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Rotary Club Valtrompia - ''Nomina sunt consequentia rerum''
Conviviale all’insegna dell’allegra tradizione bresciana quella che ha visto il Rotary Club Valtrompia riunito giovedì 19 gennaio 2017 presso il ristorante “Al Falconiere”
Leggi l'articolo completo in forma testuale ( clicca qui )



Rotary Club Valtrompia - ''Nomina sunt consequentia rerum''
( VERSIONE TESTUALE )

Relatore della serata lo scrittore Gian Battista Muzzi, autore del libro “Un fulmineo guizzo”, l’anagrafe creativa dei soprannomi.
Altri graditi ospiti del Club sono stati il sindaco di Lumezzane Matteo Zani e l’assessore Stefano Gabanetti, oltre all’istrionico Jo’ Dallera, insinuatosi spesso nella divertente relazione dello scrittore.
Il presidente Marco Franceschetti, dopo aver presentato l’ospite, ha voluto esordire leggendo una poesia del signor Dallera dal titolo “cuscinetto”, nel quale il camaleontico personaggio descrive, con una serie di argute metafore, il significato simbolico di un cuscinetto a sfera, evidentemente a lungo studiato durante la sua attività di meccanico motociclistico. È stata poi la volta della relazione del prof. Muzzi.
Qual è l’origine di un soprannome, si è domandato l’autore dell’opera.
“Per far nascere un soprannome” ricorda lo scrittore “non sono necessari studi ed anni di istruzione: a queste operazioni mentali sono più adatti semplici contadini, lavandaie dall’occhio vispo e dalla lingua tagliente, carrettieri giramondo e bottegai adusi a frodare con la bilancia o beghine attente osservatrici dell’andamento della famiglia”.
Il soprannome nasce infatti da un nonnulla, dallo sguardo del tutto personale del coniatore, da un fulmineo guizzo (per l’appunto) dell’intelletto. È una subitanea illuminazione che, quando coglie nel segno, diventa un vero e proprio marchio, un secondo – se non primo – nome, indissolubilmente legato a colui che ne è l’ispirazione.
Il soprannome, pertanto, ha un parto solitario. Non è, come spesso si crede erroneamente, il risultato di un intervento collettivo. Il soprannome non si conia a tavolino tra amici, ma è la creazione di un singolo apprezzata e divulgata poi dall’intera comunità di riferimento.
Il relatore ha poi raccontato alcuni simpatici aneddoti relativi tanto alla nascita, quanto al significato di alcuni curiosi epiteti.
Il soprannome può trovare la propria origine, ad esempio, in un’abitudine di vita del soggetto.
E così abbiamo il signor “lecalapidi” (lecca lapidi) che si recava spesso al cimitero, accompagnando inconsolabili vedove. Non si sa se per cristiana devozione, ovvero nel malcelato tentativo di trarre dall’astinente inconsolabile vedovile dolore qualche scampolo di maschile diletto. Oppure possiamo ricordare un farmacista nomato “Piave”, vuoi per il suo patriottismo, vuoi per il suo ebbro amore per l’omonima grappa, della quale si narra facesse incetta nel quotidiano tour attraverso i bar del paese.
Altri soprannomi, invece, derivano dal lavoro svolto. Molteplici sono i “frér”, anche nella variante “ferér”, (fabbri) o i “caagnì” (cavagnini) in quanto fabbricanti di ceste. Ma non tutti i professionisti, si sa, sono sempre impeccabili. E così, a Pezzaze, abbiamo i “brü_a pà” (brucia pane), fornai che evidentemente non avevano un buon rapporto con il tempo che fugge.
Ampia rappresentanza hanno i soprannomi legati a difetti o peculiarità fisiche. “Nasù” (nasone) era il soprannome dato ad un soggetto dalle ampie narici e trasferito dopo la sua dipartita alla moglie la quale, pur vantando un grazioso nasino alla francese, divenne per osmosi “nasùna” (nasona). Ed, ancora, l’ancheggiante locandiera dai fianchi importanti divenne “gondola”, poiché destava lo stupore dei presenti per l’incedere ondivago che, sebben nefasto presagio di tracimazione del prezioso oro rosso dai calici, non ne implicava lo sversamento nemmeno di una goccia, con gran sollievo degli inquieti alticci avventori.
Ed al fulmineo guizzo creativo non potevano sfuggire certamente alcune peculiarità morali o caratteriali. Per cui una famiglia particolarmente amata in paese diventa i “gne-vorès” (ce ne vorrebbero), mentre il soggetto particolarmente arcigno diventa “busitì de veleno” (boccetta di veleno), se non “veleno” direttamente. Da non confondere con l’incolpevole signor “veleno” di Castel Mella, così soprannominato per aver bevuto in tenera età la candeggina.
Per concludere, i soprannomi di derivazione storica. Così troviamo, per indicare le persone particolarmente risolute, l’appellativo “Duce” o “Führer”. Ma, accanto a questi granitici epiteti, abbiamo anche, in modo più scanzonato, il soprannome “Celentano”, evidentemente per le doti canore del suo portatore.
In conclusione, il relatore ha riscontrato che in ogni paese della nostra provincia – ma il fenomeno è riferibile all’intero territorio italiano – accanto ad un’anagrafe tradizionale e burocratizzata ve n’è un'altra creativa, informale, confidenziale.
Un’anagrafe non fatta di carte bollate, ma di tradizione orale, conservata nei files non già di un computer, ma della memoria collettiva.
Il soprannome diventa così un modo per accorciare le distanze, per schernire, ma anche per identificare univocamente un personaggio nell’àmbito di una realtà, quella del paese, dove spesso si verificano casi di omonimia.
Il prof. Muzzi ci ha poi voluto omaggiare di un nutrito elenco di soprannomi della Valtrompia che trovate allegato al presente notiziario.
Dopo aver destato l’interesse e la simpatica partecipazione dei presenti, il tocco della campana ha segnato il termine della divertente serata.

Il segretario del R.C. Valtrompia
Tratto dal notiziario del Rotary
N. 17 del 19 Gennaio 2017


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