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Un esterno della sede di Nerviano, dove sono i laboratori del Nerviano Medical Sciences |
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La storia del cancro è vecchia e (sino ad ora) ha vinto sempre lui. È tanto vero che, ogni anno, fa quasi otto milioni di morti e non dà segno di voler recedere. Ha richiesto investimenti per centinaia di miliardi di dollari.
La biologia molecolare del cancro è una delle scienze che hanno progredito di più, unitamente alle tecniche diagnostiche. È incessante la scoperta di nuovi farmaci, eppure… nonostante il massiccio dispiegamento, non si riesce a vincerlo. Evidentemente la tecnica di guerriglia che adotta la malattia è davvero diabolica poiché tiene sotto scacco i migliori cervelli e laboratori dei ricercatori di tutto il mondo.
Una volta le cellule tumorali si definivano "impazzite". Adesso invece si sa che sono elementi che hanno acquisito una potente capacità: si evolvono molto rapidamente. Come i batteri e i virus. C'è di più. Non solo proliferano in modo incontrollato, ma da una generazione alla successiva mutano di caratteristiche per effetto di meccanismi che, peraltro, sono ormai ben noti. Essi si riassumono nel termine "instabilità genetica". In pratica, succede questo.
All'interno della massa tumorale, o nelle sue metastasi, non c'è di fatto una cellula che sia uguale alle altre. Pertanto gli sforzi che devono fare le difese immunitarie, per ucciderle, sono immani… e (purtroppo) inutili. Infatti, esse selezionano quelle più adatte non solo a sopravvivere in un ambiente ostile, ma che ne possano trarre addirittura vantaggio. Il guaio è che la stessa cosa accade anche con i farmaci che via via si sperimentano. Insomma, è come mirare ad un bersaglio che si sposta in continuazione: se una nuova chemioterapia uccide le cellule che possiedono una certa caratteristica molecolare, il trattamento selezionerà nuove cellule senza quel bersaglio e così via in una rincorsa che non ha fine e nella quale si può solo perdere. Ecco spiegata la resistenza ai farmaci: come dire che il cancro ci appare imbattibile perché si evolve in modo darwiniano.
C'è un problema. Grande. Forse grandissimo. Se l'analisi è giusta, tutta la ricerca sta sbagliando il bersaglio. Perché bisognerebbe avere come obiettivo non questa o quella molecola, o questo o quel recettore, ma il motore stesso della variabilità. Solo così si potrebbe sfruttare la mancanza di proteine di controllo e di riparo del Dna nelle cellule tumorali.
Inutile dire che già si stanno attivando i laboratori per saggiare questa possibilità. Soprattutto a Nerviano, un comune alle porte di Milano dove, in questo settore, c'è la più grande concentrazione di ricercatori di tutta Europa.
È qui, a Nerviano, lo stabilimento dove, nel 1965, la storica Farmitalia aveva insediato un centro di ricerca all'avanguardia. Che poi, tre lustri dopo, era confluito nella Carlo Erba. Oggi, 650 tecnici e ricercatori lavorano in questa struttura ad una serie di brevetti innovativi nel campo dei farmaci anti-tumorali. Un vero e proprio patrimonio di conoscenze.
Non c'è dubbio che questa sia un’eccellente possibilità (e il modo migliore) per dimostrare come il pensiero di Darwin sia tuttora in evoluzione, dopo duecento anni dalle sue scoperte, e capace di generare modi del tutto diversi, e soprattutto nuovi, di vedere e comprendere come si manifesta la vita.
Ermanno Antonio Uccelli |