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venerdì 22 novembre 2024 | 08:01
 Edizione del 13/09/2011
 
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La dea seducente
La dea della caccia e il suo seguito di ninfe seducenti si erano fermate, dopo una lunga corsa, a rinfrescare le membra affaticate ad una chiara sorgente nel folto di un bosco


  


Udendone le folli risate, un mortale chiamato Atteone si approssimò, ma mentre spiava il garrulo gruppo fu scorto dalla dea. Questa, irritata dall'indiscrezione del mortale, lo convertì in cervo gettandogli addosso dell'acqua e poi lo fece fare a brani e divorare dagli stessi suoi cani. Il mito ci dice che Artemide com'era chiamata dai Greci, o Diana, come la chiamavano i Romani, fosse figlia di Zeus e sorella gemella di Apollo cui rassomigliava perfettamente. I Greci la veneravano quale protettrice dei giovani e delle fanciulle; inoltre fu considerata quale personificazione della Luna, nello stesso modo che Apollo era considerato la personificazione del Sole. Soprattutto, però, veniva adorata come divinità cacciatrice, e i Greci le consacravano in particolar modo il cervo, sebbene anche l'orso, il leone ed altri animali selvaggi le fossero sacri.

Artemide è generalmente raffigurata come cacciatrice, alta, snella e di piè leggero. I suoi capelli sono annodati dietro il capo e la veste è succinta per non intralciarle la corsa. Sulla spalla porta l'arco e la faretra e accanto tiene un cane o un cervo. La più bella statua di Artemide è quella trovata nella villa dell'Imperatore Adriano, ora nel museo del Louvre.

Ad Efeso, nell'Asia minore, era adorata sotto il nome di Artemide o Diana una dea ben diversa dalla vera Artemide. Come si vede da una bella statua del Museo di Napoli, veniva raffigurata col petto fornito di numerose mammelle, e la parte inferiore del corpo chiusa in una specie di guaina a zone scolpite. Era il simbolo della fecondità. A questa divinità fa allusione San Paolo nell'epistola agli Efesi. Il tempio di Efeso fu incendiato nel 356 a. C. da Erostrato, il quale, non sapendo far nulla di grande e di bello, pur voleva conquistarsi un titolo all'immortalità. Malgrado che i magistrati di Efeso avessero fatto appunto divieto di mai pronunciar il nome dell'empio, il gesto di Erostrato divenne proverbiale. Il gran tempio venne fatto riedificare con maggiore magnificenza, tanto che fu ritenuto una delle sette meraviglie del mondo antico.


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