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giovedì 21 novembre 2024 | 22:33
 Edizione del 21/10/2015
 
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Che scandalo le disuguaglianze sociali
I tempi attuali richiedono un'ampia diffusione della cultura di pace. Solo lei può lasciare la porta sempre aperta al dialogo. Del quale vi è estremo bisogno per difendere i valori della democrazia, della libertà, della giustizia sociale.
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Che scandalo le disuguaglianze sociali
( VERSIONE TESTUALE )

Certo, vi sono momenti, come gli attuali, nei quali si vivono particolari difficoltà; ma proprio in tali momenti ci deve essere l'impegno di ciascuno di noi per rimuovere le cause delle disuguaglianze economiche e sociali. Le quali fanno sì che aumentino la violenza e la disperazione. Che, a loro volta, compromettono la stabilità e la sicurezza. Fra le cose scandalose delle disuguaglianze sociali, c'è la povertà. Non vi e dubbio che la povertà vada considerata uno scandalo. Soprattutto oggi, tempo nel quale vi sarebbero i mezzi per sconfiggerla. Bisogna tuttavia dire che l'economia globale, oggi come oggi, produce nuova povertà. Così, di fronte a tali catastrofi che vagano per il pianeta, si deve innanzitutto dire che tutti sono coinvolti: nessuno può permettersi il lusso di essere semplice spettatore; e che bisogna tornare ad una visione etica, nella consapevolezza che il grave problema della povertà è non solo economico, ma anche filosofico e politico.
Vi sono diversi livelli di povertà: quella più evidente è di tipo materiale, ma vi sono anche povertà più profonde. Per tentare un approccio ragionevole, dobbiamo partire dal rispetto degli altri ascoltando i diversi da noi. Senza avere la pretesa di imporre i nostri modelli di ricchezza all'esterno. Scrivevo che la povertà è anche un problema politico, non solo economico. È tanto vero che ancora, a livello europeo, manca una seria riflessione sulla emigrazione. La quale spesso comporta la divisione della famiglia e il mancalo rispetto dei diritti umani. Un'emigrazione che va guardata e affrontala con occhio e spirito diverso da quello che vede gli emigranti come dei criminali. O dei lavoratori da sfruttare. 'Giustizia ed etica devono pertanto caratterizzare i dibattiti dei paesi ricchi sulla povertà. La quale - è indubitabile - è conseguenza di una certa mentalità.
È certo che il numero di persone al mondo in estrema povertà è diminuito. Merito dei progressi compiuti dalla Cina e dall'India. Sappiamo anche perché. L’esperienza di questi due Paesi evidenzia con chiarezza qual'è la strada più sicura da percorrere per eliminale la povertà: consentire ai cittadini di produrre; dotarli di strumenti sia dal punto di vista fisico che umano; dare loro l'opportunità di diventare persone che contribuiscono alla economia. Certo, si deve cambiare del tutto non solo l'approccio economico, ma l'impostazione della intera società. Perché vuol dire porre la persona al centro di ogni azione. E il benessere non è più sinonimo di condizione dignitosa di vita solo per qualcuno, ma per tutti; tanto che non si originino più evidenti mancanze di equità fra le persone. O gli Stati. Se non, addirittura, fra interi continenti. Per far ciò, perché la questione sia (finalmente) risolta, è necessario che la povertà trovi la sua strada. Perché se non la trova, il problema si fa davvero molto complicalo. Deve essere però una strada che si trova tutti assieme, in un àmbito di interdipendenza. Una strada che non può essere solo economica ma anche politica e diplomatica; una strada per la pace; e anche per i diritti umani. Perché la povertà e una cosa indegna dell'essere umano. Una tragedia contraria alla natura umana. Poiché i poveri sono vissuti come dei parassiti. E la povertà come fosse una malattia. Ma non lo e in quanto, proprio a differenza della malattia, è determinata dall'uomo stesso. Una regola che vale sia per la povertà tradizionale che per le nuove povertà. Che, nei paesi ricchi, è un fenomeno che occorrerebbe indagare con maggiore accuratezza. Ma se si vuole davvero affrontare il problema della povertà bisogna imboccare la strada dell'identità europea. Occidentale. Perché troppe volte tale identità si è espressa in termini egemonici.
Questo fatto non si può nascondere. E neppure dimenticare. È davvero importante se si vuole trovare una strada che sia lastricata di diritti e di pace, riflettere sulla identità. Che è sempre il prodotto di un divenire. Di una maturazione. Di tanti incontri con l'Altro da sé. Certo, una persona deve trovare se stessa. Così come deve conoscere se stessa. E lo può fare solo attraverso una strada. Un processo. Un cammino. Percorrendo il quale si incontrano tante altre persone. Pertanto l'uscita dalla povertà significa interdipendenza. Solidarietà internazionale. Variabili che si ottengono anche riconoscendosi reciprocamente fra culture diverse. Culture che non sono misurabili. Perché non c'è un giudice che le metta in gerarchia: prima questa, poi quella e così via. Insomma, non vi è una misura che decida i gradi di civiltà. Le quali sono sì incommensurabili ma tuttavia sono comparabili. Ed è questa la fatica che bisogna fare: relazionarle, vederne le differenze. Conoscersi l'uno con l'altro. È un lavoro fondamentale di conoscenza. Che tutti devono fare. Una strada che bisogna percorrere. Obbligatoriamente. Non vi è alternativa. Se non si va per tale strada il fallimento è sicuro. Naturalmente un mondo interdipendente non vuol dire diventare tutti uguali. Proprio perché le civiltà non sono misurabili, la diversità è ricchezza. La vita è diversità. E tali differenze esistono non per scomparire; ma per poter essere messe in comunione; perché discutano fra loro. Se non si ragionerà in questo modo, non si costruirà mai la pace. Né si darà mai vita al fondamentale discorso dei diritti umani. Meno che mai si creerà interdipendenza. Si faranno nascere invece le condizioni perché ci siano e si continuino infiniti, interminabili conflitti.

Ermanno Antonio Uccelli

“Homeless”

Mira!
Gli scarafaggi
di lamiera e vernice
e questo nastro di pece,
che separa i “sepolcri imbiancati”.
Dentro al buio,
mi aspettano
lenzuola di cartone ondulato
e bottiglie di vino cattivo,
scorciatoie di vetro
per ricordi lontani.
“Alto!”
“Fragile!
“Non capovolgere”
“Contiene fattura”.
Ero un essere umano.
“Maneggiare con cura”.


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