeguati contratti, potrebbero essere auspicabili. Naturalmente in cambio di una percentuale sugli utili, da reinvestire in parte per l’acquisto di carta, di carta igienica.
Cara dottoressa, per le classi inferiori la cultura andrebbe millesimata, come lo champagne o le nostre “bollicine” di Franciacorta Troppo scibile umano, andrebbe a disturbare cervelli già ripieni di internet, compilation musicali, films, telenovelas, indirizzi di pusher, appuntamenti di tennis, nuoto, scherma, punto croce, etc. Aveva ragione il professor Goebbels quando diceva: “Sentir parlare di cultura, fa correre la mia mano alla pistola”. Se ci fossero più armi in Italia, e meno testi scolastici, in sei mesi la popolazione si ridurrebbe di almeno l’ottanta per cento, risolvendo in breve tempo tutte le problematiche che ci affliggono: dall’inquinamento all’importazione di petrolio, dalle code in autostrada alla penuria di caviale, dai posti barca al parcheggio sottocasa, dal razionamento dell’acqua potabile alle confezioni di Chanel numero cinque ormai in via di estinzione, per non parlare dei pullover di cashemere che tra i nuovi comunisti pare vadano a ruba.
Cara Ministra, noi che siamo di tutt’altra idea, oggi come oggi, siamo costretti a fare nostri i versi di un poeta anarchico, comunista e pure anticlericale come Jacques Prevert che scriveva: …abbiamo sprecato il nostro tempo/ è vero/ ma era un tempo così cattivo/ volevamo mettere avanti la pendola/ e siamo solo caduti dalle scale… Dalle scale della cultura aggiungerei io, e ci siamo pure fatti male.
Cara dottoressa, apprezzo il suo buonismo, ma il licenziamento di soli ottantamila insegnanti, quando se ne potrebbero allontanare dalla scuola duecentomila, mi lascia perplesso, e non credo che il suo nume tutelare, che tanto ha fatto attraverso le sue televisioni, per riempire di conoscenza, non solo i giovani italiani, ma l’Italia tutta, la prenderà molto bene.
È stato deciso ai piani alti di tagliare otto miliardi di euro all’Istruzione? Basta moltiplicare per tre, e con una banale operazione che qualunque alunno delle classi elementari (per ora) è in grado di svolgere in un baleno diventano ventiquattro. Dovrei anche metaforicamente tirarle le orecchie, per la sua manifesta esterofilia. Lodevole l’iniziativa di creare classi per bambini extracomunitari, che permetterà loro di imparare la nostra lingua, ma quello che mi preoccupa maggiormente è il quaranta per cento di nostri connazionali che coltivano amorevolmente un analfabetismo di andata e pure di ritorno. A questi ci ha pensato? Ha considerato quale eco mediatica avrebbe il ripristino di una trasmissione “cult” come “Non è mai troppo tardi”? Magari gestita da docenti direttamente scelti dai vescovi, come i ventiquattromila insegnanti di ruolo che si occupano di religione, gli unici cui non è stato torto un capello, o tolto un euro dalla sua riforma? Giustamente dico io, cosa sono millenovecentotrentasei miliardi di vecchie lire (tale è la cifra dei loro stipendi) se li confrontiamo alle lettere di raccomandazione per l’aldilà, che l’omino bianco dalle occhiaie nere e le scarpette rosse, potrà recare in dono a tutti quelli che militano nella nuova maggioranza?
Restando in composta attesa di una sua risposta, la lascio con il motto della mia famiglia: “è la televisione che traccia il solco, ma è l’ignoranza che lo difende”.
P.S. In una delle vie, dove ha avuto luogo una delle manifestazioni studentesche, è stata ritrovata la poesia che qui accludo. Forse cara dottoressa, farebbe meglio ad informare chi di dovere, esortandolo a seguire i consigli del senatore Cossiga. Non vorrei che il gregge cominciasse a rialzare troppo la testa.
Suo affezionatissimo
Frankie Gladio Garrone
Studenti d’Italia,
dell’Italia che resta?
Col cappio di Calvi
s’è allungata la testa.
Dalle stragi impunite
alle verità mai sapute,
che schiava dei vescovi
Iddio la creò.
Stringetevi forte,
vi aspetta la morte,
per mafia ed usura
o Sanità malata.
L’impunità dei ministri
ci è costata salata.
Noi siamo da sempre
di pecore un gregge,
I calci nel culo
ora li chiamano legge,
perché non siam Popolo
ma una schiera di vacche,
c’è chi addenta bistecche
e chi neanche le cacche.
Rialzate la testa, indurite la palle,
è rimasto l’unico modo
per lasciare le stalle. |