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Paolo Gerardini (da sx), Alberto Vidali, Enrico Mattinzoli e Bortolo Agliardi |
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Sono 13305 gli associati (con 31932 addetti) alla Associazione Artigiani. Suddivisi per categorie si contano 2624 metalmeccanici, 1703 installatori, 1641 edili ed affini, 508 del settore tessile/abbigliamento, 705 quelli del legno arredamento, 871 gli alimentaristi, 3958 gli associati del settore servizi e 1295 gli iscritti appartenenti a categorie varie. Presidente è Enrico Mattinzoli presente alla conferenza stampa con il Vicepresidente vicario Alberto Vidali e con il Vicepresidente Bortolo Agliardi.
“Siamo stati danneggiati e penalizzati” questo è il commento dei molti artigiani che si sono rivolti all'Associazione Artigiani della Provincia di Brescia, quando qualche giorno fa si è tentato di inviare on line le domande di contributo come previsto dall’“avviso pubblico 2010: incentivi alle imprese per la realizzazione di interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro in attuazione all’art. 11, comma 5 D.lgs 81/2008 e D.lgs 106/2009”. È decisivo sottolineare che il “click day” sarebbe scattato alle 14 e che l’accessibilità al contributo si basava solo sull’ordine di presentazione delle domande.
Ecco che alle 14 il sistema nella nostra provincia è “crollato” ed anche chi era già sul sito per fare l’invio è stato scollegato rendendo impossibile ogni tentativo di spedizione!
“Come Associazione Artigiani siamo subito intervenuti presso la sede INAIL di Brescia per chiedere chiarimenti. Sentiti i tecnici responsabili, oltre che i rappresentanti di organizzazioni di rappresentanza delle imprese, abbiamo inviato una richiesta formale all’INAIL in modo che possa esser resa giustizia a tutto il sistema economico bresciano penalizzato dalla caduta del servizio - così ha dichiarato Enrico Mattinzoli -. Nella missiva che abbiamo inviato, chiediamo che, se non fosse possibile accogliere il nostro reclamo, si provveda immediatamente ad annullare il bando per palese irregolarità e disparità di trattamento. Era certo che i fondi sarebbero esauriti in pochi minuti e ne eravamo consapevoli ma così è del tutto illogico e grave. Abbiamo quindi attivato anche il canale confederale in modo che possano essere messe in campo tutte le osservazioni del caso visto che riteniamo debba essere resa giustizia a quella parte d’Italia che non ha potuto, di fatto, partecipare al bando. In ogni caso, è evidente, che ogni successivo bando dovrà seguire criteri diversi che non si basino solamente sull’ordine di presentazione delle domande con l'obiettivo di evitare distorsioni e possibili illegittimità ancor più gravi a carico delle imprese escluse”.
La storia ci insegna – ha fra l’altro ricordato Mattinzoli - che i grandi cambiamenti avvengono all'indomani delle grandi crisi, siano esse politiche che economiche; credo quindi che la situazione attuale abbia tutte le caratteristiche per l'avvio di un processo che porti le micro imprese ad una nuova strategia di approccio con il mercato. Questa nuova strategia si chiama "aggregazione" e può certamente essere la chiave di svolta delle PMI in termini di crescita, non solo economica ma strutturale finanziaria e di sapere. Certo, a questo processo non tutti possono o devono partecipare. I calzolai (quei pochi che ancora restano per passione più che per convenienza) continueranno a fare il loro lavoro. Ma nel campo dei servizi gli installatori idraulici, i carpentieri, i pittori, gli edili, gli elettricisti, i progettisti… possono, attraverso l'aggregazione, ampliare le loro opportunità di lavoro con la partecipazione a bandi in veste di capofila del progetto, anziché semplici, parziali fornitori di un servizio, "fornendo chiavi in mano". Lo stesso dicasi, ad esempio, in campo ambientale: esperti di energie alternative, di processi e di prodotto, officine meccaniche, carpenterie, fonderie, affiancati da operatori di marketing e di mercati esteri possono ambire ad aggredire paesi in crescita con un prodotto finito anziché una parte di esso. È ovvio che un processo di questo tipo, non è di facile attuazione, vista la normale e pur comprensibile diffidenza e personalismo che caratterizza il piccolo imprenditore, ma non vi sono alternative ad un sistema economico industriale (e se vogliamo sociale) che tende sempre più ad escludere/isolare piuttosto che ad aggregare.
All'imperativo "aggregazione" vanno senz'altro affiancate due componenti essenziali per la riuscita del processo: "qualità" e "innovazione" (variabile non indifferente per ottenere anche "alto valore aggiunto), in assenza delle quali il processo non centrerebbe l'obiettivo. Ecco perché, "piccolo" in termini economici, non è più sinonimo di bello, come la parola "localismo", sempre in termini economici, non ha più alcun senso. "Aggregazione" quindi è la parola d'ordine che veda le nostre micro realtà artigiane coinvolte in una sfida rivoluzionaria e al tempo stesso entusiasmante. Rivoluzionaria, perchè vanno, anche, superati schemi del passato che vedono unicamente il coinvolgimento di prodotti di filiera e di confine, pensando ad aggregazioni europee perfino su prodotti disomogenei, ma "vendibili" in "gruppo". In sintesi – sono le riflessioni di Enrico Mattinzoli - la crisi economica in corso ormai da oltre due anni, impone alle PMI di ripensare, mettendo in discussione, le modalità del "fare impresa" sin qui attuate, valorizzando la capacità, l’inventiva e il sapere della micro impresa.
Anche per lo scorso 2010 il Governo ha previsto risorse per sostenere, attraverso la cassa integrazione in deroga, i dipendenti delle piccole imprese in crisi. Si tratta di risorse straordinarie che fanno fronte ad una situazione altrettanto straordinaria ed eccezionale. È ovvio però che un'economia sociale moderna che si rispetti non può tener conto di una sola parte di lavoratori, a meno che non si reputino tali artigiani, commercianti, agricoltori. Il sistema degli ammortizzatori sociali deve essere ripensato, considerando che la giustizia sociale la si misura anche su questo terreno. Oggi un lavoratore a tempo indeterminato risulta essere più tutelato di uno a tempo determinato, e quindi precario, ma al tempo stesso il lavoratore autonomo non gode di alcuna tutela. Certo qualcuno potrà obiettare – è sempre il pensiero di Mattinzoli - che il rischio d'impresa di colui che decide di lavorare in proprio deve considerare anche la possibilità di “morire di fame”. E badate bene che non si tratta di esagerare, oggi vi sono anche nella ricca Brescia migliaia di artigiani, commercianti ed agricoltori, che hanno dato fondo ai loro risparmi (chi li aveva), ai loro fidi in banca (chi non se li è visti revocare), per continuare a sostenere un sogno, un progetto, il sacrificio di una vita. Centinaia di migliaia di autonomi che con coraggio continuano a far grande il nostro paese. È necessario quindi costruire un percorso che porti a sostenere anche i lavoratori autonomi e le loro famiglie nelle situazioni di crisi, affrontando il problema come una delle priorità sociali, magari risparmiandoci proposte come quella del ministro Brunetta, di prelevare dal Fondo Pensioni le risorse da destinare ai cosiddetti “bamboccioni” per invogliarli ad uscire di casa (come se cinquecento euro bastassero a pagare un affitto e a sopravvivere). Lo spieghi a chi lavora in fonderia e nelle stalle contribuendo da anni ad alimentare il fondo pensioni. Ma ci vada personalmente a spiegarlo! |