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Esse molto ci dicono degli usi e costumi, delle razze, delle organizzazioni economiche e dei culti dell’epoca. Per esempio il ritrovamento di are e cippi in dedica a Mercurio dimostrano il fiorire di attività commerciali; riferimenti a uomini liberi, liberti, patrizi mostrano come in valle fossero presenti varie stratificazioni sociali; i rinvenimenti scultorei e ceramici ci dicono poi di un artigianato vivo e sufficientemente raffinato. Infine le ultime dimore gettano una luce sulla maniera di seppellire o cremare i morti.
Ma vediamo dunque i reperti e le loro storie lungo la valle, cominciando da Concesio, interessante soprattutto per i numerosi tratti dell’acquedotto di epoca augustea e tiberina (I secolo), evidenti tracce del quale sono riscontrabili pure a Villa Carcina, Sarezzo e Lumezzane. L’opera ingegneristica era lunga circa km 25, misurava cm 60 in larghezza e circa cm 125 in altezza; la pendenza era mantenuta leggera e costante mediante archi e ponti oggi perduti. Era costruito in malta e laterizi su cui si stendeva uno strato di intonaco fine, su cui scorreva l’acqua. Sempre nel paese della bassa valle presso la chiesa di S. Antonino vi è una significativa epigrafe con dedica a Giove Ottimo Massimo su cui è tra l’altro nominata la famiglia Roscia, e in particolare L. Roscius Paculus Aelianus che rivestì la carica di console ordinario nel 223. Si tratta di una delle famiglie romane più importanti nel Bresciano, potente e facoltosa.
La valle del Garza vide consistenti insediamenti romani: a Bovezzo, oltre a brevi tratti del già citato acquedotto, spiccano sepolture a incinerizione con corredo comprendente tre aes (assi, monete romane) in bronzo degli Imperatori Flavii risalenti al I sec., reperte agli inizi del secolo XX e conservati presso i Civici Musei di Brescia. Importanti però soprattutto i ritrovamenti succedutisi nel corso dei secoli a Nave. Vanno citati almeno i seguenti: sette epigrafi presso la chiesa di San Cesario (1851, 1958) con iscrizioni in onore dell’Imperatore Claudius (sec. II). Numerose tombe anche con corredi (sec. II) tra cui quelle in località Sacca, la necropoli con ben 52 sepolcri per ceneri e una sola inumazione, con corredi, portata alla luce a Cortine nel 1978, e databile tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.; steli funebri d’età giulio-claudia (II sec.), materiali scultorei e altre epigrafi in contrada Mitria (Pieve Vecchia); un’ara con rilievo raffigurante una figura maschile che afferra le zampe d’un animale dalla località Gorgo (conservata presso i Civici Musei di Brescia); l’ipotesi è che potesse trattarsi di Ercole, corrispondente del dio celtico Ogmios; monete trovate in località S. Rocco tra il 1949 e il 1960, oggi disperse; una moneta aes di Claudio Imperatore dalla piazza centrale, oggi presso l’Istituto dei Salesiani di Milano; un’epigrafe con iscrizione che attesta la presenza d’un cittadino sannita a Muratello di Nave (scoperta nel 1975). A Caino tombe (I e IV sec.), due epigrafi rinvenute nel ‘700, una presso la parrocchiale di S. Zenone, relativa a un libertus, l’altra in zona Villa Mattina, pagata da una greca per l’uomo libero bresciano romanizzato Caius Septimius; e infine resti di una domus del I sec. in località Pozzolo, con notevoli reperti litici, ceramici, vitrei.
Villa Carcina è importante soprattutto per la domus di Cogozzo, d’epoca imperiale, i cui resti emersero nel 1883 in seguito a lavori stradali: vi si scorgono brani di mosaici, laterizi, stucchi, intonaci dipinti, elementi architettonici in marmo, fistule in piombo e persino tracce di un impianto termale.
A Sarezzo sono le testimonianze votive di Brasennus, nonché in contrada Noboli rovine d’un ponte forse romano, forse più tardo. Tra varie lapidi e cippi meritano poi un cenno le quattro epigrafi su tavole di bronzo (di cui due visitabili presso il Museo Archeologico di Milano) trovate presso palazzo ex Avogadro, oggi sede delle Ancelle della Carità. Un cippo sepolcrale a testa tonda, dalla frazione di Zanano, menziona il termine Gennanati in riferimento al suocero della committente l’opera, un termine dal quale con ogni probabilità trae origine lo stesso toponimo di Zanano e che doveva essere usato a quel tempo per indicare quei Trumplini della media valle.
Lumezzane evidenzia, oltre ai tratti iniziali del dotto già nominato, strutture murarie e ruderi con tre epigrafi in zona Pieve, ma anche altre varie rovine di edifici romani, segno che anche qui vivevano genti già al tempo del primo Impero.
Gardone fu con ogni probabilità avamposto militare romano a tutela e presidio della strada che risaliva da Brixia. Numerose le epigrafi ivi rinvenute già tra XVIII e XIX secolo, tra le degne di nota quelle presso la parrocchiale di S. Giorgio in Inzino: dedicate a varie divinità e persone spicca quella per Tullinus, dio indigeno, ma anche una piccola ara con zoccolo e coronamento modanati, su cui è citato l’unico pagus di cui è documentata l’esistenza: lo Iulius. Una statuetta, di fattura ellenistica (I-II sec.), di Giove reggente un oggetto nella mano destra (forse una patera), fu ritrovata nel 1840 sulle montagne gardonesi e oggi si trova nei Civici di Brescia ai quali fu all’epoca donata. L’anello posto in tempo successivo sulla sommità del capo testimonia che l’oggetto fu probabilmente destinato a uso non meramente decorativo, forse, come ipotizza il Mirabella, come maniglia. Interessanti i siti cimiteriali con dieci tombe tardoromane prive di corredo nella zona dell’ex Asilo Beretta (oggi sede degli uffici sanitari), come pure senza corredo le nove a seppellimento scavate di fronte al municipio nel 1983. Con suppellettili e oggetti invece le cinque sepolture sul fianco della località Tesa (1974) e l’unica tomba “alla cappuccina” venuta all’aria nel 1886 presso la proprietà di Cesare Daffini. Qui vennero altresì riportate alla luce delle brocche vinarie, due monete e una lucerna. Di recente è stato recuperato il carteggio tra i responsabili del Patrio Museo di Brescia (oggi Civici Musei ove si trovano i corredi), e il signor Daffini, il quale con gesto meritorio fece dono alla collettività dei reperti. Dunque Gardone era certamente abitata ai tempi di Roma: ce lo dicono, oltre alle tombe, anche ruderi di case con tracce di muriccioli e pavimenti, ceramiche frante, vetri a pezzi e una moneta (I-II sec.) in Valle Capraia.
Se a Marcheno è testimoniata presenza insediativa a Brozzo e Marcheno Sopra, in alta valle sono sufficientemente presenti prove di villaggi e piccoli agglomerati. A Tavernole troviamo un insediamento in località Predizzo (con tessere musive) e frammenti tardoromani a Pezzoro, mentre tracce d’una fornace dell’epoca, adibita alla produzione di mattoni, è stata trovata in località Pontogna. A Marmentino resti di muri e di ceramiche attestano l’esistenza di un edificio romano in località Le Cole. A Lodrino tombe, anche con corredo, strutture murarie e ceramiche sparse ci dicono che la zona era abitata. Pezzaze è centro che stupisce per la consistenza delle testimonianze di questo lontano passato: a Lavone resti di muri e una moneta di Alessandro Severo (208-234 d.C.) ci ricordano che esisteva un borgo in età romana, così come nelle località Dos Vanil, Etto, Mondaro (moneta romana) alle pendici del monte Gardio (fibula bronzea, busto di Minerva di età repubblicana), sopra Pezzazole (ceramiche e una dracma padana, appartenenti alla protostoria o a Roma antica); tombe furono rinvenute in località Canelli e a Mondaro emersero nel 1963 tracce di una strada che univa le valli Trompia e Camonica valicando il colle di San Zeno. E se Irma già nel XIX secolo ci regalò un bell’idoletto in bronzo del I sec. e la località Plano altre due statuine in bronzo a fusione piena ritraenti Cerbero tricipite e Mercurio Psicopompo nonché utensili e una lucerna ( e anche da qui passava una strada e vi erano certamente case), e Collio possiede solo varie tombe con corredo e materiali ceramici tardoromani con scorie di fusione (V sec.), è Bovegno a stupire per la quantità di reperti romani: anche qui tombe in svariate zone, epigrafi tra cui, rinvenuta nel 1805 presso la casa parrocchiale, una lapide funeraria con tre ritratti a bassorilievo, uno maschile e uno femminile, uno incerto, con dicitura che ci indica il cippo essere dedicato a un praefectus coortis, princeps, dal nome locale (I sec. a.C.). A proposito di quest’ultima stele, in pietra di Botticino, alta poco più di mezzo metro e larga cm 80, va detto che essa è importante anche perché viene specificato il nome di Vobenum (nome latino del pagus di Bovegno), da cui deriverebbe la specifica geografica di Vobenates per designare gli abitanti Trumplini dell’alta valle. Sempre a Bovegno si segnala un forno di fusione coevo di quello di Collio, frammenti ceramici, di vasi, oggetti, due statuette in bronzo una raffigurante Cerbero e l’altra Mercurio (presso i Civici Musei di Brescia), un anello e due lucerne (il tutto ritrovato nel 1910).
dal sito:
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