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Angelo Canossi, cantore di Brescia
Angelo Canossi, vita ed opere, il nuovo volume curato da Costanzo Gatta per i tipi della Compagnia della Stampa (gennaio 2012, 600 pagine circa, prezzo 25 euro) è in biblioteca


  


L'autore, giornalista come il padre, Alfredo Gatta, s'è impegnato nell'impresa per far conoscere ed amare il poeta soprattutto ai giovani e riferisce che Canossi fra i poeti latini prediligeva Orazio e Marziale, amava i classici italiani senza ignorare i poeti del suo tempo. La passione per il Moretto non lo distolse dall’attenzione per i pittori contemporanei. Difese il patrimonio culturale bresciano, fu giornalista di taglio moderno e direttore capace di scardinare vecchie incrostazioni, fra i primi a capire l’importanza della vignetta, incisiva quanto un articolo di fondo e la forza della foto per visualizzare un fatto. Osserva Gatta: “Canossi era distaccato dal denaro ed aveva come modello san Francesco. Rifiutava il superfluo. E la perenne mancanza di denaro lo aveva fatto industriare, come provetto artigiano, in ogni tipo di lavoro: persino sarto, calzolaio, falegname. Sapeva alzare un muretto o rizzare un totem di cemento al cantone di una casa per dar corpo ad una fantasia: il mago della Val Surda è un esempio eloquente”. Costanzo Gatta ha studiato il Canossi fin dal 1967 quando mise in scena Curt dei Pulì, spettacolo autenticamente bresciano. Un'esperienza che lo ha convinto che “il poeta non fu né un giullare, né una macchietta. Non trascorreva la giornata all’osteria a orchestrare burle; preferiva, nella quiete di un chiostro, meditare sulle parole di Santa Teresa di Lisieux. Fu un gentiluomo che visse a Brescia come un esiliato, fra monumenti, memorie, grandi uomini del passato, a loro volta esiliati da gente con la memoria corta”. Canossi ha vissuto i tempi bui della guerra. “Venerò i soldati che morivano per il bene d’Italia. Cercò di aiutarli con la poesia: unica sua ricchezza. Tentò di superare lo scoramento da cui sovente era preso e vincere la mancanza di tenacia che lo portava ad essere perennemente in ritardo e vivere seguendo ritmi tutti suoi”
A 150 anni dalla morte l'Ateno di Brescia ha dedicato al poeta un convegno in collaborazione con la Fondazione Canossi-Cibaldi di Bovegno, il suo paese dov'era nato e dove si conservano le spoglie mortali. Sono intervenuti su diversi argomenti: il critico Piero Gibellini (La poesia di Angelo Canossi), Piera Tomasoni (Canossi e il Vocabolario bresciano), Elena Maiolini (Canossi poeta e traduttore), Costanzo Gatta (Canossi poeta in lingua) che afferma: «In maniera riduttiva lo hanno voluto far apparire un poeta dialettale senza fantasia, che scopiazzava a destra e a manca. Lo faceva solo per dimostrare che anche in dialetto bresciano si poteva scherzare, come Trilussa o Pascarella. O essere seri e tristi come Pascoli o Heine. È stato male interpretato dai "nipotini" che hanno trovato comodo ridurlo a macchietta spiritosa”.
La nuova biografia è ricca di spunti originali e inediti. In tutto il libro si leggono notizie legate a «L'Esordio de le des zornade». Fra gli inediti vi sono molti esempi della prosa del giovane Canossi critico d'arte e di costume, spediti da Firenze alla «Sentinella Bresciana», firmandosi L'Ebreo Errante. E poco nota è pure la scritta beffarda contro gli austriaci. Così anche la sua avversione per l'osteria «A l'Aria valtriumplina» che il progettista Ettore Sottsass fece affrescare da Stoltz e non da pittori bresciani denunciando che il locale assomigliava a una birreria bavarese. Interessante il racconto del primo incontro di Canossi con Gabriele D'Annunzio nell'inverno 1881 da cui nacque il suo entusiasmo per il pescarese. Condividevano, ad esempio, l'idea che Beatrice fosse realmente esistita; fecero insieme il giornaletto Alcibiade; il bresciano lo rivede alla stazione di Firenze dopo «il peccato di maggio» con la giovane moglie Maria Hardouin dei duchi di Gallese, fermato dai poliziotti; poi i colloqui al Vittoriale.

Franco Piovani


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