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 Edizione del 29/03/2012
 
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L'aquilone spezzato
Sappiamo che cosa è un aquilone. Non il vento di tramontana. Parlo del giocattolo di carta o di stoffa, dai colori vivaci, tesa su un telaio leggerissimo che, tirato controvento per mezzo di un filo, può alzarsi e mantenersi in aria per azione del vento


   Gao Zhisheng


L'armatura del telaio, nella sua forma più semplice, è costituita di due cannucce sulle quali è incollato un foglio di carta con una lunga coda. Se l'armatura del telaio si spezza, l'aquilone non può reggersi. Similmente se si rompe il filo che lo governa. È la stessa cosa – o molto analoga – che è successa a Gao Zhisheng, un avvocato cinese di 44 anni. Un dissidente. Che ha fatto il minatore, il militare, poi il funzionario di partito.
Lavorando di giorno e studiando di notte, si è laureato. Dotato di una sciolta parlantina, egli è diventato un brillante difensore legale dei diritti civili degli oppressi, degli ultimi.
Per un po' il regime cinese non dice nulla poi, quando si accorge che Gao diventa via via sempre più scomodo, lo arresta come "sovversivo". Si sa come viene vissuta qualsiasi persona – anche in una democrazia – quando la si stigmatizza e le viene appiccicata l'etichetta di soggetto che mira a rovesciare l'ordine costituito. Figurarsi in Cina, campione di un regime noto internazionalmente come alieno da qualsiasi rispetto dei diritti civili. Anche i più elementari. Per dire: ci sono là decine e decine di giornalisti in prigione per aver scritto ciò che la realtà presenta. Nulla di più.

Il ribelle Gao viene adottato dai giornali americani. New York gli offre la cittadinanza. Viene candidato al premio Nobel per la pace. Ha moglie e due bambini piccoli, questo dissidente. Una famiglia che è scappata per sfuggire alla persecuzione.
Poi anche l'avvocato sparì. Per un anno. Adesso è riapparso. "Smunto, emaciato, senza più voglia di combattere, con quella facilità di parola che gli era propria, ormai solo un ricordo", così lo descrive chi lo ha incontrato.
È stato torturato. Pesantemente: scariche elettriche ai genitali, stuzzicadenti infilati nel pene, sigarette spente su tutto il corpo…
Si erano fatti carico della sua figura quelli di Human Rights China quando avevano ricevuto, nella primavera di tre anni fa, centinaia di foglietti di carta con il trattamento cui era stato sottoposto il dissidente perché – gli dicevano i suoi carcerieri – doveva provare il "garbato" maneggio che veniva riservato ai suoi assistiti. Quando Gao, dopo molto tempo, era riuscito a riprendere una certa padronanza di sé "aveva constatato che del suo corpo non era stato risparmiato neppure un centimetro".

Ora l'avvocato si è arreso. È riapparso un anno dopo la sua misteriosa scomparsa. Ha mandato attraverso l'AP (Associated Press), un messaggio in codice al regime: "Mi arrendo. Lasciatemi riabbracciare la mia famiglia. Devo rinunciare a vivere come ho vissuto nella mia vita passata. Faccio questa scelta per il bene della mia famiglia. Spero di riunirmi con loro. I miei bambini hanno bisogno di avermi al loro fianco".
È abbastanza evidente che l'ultimo ribelle di Pechino è sotto ricatto. Dice: "So che tutti coloro che mi sono stati vicini, che mi hanno sostenuto, si sentiranno delusi in modo profondo. Chiedo loro scusa. Sono profondamente dispiaciuto".
Siamo arrivati al paradosso che la vittima chiede scusa. Gao Zhisheng manda un messaggio ai suoi aguzzini e al mondo che sta a guardare. Dice: "Ho perso il controllo delle mie emozioni. Mia moglie e i miei figli erano, per me, le persone più care al mondo". Sì, l'aquilone si è davvero spezzato.

Ermanno Antonio Uccelli


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