Con una corposa sentenza di oltre 100 pagine la Corte Costituzionale ha di recente dichiarato inammissibili e non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate da sette Regioni sulle norme nazionali che introducono la liberalizzazione dei servizi pubblici locali e tra questi del servizio idrico integrato, quelle norme che ormai tutti conoscono con il nome di “decreto Ronchi” e che sono in questi ultimi mesi rimbalzate alla cronaca come le norme che “privatizzano” l’acqua.
I giudici della Consulta si sono ampiamente soffermati su una disanima del diritto comunitario in materia di servizi di interesse economico generale per giungere alla conclusione che il concetto di rilevanza economica dei servizi contenuto nelle norme italiane è del tutto omologo alla connotazione europea.
Viene quindi smontato dapprima uno dei cardini della contestazione regionale, secondo cui la riforma che limita gli affidamenti “in house” a società totalmente pubbliche solo ai casi in cui la gestione concorrenziale sia impossibile o antieconomica è illegittima perché va oltre la disciplina comunitaria.
La Corte riconosce che la legge italiana è più stringente di quella della UE, che mette sullo stesso piano la gestione “in house” pubblica e quella individuata a seguito di gara, ma questo non la rende incompatibile. Essendo a favore della concorrenza le regole introdotte dall’Italia rientrano nell’autonoma possibilità di scelta del legislatore degli Stati membri.
In più, siccome queste regole attengono alla materia della concorrenza, lo Stato ha una competenza esclusiva nella decisione e quindi le Regioni non possono assumere provvedimenti in contrasto con le norme statali perché sarebbero costituzionalmente illegittimi.
Non possono dunque nemmeno dichiarare il servizio idrico un servizio privo di rilevanza economica, in quanto lo Stato lo ha senza dubbio ricompreso tra i servizi per i quali la regola generale nell’assegnazione della gestione è quella gara.
Viene in definitiva confermata la legge di riforma dei servizi pubblici voluta e tenacemente difesa negli ultimi tempi dal Ministro Ronchi che apre al mercato concorrenziale sia la gestione dei rifiuti, sia la gestione del servizio idrico.
Al termine di un periodo transitorio che non si potrà protrarre oltre la fine del 2011 o al massimo oltre il 2015, in presenza di particolari condizioni che riguardano le società quotate, anche il servizio idrico dovrà passare al vaglio della concorrenza o attraverso l’individuazione di un concessionario con una gara o selezionando un privato per una quota di capitale non inferiore al 40%, sempre con gara, per una gestione “insieme” alla parte pubblica in una società mista.
Affidare direttamente il servizio ad una società tutta pubblica diviene una scelta del tutto residuale ed eccezionale. Per poterlo fare bisognerà superare molti ostacoli normativi e non sarà più facile come una volta.
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