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 Nr.12 del 21/05/2007
 
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DOMANI ACCADRÀ



   La vita dell'uomo è un cerchio da infanzia a infanzia, e così è dove si muove la potenza
Hehaka Sapa, Oglala Dakota (Sioux)


Scriveva Carl Sandburg: “Dobbiamo stare calmi, raccolti, tranquilli, di fronte alla prossima guerra, e ricordare quell’uomo che, seduto sulla stufa arroventata, fiutava l’aria dicendo: C’è qualcosa che brucia? O il detto di quel contadino del Kansas: Dicemmo al ciclone di girare attorno al granaio, ma non ci ha sentito”.
Profetico come sempre, Sandburg uno dei maggiori poeti del novecento, dopo lo scoppio della prime bombe atomiche, chiede all’Umanità di stare in guardia. Prima di lui l’aveva fatto Giulio Verne con “All’ombra del 2000”. Uno dei suoi libri meno conosciuti, in cui parla di un ragazzo rimasto intrappolato nel ghiaccio, in una sorta di ibernazione naturale, che risvegliatosi miracolosamente dopo la scoperta dell’energia elettrica, muore nell’arco di una settimana,
a causa dei campi magnetici. Vi ricorda qualcosa?
Da un secolo i maggiori scrittori di Fantascienza ci avvertono nel drammatico futuro che ci aspetta.
“Noi” di Zamjatin, una spietata denuncia sul futuro del totalitarismo russo, scritto nel 1921.
“Il mondo nuovo” di Aldous Huxley, una cruda disanima sulla manipolazione genetica, scritto nel 1935. In “Fareneight 451” di Bradbury, i pompieri vengono utilizzati per bruciare gli ultimi libri, scritto negli anni Cinquanta. Negli stessi anni John Christofer pubblica “L’inverno senza fine” in cui un gelo incalzante scende sull’Inghilterra costringendo la maggior parte dei suoi abitanti ad emigrare in Africa. Dello stesso autore è: “La morte dell’erba”, in India l’erba comincia a morire a causa di un batterio. “Largo, largo, largo” di Harry Harrison da cui è stato tratto il film “2021 i sopravvissuti”con Charlton Heston e John Ford, dove la maggior parte del cibo (dopo la devastazione completa del pianeta) era composto dai morti riciclati.
Centinaia di libri, migliaia di racconti, su cui nessuno, se non gli appassionati lettori, si è soffermato a pensare. Illudendosi probabilmente, che tanto c’era tempo, e che gli scritti erano solo le elucubrazioni di gente mentalmente disturbata. Di pazzi o di utopisti.

Oggi, è già domani, e nella zona del disastro ci siamo già. Quando perfino i generali del maggior esercito mondiale, quello degli Stati Uniti, pubblicano un documento che sottolinea il pericolo di ulteriori nuove guerre a causa dell’effetto serra, significa che abbiamo “il culo sulla stufa”.
Se, nel dicembre del 1854, Isaac I. Stevens, Governatore e Commissario per gli Affari Indiani nel territorio di Washington, avesse compreso fino in fondo le parole di Capo Seattle (Capriolo Zoppo), e le avesse riferite con la giusta preoccupazione all’allora presidente degli Stati Uniti, forse le cose sarebbero cambiate, o forse no. Mi piacerebbe che il pecoraio ”Ascanio”, imparasse a memoria il discorso che segue, e lo ripetesse a reti unificate in Parlamento, per scoprire se qualcuno dei presenti, ha conservato la capacità di vergognarsi.

DISCORSO DI CAPO SEATTLE


“Quello che dice Capriolo Zoppo, il Grande Capo che sta a Washington, può considerarlo sicuro, come i nostri fratelli bianchi possono considerare certo il ritorno delle stagioni. Le mie parole sono come le stelle, e non tramontano. …ma, come potete pensare di poter comprare o vendere il cielo, il calore della Terra? Questa è un’idea strana per noi. Noi non siamo proprietari della freschezza dell’acqua o del suo scintillio come potete comprarli da noi? Ogni parte di questa Terra è sacra al mio popolo, ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria del mio popolo. La linfa che circola negli alberi porta le memorie dell’Uomo Rosso. Noi siamo parte della terra, ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli. Il cervo, il cavallo e l’aquila sono nostri fratelli. Le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore del corpo dei cavalli e l’uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia. Perciò quando il Grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra Terra, ci chiede molto, perché questa Terra per noi è sacra. L’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi, non è soltanto acqua, ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo la Terra, voi dovete ricordare che essa è sacra, e dovete ricordare ai vostri figli che ogni tremolante riflesso nell’acqua limpida del lago parla di eventi e ricordi della vita del mio popolo.
Il mormorio dell’acqua è la voce di mio padre. I fiumi sono nostri fratelli, ed essi saziano la nostra sete. Se vi vendiamo la Terra, voi dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono nostri fratelli e anche vostri, e dovete perciò usare con i fiumi la gentilezza che usereste con un fratello.
Noi sappiamo che l’Uomo Bianco non capisce i nostri pensieri. Egli tratta sua madre, la Terra, e suo fratello il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate e vendute, come fossero pecore o perline colorate. Il suo appetito divorerà la Terra e lascerà dietro solo un deserto.
I nostri pensieri sono diversi dai vostri pensieri. La vita delle vostre città ferisce gli occhi dell’Uomo Rosso. Ma forse ciò avviene perché l’Uomo Rosso è un selvaggio e non capisce.
Ma non c’è alcun posto quieto nelle città dell’Uomo Bianco. Alcun posto in cui sentire lo stormire delle foglie in primavera, o il ronzio delle ali degli insetti. Cosa è mai lì la vita, se un uomo non può ascoltare i discorsi delle rane intorno allo stagno di notte? L’indiano preferisce il dolce rumore del vento che soffia sulla superficie del lago o l’odore del vento stesso, pulito dalla pioggia o profumato dagli aghi di pino. L’aria è preziosa per l’Uomo Rosso, perché tutte le cose sono partecipi dello stesso respiro. Ma l’Uomo Bianco sembra non accorgersi dell’aria che respira e, come un uomo da molti giorni in agonia, egli è insensibile alla puzza. Il vento, che ha dato ai nostri Padri il primo respiro, riceve anche il loro ultimo respiro. E il vento deve dare anche ai nostri figli lo spirito della vita. Perciò noi consideriamo l’offerta di comprare la nostra Terra, ma se decideremo di accettarla, porrò una condizione: l’Uomo Bianco deve trattare gli animali come fratelli. Io sono un selvaggio e non capisco altri pensieri. Ho visto migliaia di bisonti che marcivano sulla prateria, lasciati lì dall’Uomo Bianco che gli aveva sparato dal treno. Io sono un selvaggio e non posso capire come un cavallo di ferro sbuffante possa essere più importante del bisonte, che noi uccidiamo solo per sopravvivere. Che cosa è l’uomo senza animali? Se non ce ne fossero più, gli indiani morirebbero di solitudine. Perché qualunque cosa capiti agli animali, presto capita agli uomini. Tutte le cose sono collegate. Dovete insegnare ai vostri figli che il terreno sotto i loro piedi, è la cenere dei nostri antenati.Affinché essi rispettino la Terra, dite ai vostri figli che la Terra è ricca delle vite del nostro popolo. La Terra ha bevuto il sangue dei nostri Padri, custodisce il sale delle loro lacrime, il grasso e la cenere dei fuochi da campo, il sudore del piacere e della paura. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri, che la Terra è nostra madre. Che qualunque cosa capita alla Terra, capita anche ai figli della Terra. Se gli uomini sputano sulla Terra, sputano su se stessi. Questo noi sappiamo: la Terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla Terra.
Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita, egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela lo fa a se stesso. Ma noi consideriamo la vostra offerta di andare nella riserva che avete stabilito. Noi vivremo per conto nostro e in pace. Importa poco dove spenderemo il resto dei nostri giorni. I nostri figli hanno visto i padri umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri hanno provato la vergogna. E dopo la sconfitta essi passano i giorni nell’ozio e contaminano il loro corpo con cibi dolci e bevande forti. Poco importa dove passeremo il resto dei nostri giorni: non saranno molti.
Ancora pochi inverni e nessuno dei figli delle grandi tribù che una volta vivevano sulla Terra e percorrevano in piccole bande i boschi, rimarrà per piangere le tombe di un popolo una volta potente e pieno di speranze. Quando l’ultimo Uomo Rosso sarà scomparso dalla Terra, e il suo ricordo sarà come l’ombra di una nuvola che si muove sulla prateria, queste spiagge e queste foreste conserveranno ancora lo spirito del mio popolo. Anche gli uomini bianchi passeranno, forse prima di altre tribù. Continuate a contaminare il vostro letto e una notte soffocherete nei vostri rifiuti”.


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