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Monsignor Giuseppe Borra “il prevosto di Gardone”, scomparso il 27 agosto dello scorso 2009, a 98 anni, è stato un “uomo completo”. Rimandiamo però i lettori del VALTROMPIASET alle pagine del volume, che possono trovare in Parrocchia a Gardone V.T., dove dalle testimonianze riportate potranno scoprire, se già non lo avessero fatto di persona, uno straordinario uomo di fede e di chiesa.
In questa nota voglio solo aggiungere, a quelli riportati nel volume, alcuni personali ricordi per me importanti e credo significativi, perché possono dare di Mons. Borra una visione di presenza intuitiva nel sociale, partendo da quanto riportato (anche sulla mia persona) dall’amico Domenico Bertarini che a pagina 106 del volume ha la bontà di citarmi ben due volte.
Negli anni settanta sono stato per vari anni Presidente della Biblioteca comunale e Presidente del Comitato Unitario Antifascista di Gardone V.T. In quegli anni i dibattiti pubblici su temi sociali e politici erano assai attesi e frequentati. Ebbi l’opportunità di portare a Gardone V.T. in tempi diversi – fra molti altri - due personaggi allora piuttosto “scomodi”: don Gianni Baget Bozzo e Giorgio Bocca. I temi trattati dai personaggi erano ovviamente i rapporti fra chiesa e politica, nel caso di Baget Bozzo e l’antifascismo e la resistenza nel caso di Giorgio Bocca. Gli unici ambienti nei quali potevano essere ospitate alcune centinaia di persone erano quelli parrocchiali, nel caso specifico quelli di Via Don Zanetti, dove oggi è il rinnovato Auditorium. Chiesi “ospitalità” a Mons. Borra proprio per potervi svolgere dibattiti. Mons. Borra, pur non condividendo né le posizioni politicamente e partiticamente “di sinistra” sia di Don Baget Bozzo che di Giorgio Bocca, concesse “gratuitamente” l’uso dei locali. Forse a qualcuno parrà poca cosa, ma chi ha almeno la mia età si ricorda bene il clima anticlericale e antidemocristiano di quei tempi ed un parroco che concedeva “casa sua” a chi poi tendenzialmente e sostanzialmente parlava contro “Madre Chiesa” e la DC poteva anche essere considerato irresponsabile. Mons. Borra invece si dimostrò antesignano della libertà di espressione e di critica, suscitando in molti gardonesi e valtrumplini l’immagine di una chiesa aperta, positiva e disponibile al dialogo.
Le stesse sensazioni di apertura sociale e politica, come ricordato da Domenico Bertarini nella sua testimonianza, Mons. Borra le suscitò anche negli anni di RADIO GI (1975 – 1985) e TELEGARDONE di cui sono stato Socio fondatore e Direttore. Si trattava allora del discorso della “pluralità” e dei primi accenni di “pari opportunità”, mediatica, non al femminile. Insomma, dare o no spazio al PCI, ai “Comunisti atei ed irriverenti” nei locali, sempre di proprietà parrocchiale, dove aveva sede di fatto gratuitamente – dopo la sede iniziale di Casa Bertarini - l’emittente di chiaro nome, la COOPERATIVA CATTOLICA DI PRODUZIONE E DIFFUSIONE DI PROGRAMMI RADIOTELEVISIVI “RADIO GI – TELEGARDONE”?
Ebbene, ricordo chiaramente le parole di Mons. Borra alla fine di un dibattito per la verità piuttosto lungo e infuocato su quel tema: “D’accordo, loro (i comunisti…) parleranno una volta alla settimana, noi (i democristiani, i cattolici…) parleremo sette giorni alla settimana”.
La sostanza dei fatti è questa, il mio ricordo, non dico esclusivo ma particolareggiato è questo. Certo è che poi, come tutti coloro che come me erano più o meno dei “bravi ragazzi” (catechista, capo scout, democristiano doc di “sinistra”, frequentatore abbastanza regolare della Messa domenicale, studioso serio e quant’altro…) ho avuto svariate occasioni di interloquire con Mons. Borra, ma, dopo aver letto nel volume a lui dedicato tutta una serie di testimonianze, credo sarebbe da parte mia superfluo tratteggiare altri aspetti della sua presenza positiva nella realtà gardonese, perché credo che gli sforzi letterari di Francesco Trovati abbiano ampiamente saputo tratteggiare l’uomo “completo” come effettivamente è stato Mons. Giuseppe Borra, che da lassù vorrà certamente dare una piccola benedizione ed un sorriso anche alle pagine di questo giornale che testardamente, in un modo o nell’altro, cerco di portare avanti, certo non da solo, ormai da ben diciassette anni.
Piero Gasparini |