A quattro zampe ( VERSIONE TESTUALE )Ermanno Uccelli, psicologo e scrittore, dopo aver abbandonato la città di Ferrara, si era isolato in un paese disabitato dalle parti di Cividale del Friuli.
Sette, otto, dieci case, abitate solo da fantasmi. Quasi quotidianamente in solitudine, senza radio, senza televisione, senza internet, con un cellulare con cui non si riesce a dialogare, mantiene un equilibrio mentale che ha del prodigioso. Un saggio pellerossa diceva che quando un uomo si allontana dalla natura perde se stesso. Ermanno, in quel luogo solitario si è spiritualmente arricchito. Mi ha commosso l’episodio della volpe che grattava alla sua porta, commosso ma non stupito. Ho passato molti dei miei anni fortunatamente a contatto con le montagne, i boschi, i fiumi, e con gli animali che li abitano. Il mio primo incontro con una volpe avvenne all’incirca quando avevo nove anni. Io “el topi” e “el Sergio Canel”, un giorno d’estate del 1959, dopo aver passato il pomeriggio a starnazzare nel fiume Mella, decidemmo, aspettato il crepuscolo, di andare a rubare delle pesche. Quelle del “Caino”. Perché quelle del “Caino” nel paese di Noboli, distante un paio di chilometri e non quelle più vicine? Perché rubare in quel pescheto era una cosa da guerrieri Sioux. Sapevamo di rischiare un paio di schioppettate di cartucce caricate a sale grosso e, che il “Caino” era sempre in agguato. Scendemmo dalla “Bosca” che era la nostra isola della Tortuga, in mutande e canottiera, attenti a sentire con i piedi i vari pericoli del letto del fiume: barattoli di latta, fondi di bottiglia, rottami di ferro. Nonostante quello che i più possono pensare, il Mella era più pericoloso allora di oggi. Giunti a duecento metri dalle agognate e vellutate prede, uno strano riverbero distrasse il nostro avvicinamento. Due piccoli smeraldi brillavano nel buio di un cascame di salici. Erano i canini di una volpe che galleggiava imprigionata tra i rami. Una volpe probabilmente vittima di un’esca avvelenata. Memore del rischio di chiappe accarezzate dal sale, dissi ai miei due complici: “Cattivo presagio!, Dobbiamo cambiare obiettivo”. E ce ne tornammo delusi e infreddoliti a consolarci rubando fragole dietro la canonica di Zanano.
P.S. Di volpi a quattro zampe nella mia non breve vita, ne ho viste solo cinque, più due cuccioli. Due morte, le altre vive. Molto più numerose ne ho incontrato a due zampe: tra i politici,in banca, in posta, negli uffici comunali, a scuola, sul lavoro, leggendo giornali, e perfino tra gli amici. Ed è a loro che dedico la poesia di Stefano Benni che segue, a queste volpi a due zampe, che in ossequio al Potere non esitano a mettersi a quattro, e che invece di mordere, leccano.
Jo Dallera
I COMPLICI
Dolce è la vita dei complici,
adulano, adorano, difendono
il loro tiranno giorno dopo giorno.
Accettano ogni ingiusto privilegio
e chiedono di più.
Camminano imitando la sua andatura,
gli prestano il pugnale
e ripuliscono con cura
il sangue dal pavimento.
Dolce è la vita dei complici
e quando gira il vento
cantano con nuovi strumenti
la novità del cambiamento.
No, noi non c’eravamo,
se c’eravamo fu un puro caso.
Chiudiamo questa brutta pagina,
il passato è un libro chiuso,
fu solo una brutta commedia
scritta da un autore confuso.
Dolce è la vita dei complici
che dopo una tinta e una doccia
Il nuovo padrone circondano.
Di gomma hanno il culo e la faccia
ad ogni suo scherzo ridono
rapidamente mimetici.
Dolce è la vita dei complici
anche se è metà vita.
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