Corse verso gli ascensori guardando l’orologio. Ce la faceva ancora per il 5 e 20 se non c’erano altri impedimenti. I primi due ascensori tirarono oltre il piano dove si trovava lui perché erano pieni e lui dentro di se brontolò. Continuava a lanciare occhiate all’orologio ma questo certo non l’aiutava e così accese una sigaretta e la spense quando finalmente l’ascensore si fermò e le porte si aprirono. S’infilò nella calca della cabina e scesero dritto al pianterreno. Si precipitò verso la metropolitana e aspettò sul marciapiede sempre lanciando occhiate all’orologio e imprecando ad alta voce contro il disservizio o quel che diavolo faceva ritardare i treni col desiderio di accendere un’altra sigaretta. Più guardava l’orologio più si convinceva che avrebbe perso il 5 e 20 e sarebbe finito su quel dannato 5 e 30, il convoglio bestiame. Alla fine il treno arrivò e lui spinse e si fece largo nella carrozza. Stava così spiaccicato contro il tipo davanti a lui che i baffi di questo gli solleticavano il naso, e chiunque gli stava dietro doveva aver mangiato spaghetti con polpette di carne a colazione con una bella schiacciata d’aglio. Si chiese che ora s’era fatta. Quando arrivarono alla stazione di testa l’intero branco smontò dal treno e lui si precipitò, corse letteralmente, verso il solito binario. Lanciò un’occhiata all’orologio al polso e a quello sulla parete, e capì che non c’era speranza. Erano già le 5 e 21 e gli ci volevano almeno altri cinque minuti per arrivare laggiù, per quanto si affrettasse, e Dio sapeva che se mai quello partiva in orario, quello era il giorno che l’avrebbe fatto. Quando lui arrivava alle 17 e 15 non partiva mai in tempo, oggi invece… Scorse a malapena la coda del treno quando arrivò al binario. Guardò per un po’ verso il buio del tunnel avvertendo e sentendo i battiti del proprio cuore. Comprò un giornale e si mise ad aspettare. Un convoglio bestiame, questo è il 5 e 30. Non solo, ma il 5 e 30 non sa cosa sia un orario… mai puntuale. Chissà a che ora sarò a casa. Quando poi arrivò alla sua stazione quasi si fermò un attimo a prendere fiato ma decise di continuare a correre verso la fermata dell’autobus, lanciando ogni tanto un’occhiata all’orologio. L’autobus arrivò dopo pochi minuti e grazie al cielo trovò un posto a sedere. Lesse di un’alluvione, di un delitto con l’accetta, di un terremoto che aveva ucciso 10000 persone e si distese. La breve passeggiata fino a casa fu quasi piacevole. Non vedeva l’ora di sedersi e rilassarsi per qualche minuto, se possibile, prima di cena. La strada era relativamente tranquilla, abbastanza da sentire gli uccelli. Gli piaceva sentire gli uccelli. Era così bucolico, come se la città fosse milioni di miglia lontana. Bello. Aprì la porta di casa e fu immediatamente ASSALITO da raffiche di mitragliatrici, spari di cannoni e strepiti di aerei. Suo figlio Milton di dieci anni stava seduto a terra nel soggiorno circondato da alcune ciotole vuote e una quantità di carte di dolciumi. C’erano briciole di cracker pop corn e patatine fritte dappertutto. Lui Morris s’affacciò dalla porta. Ciao Milite, come stai? Milton continuò a fissare lo schermo. Lui fisso il figlio, ma s’arrese prima di lui. Fai più piano Milite. Milton continuò a fissare lo schermo.
Milite, ho detto fai più piano, è troppo forte. Era furibondo, ma, stringendo forte il giornale, rimase dov’era, alzando solo di poco la voce. Il figlio intanto continuava a fissare lo schermo. Alla fine ci fu l’interruzione pubblicitaria e lui provò di nuovo. Milton abbassa il volume. A quel punto Milton si degnò di accorgersi della presenza del padre assumendo la sua migliore aria di sfida senza alzarsi. Calma, eh? Sono calmo, disse il padre afferrando il telecomando che Milton teneva stretto con ambedue le mani, dammelo piccolo… Attento pirla, lo rompi! Ti rompo la testa piccolo… La moglie Maya grido dalla cucina: Sei tu Morris? Lui si drizzò. Sì sono io. All’improvviso il film riprese con un fuoco d’artiglieria che fece cadere il giornale di mano a Morris. Allora se ne andò in cucina. Maya stava avvolgendo i vassoietti con i pranzi precotti in un foglio d’alluminio. Il pranzo sarà pronto tra 20 minuti. La tua preferita, la bistecca Salisbury. Lui Morris annuì. A proposito di Milton… Perchè, cos’altro ha fatto? Che altro ha fatto? Già, non fa mai niente. Non dice mai buongiorno e mai buona sera. Non dice niente. È bravo solo a starsene piantato davanti a quella televisione come una mummia. Ma gli piace Morris, e poi gli impedisce di combinare guai. Sono suo padre. Ha il dovere di salutarmi. È forse eccessivo pretendere che tuo figlio, il tuo unico figlio, ti saluti? Lavoro tutto il santo giorno come un dannato. Come uno schiavo – Maya continuava a scuotere il capo annuendo intanto che metteva i vassoietti in forno, con lui Morris che le andava dietro per tutta la cucina – per offrire alla mia famiglia una bella casa in una zona residenziale perché non viva in una città affollata e invivibile. Forse che chiedo di essere accolto con squilli di tromba quando ritorno a casa? Da rulli di tamburo? Tutto quello che chiedo è un po’ di considerazione. È chiedo troppo essere salutato con un ciao dal proprio figlio? Io dico sempre ciao. Tu dici sempre ciao, ma lui? Magari mi procuro un nastro inciso in cui dice una volta, una sola volta, ciao papà, così tu me lo suoni quando ritorno a casa. Maya scrollò le spalle. Scusami Morris, devo apparecchiare la tavola.
Apparecchiò mentre lui continuava ad andarle dietro. Imporrò un po’ di cambiamenti in questa casa. Esigerò un po’ di rispetto da mio figlio. Mi senti? Ti sento Morris, e hai ragione. Hai diritto ad un po’ di rispetto. Ora scusami devo prendere le posate. D’ora in poi quando ritorno a casa lui deve spegnere quell’affare e dirmi ciao. Maya annuì. Come è andata la giornata oggi? La giornata? La giornata? Io il giorno sopravvivo, me la cavo, è la sera che non va. Il contaminuti squillò e Maya andò a togliere i vassoi dal forno. Dì a Mitie che è pronto. Lui Morris andò in soggiorno, con un cipiglio che tradiva tutta la sua determinazione. Vieni a tavola, Milton.
Mangio qui. Che vuol dire mangio qui? Milton girò leggermente il capo e guardò il padre come fosse un povero cristo, quindi si girò di nuovo verso lo schermo. Lui guardò fisso il figlio per qualche istante poi girò sui tacchi e tornò in cucina. Non vuol venire a tavola. Non ha appetito? Vuol essere servito di là. Maya si strinse nelle spalle. E lascialo mangiare di là. Preparo il vassoietto… Che significa lascialo mangiare di là? Morris non alterarti, ti rovina la digestione. Vieni siedi e calmati. Maya sospinse il marito verso la sua sedia, dopodiché preparò il vassoietto di Milton e glielo portò. Avanti su Morris mangia finché è caldo. Morris continuava a scuotere il capo. Mangio qui, mangio qui. Tutti i cannoni e le mitragliatrici del film gli esplodevano in testa. In tutto quel traumatico chiasso udì la voce del figlio: Maya si alzò e tagliò una grande fetta di torta, vi mise sopra una cucchiaiata di gelato e la portò al figlio. Morris continuò a mangiare. Maya tornò al suo posto. Lui la vedeva ma in certo senso lei non c’era. C’era e non c’era. In testa aveva una ridda di pensieri. Gli esplodevano nel cranio. Gli trapassavano orecchie e naso. Gli zampillavano poi dalla bocca e gli si avvolgevano intorno alla testa e gli si cacciavano in gola. Un po’ di rispetto, puoi anche salutare e dire ciao sono tuo padre lavoro tutto il giorno il convoglio bestiame delle 5 e 30 e per che cosa poi una sparata di cannoni e d’aerei un po’ di rispetto e non devo sopportare ci sarà un bel cambiamento. Morris ti senti bene? Sì cambiamento e rispetto senza quelle sparatorie. Si alzò tutto dritto e teso. Maya lo guardò continuando a mangiare. Cominciamo subito, immediatamente con i cambiamenti, e si avviò a passo deciso fuori dalla cucina, passando davanti a Maya accigliata, andò in soggiorno, passò davanti a quella mummia di Milton seduto a terra con gli occhi fissi allo schermo e strappò il filo dell’apparecchio dalla presa, dopo di ché girò su se stesso e si avviò ad uscire dal soggiorno. Milton strillò. Ehi, cheffai? Che faccio? Cambio tutto. Faccio cambiamenti.
Ehi Ma’, Ma’!!! Maya si precipitò nel soggiorno. Che succede? Milton tirava il padre per le braccia, lo colpiva, cercava di afferrare l’apparecchio e strillava: NO, NO, LASCIA STARE L’APPARECCHIO! Stai attento che non ti dia quello che meriti. Che succede? Morris che?… Levati! Via! Diede una spinta al figlio mentre automaticamente Maya si faceva da parte mentre lui portava l’apparecchio verso la porta e lo lanciava alla fine nel prato. Maya e Milton stettero a guardarlo mentre andava in garage. D’ora in poi ci saranno cambiamenti, ahahahahahahahahah, sarò salutato, ahahahahahahahahah!!!! Venne fuori dal garage con una tanica di benzina e un’ accetta. Continuava a ridere e a sgolarsi quando attaccò l’apparecchio con l’accetta, col tubo che esplodeva, grosse schegge di vetro che piovevano dappertutto, lui che si tagliava qua e là le mani che prendevano a sanguinare, Maya e Milton che urlavano, Milton che tirava la madre per un braccio, FERMALO, FERMALO!!! E poi correva in casa, sempre strillando, a chiamare la polizia. Alcuni vicini spiarono dalle finestre poi vennero fuori a guardare lui che faceva a pezzi la tv continuando a ridere, con piccoli schizzi di sangue che gli partivano dalle mani, e poi altri vicini ancora vennero fuori dalle case mentre tante telefonate diffondevano la notizia, e si avvicinavano sempre più quei vicini finché sul marciapiede s’accalcò quasi un centinaio di persone a guardare lui Morris che alla fine smise con l’accetta e versò la benzina sull’apparecchio ormai a pezzi e vi buttò sopra un fiammifero e il fuoco esplose con VVVUUUUMMM, BRUCIA BASTARDO, BRUCIA, BRUCIA, BRUCIA, BRUCIA!!!! E prese a saltare tutto intorno mentre Milton correva verso il fuoco e Maya cercava di trattenerlo e un paio dei bambini dei vicini attaccavano a strillare: Dai, dai!!! E i loro genitori cantavano in coro: Brucia, brucia, brucia!!! E altri vicini ancora applaudivano e si avvicinavano al fuoco incoraggiando lui Morris che continuava a cantare BRUCIA BASTARDO, BRUCIA BASTARDO, e poi da lontano si sentì una sirena che andò diventando sempre più forte e più vicina e prima che i poliziotti arrivassero, da dietro l’angolo sbucò con uno stridio l’autopompa e due pompieri arrivarono di corsa con gli estintori mentre un poliziotto chiedeva a Maya cosa stava succedendo e Milton saltava e saltava, urlando UCCIDETELO! AMMAZZATELO!!!! E poi all’improvviso rientrava di corsa in casa a prendere la video camera e l’altro poliziotto cerca di tirar via dal falò Morris che cercava invece di liberarsi a strattoni strillando mi lasci andare, lei non ha nessun diritto, BRUCIA BASTARDO, ora sì che dirà ciao e saluterà, e il poliziotto tirava con più forza e lui resisteva con più ostinazione e alla fine il poliziotto sbottò, meglio che ti calmi amico o ti spacco la testa, e poi chiamò il collega e insieme afferrarono Morris e gli storsero il braccio e quello intanto si dimenava e saltava e s’agitava e strillava e tutti e tre rotolarono sul prato coi pompieri che gli dicevano di stare attenti e di togliersi di mezzo mentre i vicini applaudivano lui Morris e fischiavano i poliziotti. Questi gli avevano strappato quasi tutti i vestiti di dosso a lui Morris e alla fine lo tennero a faccia in terra sul prato, tutto ammaccato e sanguinante e uno gli teneva il manganello piantato forte dietro la nuca mentre l’altro lo ammanettava con le mani dietro la schiena e Milton era tutto preso a filmare la scena con la sua video camera e Maya se ne stava ferma immobile a guardare i poliziotti che trascinavano il marito che continuava a ridere e urlare fino alla macchina e i pompieri sparpagliavano le ceneri e si assicuravano che il fuoco fosse spento prima di andarsene. Milton passò la notte dai nonni. Inserì la video camera sull’apparecchio dei nonni e si guardò i poliziotti che trascinavano via suo padre, ridendo isterico, e agitando il pugno contro lo schermo e gridando: Uccidetelo! Uccidetelo! Uccidetelo!!!! E poi ancora rimise il nastro, ancora una volta, e ancora una volta e ancora…
Jo Dallera |