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Non sono stati abbastanza i sacrifici, lavorare dai 15 anni fino ai 19 in galleria, nel 1942 chiamato alle armi, nel 1943 fatto prigioniero in Germania, nel 1945 liberato, poi subito il lavoro sempre in galleria...
Nel 1948 mi sono sposato con la bella ragazza di nome Anita. Io avevo 25 anni, lei 26. Io ho sempre continuato il mio lavoro. Nel 1958 sono emigrato in Belgio, sempre per lavorare in miniera. Alla fine del 1958 vado in Africa sempre per lavori da minatore: ho lavorato alla diga di Kariba in Rodesia, poi nel Sudan, nell’Iran, nel Perù.
Dopo il lavoro a Lima poi mi sono ritirato: ero già sotto effetto silicosi. Nel 1980 sono dichiarato “grande invalido”. Poi un periodo di riposo, in ferie da 15 a 20 giorni a Palma de Maiorca in Spagna, in Turchia ed in diversi altri paesi con la mia cara moglie Anita. Ci siamo divertiti per qualche anno: godevo tanto insieme alla mia moglie, piaceva anche a me godermi la vita, fino a che…
Fino a che venne quel maledetto 2007 che alla sera del 2 settembre ero in giardino. Alle 19.30 arriva in casa la mia moglie, mi chiama dalla camera. Lei mi disse “…guarda se vedi il Bortolo che l’ho mandato a prendere le pizze. Digli che non vada perché io questa sera non la mangio”. Le risposi “…l’hai mandato a prendere la pizza e adesso non la mangi?”. Poi la vedo pallida. “Ma Anita tu non stai bene…”. Guardo il telefono. Mi dicevo “…devo telefonare“. Ma a chi? Ero lì solo, disperato. Non sapevo cosa fare. Me la prendo fra le mie braccia. Me ne accorgo… Mi guarda. Non dice nulla. Sento due respiri pesanti. Poi, mamma mia, la mia Anita sta male. Ero disperato, mamma, la mia Anita muore. Ma chi pensava… così veloce, fra la vita e la morte.
Arriva mio figlio con le pizze. Lo chiamo: “…Bortolo, vieni, la mamma, la mamma è… morta”.
Ognuno può giudicare che momenti provai. Mamma, la mia sposa cara è andata, non l’ho più. Questi brutti momenti non li scordo mai, non li scorderò mai. Ahimé, quanti sacrifici abbiamo fatto per tanti anni ed in un minuto abbiamo perso tutto e io ho perso mia moglie e per sempre sono rovinato.
Anita cara, mi sono messo in testa che è come se avessi io la colpa della sua morte. L’ho sempre pregata che venga a prendere anche me. Avevo tanta paura della morte. Ora ho paura di vivere. Prego la mia Anita ed i miei genitori di venire a prendere anche me. Questo mondo non è più per me. Chiedo perdono ai miei figli, per quello che io penso. Mi tortura fortemente un’angoscia. Non ho più la mia Anita. Mi manca tanto. Mi dimostro come un piccolo bambino che chiama la sua mamma.
Ciao, cara Anita, non ti scorderò mai più
tuo Domenico |