Non sono certo poche le eredità musicali che il secolo da poco concluso ci ha lasciato.
Tra queste una ci pare emerga con quelle caratteristiche di universalità, oltre che di originalità, che ne giustifica il riprenderne oggi, almeno per un breve tratto, il respiro: lo spiritual.
All'origine era musica di popolo col suo semplice alternarsi di chiamata e risposta tipico degli inni sacri (HE'S GOT THE WHOLE WORLD), con l'improvvisazione che lascia fluire il ritmo liberamente, rendendo sempre diversa e nuova l'esecuzione, col suo ispirarsi ad alcuni episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento narrati da voci calde e accorate: Giosuè che abbatte le mura di Gerico (JERICO), i pastori chiamati all'adorazione (GO TELL IT ON THE MOUNTAIN), la Passione (WHERE YOU THERE), la Resurrezione (OH HAPPY DAY e FREEDOM).
Ai giorni nostri, al di là delle radici che affondano nella storia dolorosa del popolo afroamericano e scaturiscono dalla felice fusione di ritmi tribali e melodie di ispirazione religiosa, al di là dell'essere espressione musicale dei diseredati e degli afflitti, al di là del racconto dei loro affanni (NOBODY KNOWS) e delle loro speranze (WHEN THE SAINTS e JUST A CLOSER), al di là di tutto questo lo spiritual ha tuttora qualcosa da dirci proprio per quei valori universali che esprime.
In particolare il nostro progetto, un secolo dopo, intende riagganciarsi a quel fiume musicale (DEEP RIVER) risalendone peṛ la corrente con qualche spunto di originalità: gli spiritual non vengono presentati solo nella tradizionale modalità vocale ma anche con un forte apporto strumentale dei fiati. Prende coś vita una tavolozza orchestrale che, allontanandosi dal rhythm and blues, assume talvolta sonorità che più propriamente andrebbero definite jazzistiche piuttosto che classicheggianti. Gli arrangiamenti originali sono di Umberto Antonelli.
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