Sabato 28 febbraio 2009
Spazio Praticabile ▪ Via Dante, 159 – Ponte Zanano di Sarezzo (BS)
ore 21:00 - ingresso gratuito
[dopoteatro offerto dall’ Associazione Culturale TrEATRO]
L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro
Esercizio pubblico di attrazione e repulsione
Teatrinimontez
Con Barbara Badiani, Sandro Grassi, Nicola Lucchi, Camilla Mangili, Gianluigi Pellegrino, Elena Pini, Antonello Scarsi
Idea, cura e immagine di Antonello Scarsi
Non c'è nessuna storia, visto che è una specie di parole incrociate senza lo schema, dove mancano le definizioni orizzontali e quelle verticali, ma ci sono 60 esercizi (di attrazione, di repulsione) ed un congedo esposti, con soluzione drammaturgica elementare, in eclettiche combinazioni dentro ad un teatrino circolare, come un orologio meccanico con le sue belle statuine a segnare il tempo giusto. Le parole, quelle non servono: sono pensate, non amplificate. Il titolo (solo quello) è preso a prestito da Peter Handke e dice di solitudini e malinconie, di timidezze e spavalderie, di vite sole e di vite accompagnate. Ti amo, ti bramo, ti sbrano. Si cerca sempre qualcuno: l'amico fedele, la compagna dei giochi, il Principe Azzurro, la Regina delle Nevi. A volte si trova. Altre volte si perde. A volte le cose succedono e a volte vanno come un venerdì di magro. Fuochi fatui, fuochi di paglia, fuochi di Sant'Antonio. "Stupore e tremori" direbbe Amelie Nothomb; "Ti faccio un occhio nero e un occhio blu" replicherebbe più prosaicamente Carlo Manzoni…
Venerdì 6 marzo 2009
Forno Fusorio di Tavernole s/M ▪ via Forno Fusorio –Tavernole s/M (BS)
ore 21:00 - ingresso gratuito
[dopoteatro offerto dal Comune di Tavernole]
Strada Carrara. Tavole di un teatro viaggiante
La Piccionaia / I Carrara - Teatro Stabile d’Innovazione con Titino Carrara
regia Laura Curino
Si tratta del racconto, a volte glorioso a volte comico, di una vita a cavallo fra illusione e realtà: quella degli attori girovaghi, dalla fine della seconda guerra all’arrivo del boom economico. Una storia dal sapore di tempi mitici e remoti…. È la storia di una Famiglia d’Arte itinerante che si sposta di piazza in piazza con un “Piccolo Carro di Tespi”, uno di quelli minori, uno di quei “Carri dei Comici” che hanno contribuito in piccola parte, prima dell’arrivo della televisione e del cinema, a fare conoscere il teatro. È una storia raccontata con gli occhi di un bambino “diverso”, figlio di attori nomadi, commedianti da 10 generazioni. È una storia di carovane con le ruote di gomma piena e di attori che smontano e rimontano il teatro sulle “piazze”. È una storia di sacrifici, burlette atroci, improvvisazioni ed illusioni che svaniscono al “calar della tela”. Questa storia Titino Carrara l’ha vissuta in prima persona e tutto quello che racconta è assolutamente vero, anche se alle volte ai limiti della credibilità. Scene madri, burlette, lazzi, tirate, intoppi imbarazzanti gestiti con candida impudenza… tutti fatti talmente reali da non sembrare credibili: pare invece che appartengano più alle pagine dei copioni, molte volte canovacci, che gli attori mettevano in scena tutte le sere sulle tavole del loro palcoscenico, dove “principali” e “fondali” dipinti a mano su carta venivano sfondati da oggetti che il pubblico, anche troppo partecipe, lanciava al “generico primario”, solitamente il “cattivo” della situazione. Storie di un pubblico che si guadagnava lo spettacolo facendo chilometri a piedi, passando per i campi in inverno, con le lanterne accese in mano disegnando nella notte serpenti di luce. Oggi ci sono nuovi personaggi, costumi, trucchi, ma il cuore, l’essenza necessaria del “fare teatro” rimane sempre la stessa: il riflesso di una fiamma negli occhi di chi il teatro lo fa vivere. E il teatro, si sa, vive solo se brucia.
“Rimpianto e affettuosa nostalgia, tempi lontani e ricordo vivo e presente, infanzia e maturità, pragmatismo e senso della famiglia: c’è tutto questo e molto di più nell’emozionante e accorato spettacolo nel quale Titino Carrara racconta la sua inedita vita di bambino/attore girovago. Un racconto autobiografico imbastito con il filo leggero dell’ironia… Il suo monologo risulta avvincente non soltanto perché racconta una giovinezza per certi versi invidiabile, ma anche in quanto rievoca un teatro che non esiste più, un microcosmo in cui gli attori erano in grado di «soggettare» in caso di difficoltà o vuoti di memoria e si consideravano niente di più che artigiani, senza vezzi ne capricci, ma forti unicamente della propria salda professionalità. ” Laura Bevione - Hystrio |