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Padre Davide Maria Turoldo |
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Non amo Cronin, ma nella sua opera “Le chiavi del regno”, pare sia il protagonista, un missionario che si era fatto trent’anni difficili in Cina, a muovere la penna dello scrittore per raccontare la propria storia attraverso di lui. Il suo destino ha delle affinità con le vicende di un altro prete “vero”, pur nella finzione letteraria e cinematografica: Don Camillo. Ambedue per la troppa vicinanza e comunanza con gente povera e umile (anche se non sempre innocente) sono per punizione esiliati in due piccoli paesini di montagna. Lontani da ogni visibilità, i due parroci non demordono inventandosi un Dio con cui è possibile colloquiare verbalmente. Lo stesso Dio con cui comunicava continuamente attraverso i suoi versi un prete vero, l’unica “veste nera” che io avrei riconosciuto come Papa: Padre Davide Maria Turoldo. Pure lui esiliato nel piccolo paese di Sotto il Monte in provincia di Bergamo, luogo natale di Papa Giovanni Ventitreesimo. Padre Davide Maria Turoldo ci ha lasciato anni fa, ma le sue poesie ci parleranno per sempre del difficile rapporto con la Divinità, una Divinità a cui si rivolse una volta con la frase seguente: “Signore, Tu non sai molte cose.” Il testimone di quello che io giudico una dei massimi poeti del novecento, non si è perso “come lacrime nella pioggia”, nuovi Savonarola attraversano il nostro quotidiano. “Vesti nere” coraggiose e convintamene cristiane, come don Ciotti, don Gallo, don Farinella, don Gianni Fazzini (parroco operaio) e chissà quanti altri, che silenziosamente, lontani dalle telecamere e dai giornalisti si fanno portatori delle parole di Cristo. Alla prossima messa di mezzanotte, invece di intonare “Tu scendi dalle stelle”, consiglierei a qualche parroco dalla schiena diritta la lettura dello stralcio che segue, tratto da una lettera che don Farinella ha inviato al cardinale Bagnasco, o della poesia di padre Davide Maria Turoldo, ambedue molto critici nei confronti del Vaticano e di un certo modo di essere “Chiesa”.
…agli occhi della nostra gente, voi, vescovi taciturni, siete complici, sia che tacciate, sia che, ancora più grave, tentiate di sminuire la portata delle responsabilità personali. Il popolo ha codificato questo reato con il detto: è tanto ladro chi ruba quanto chi para il sacco. Perché parate il sacco a Berlusconi e alla sua sconcia maggioranza? Perché non alzate la voce per dire che il nostro popolo è un popolo drogato dalla TV, al 50 per cento di proprietà personale e per l’altro 50 per cento sotto l’influenza diretta del Presidente del Consiglio? Perché non dite una parola sul conflitto di interessi che sta schiacciando la legalità e i fondamenti etici del nostro Paese? Perché continuate a fornicare con un uomo immorale che predica i valori cattolici della famiglia e poi divorzia e si risposa, divorzia ancora e si circonda di minorenni per sollazzare la sua senile virilità? Perché non dite che che con uomini simili non avete nulla da spartire? Perché non lo avete sconfessato quando ha respinto gli immigrati, consegnandoli a morte certa? Non è lo stesso uomo che ha fatto un decreto per salvare ad ogni costo la vita vegetale di Eluana Englaro? Non siete voi gli stessi che difendete la vita “dal suo sorgere fino al suo concludersi naturale”? La vita dei neri vale meno di quella di una bianca? Fino a questo punto siete contaminati dall’eresia della Lega e del berlusconismo? Perché non dite che i cattolici che lo sostengono sono corresponsabili e complici dei suoi delitti che anche l’etica naturale condanna? Io e, mi creda, molti altri credenti, pensiamo che lei e i vescovi avete perduto la vostra autorità e avete rinnegato il vostro magistero perché agite per interesse e non per verità. Per opportunismo, non per Vangelo. Un governo dissipatore e una maggioranza, schiavi di un padrone che dispone di ingenti capitali provenienti da “mammona iniquitatis”, si è reso disposto a saldarvi qualsiasi richiesta economica in base al principio che ogni uomo e istituzione hanno il loro prezzo. La promessa prevede il vostro silenzio che è un silenzio d’oro? Mi permetta di richiamare alla sua memoria, un passo di un Padre della Chiesa, l’integerrimo Sant’Ilario di Poitier, che già nel quarto secolo metteva in guardia dalle lusinghe e dai regali dell’imperatore Costanzo: ”Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare con un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga, non ci flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima col denaro”. Egregio sig. Cardinale, possiamo ancora sperare che i vescovi esercitino il servizio della loro autorità con autorevolezza, senza alchimie e coperture dei ricchi potenti e a danno della limpidezza delle verità come insegna Giovanni Battista che all’Erode di turno grida senza paura per la sua stessa vita:"Non licet”? Al Precursore la sua parola di condanna costò la vita, mentre a voi il vostro “tacere” porta fortuna.
In attesa di un suo riscontro, porgo distinti saluti.
Mi piacerebbe molto sapere se il Cardinale Bagnasco ha mai risposto alla missiva. Anche se in verità dubito che l’abbia fatto.
Consoliamoci (per modo di dire) con la poesia di Turoldo, che ha per titolo
“Cronache a Managua”
Mai un povero pensava di udire un simile grido
dalla tua bocca, o papa: “Silenzio!”
Urlavi alla folla: una folla di poveri in lutto,
madri a migliaia in cammino da capitale a capitale,
con piedi sanguinanti, in mezzo ai rifiuti,
a cercare i corpi dei figli:
ora tutte in folla intorno agli altari.
Ciascuna portava uno stendardo: un figlio,
un altro figlio ancora, un altro, e poi altri
e ancora: una selva di foto divenute vessilli
che urlano muti nell’aria.
E tu: “Silenzio!” Urlavi alto sulla folla,
alto agitando il crocifisso.
Un brivido parve scuotere anche le colonne.
Erano tutte icone di figli, uccisi come Lui,
con loro uccise anche le madri che urlavano.
Ma tu imponevi loro il silenzio.
Poveri sempre incatenati dal silenzio!
E attendevano solo te per gridare,
e tu hai loro imposto il silenzio.
Erano i poveri: Non certo i potenti!
I potenti sanno come fare.
Urlavano: “Mostraci dove li hanno nascosti,
in quale geenna li hanno cremati!”
Cercavano appena i corpi, le ceneri,
senza più credere di vederli risorgere.
“Che ci restituiscano almeno i corpi”, urlavano.
E tu dall’alto, con la croce alta sul popolo
a gridare più forte “Silenzio!”
Questa è la nuova chiesa del silenzio:
disperata chiesa senza parole.
Anche noi, che non possiamo non essere chiesa,
noi tutti a fare silenzio:
il silenzio che stazza sulla tomba
del fratello vescovo Oscar Romero,
nuovamente ucciso da questo silenzio.
Credenti del mondo fate silenzio,
chiese tutte fate silenzio.
Si porti ognuno nella sua chiesa
e faccia silenzio, insieme a questi fratelli
cui è imposto il silenzio.
Anche le madri urlino in silenzio:
ferme là dove sono, nella chiesa diroccata,
né alcuno tenti di costruirla ancora:
fino a quando almeno …
Fino a quando o papa?
Buon Natale |