Ricordando il ''Che'' ( VERSIONE TESTUALE )Conoscendo le sue vicende è difficile non condividere quello che Sartre ha scritto. Il “Che” non era solo un rivoluzionario che lottava contro la fame nel mondo, contro il potere economico che schiaccia e uccide, contro la rapina di colui che possiede già tanto, e ancor più pretende di avere da chi non ha. Il “Che” per la storia, nasce nel 1928 a Rosario, in Argentina. Si laurea in Medicina a Buenos Aires, quindi viaggia per tutto il Sudamerica. Nel 1956 conosce Fidel Castro e prende parte alla guerriglia contro il dittatore cubano Fulgencio Batista. Dopo la conclusione vittoriosa della rivoluzione cubana, ricopre diversi incarichi di responsabilità nella costruzione del socialismo a Cuba, finché non matura la scelta di dedicarsi completamente alla lotta di liberazione degli altri popoli sudamericani. Nel 1967 muore assassinato da agenti del regime boliviano coadiuvati da agenti della Cia dopo la battaglia di Quebrada del Yuro. Nel suo zaino, che conservava gelosamente e che non abbandonava mai, accanto a diari che contenevano osservazioni su Marx, Engels, sul socialismo reale, scritti nei quali credeva possibile rintracciare le coordinate del riscatto degli umili e degli offesi dalla vita, dalla dura, implacabile prevaricazione dell’uomo sull’uomo. Assieme a questi appunti il “Che” conservava alcune poesie. Non molte per la verità, ma non è mai la quantità a sottolineare la qualità. Sulla vita del “Che” sono state scritte migliaia di pagine che ognuno di voi può consultare on line, io vorrei farvi conoscere il “Che” poeta. A questo proposito ho scelto una poesia tra le più significative che da il senso dell’ amore per l’umanità che albergava nel suo cuore. La poesia ha per titolo: VECCHIA MARIA.
Vecchia Maria, tu vai a morire,
voglio parlarti seriamente:
La tua vita è stata un rosario completo di agonie,
non un uomo amato, né salute, né denaro,
appena la fame da spartire;
voglio parlare della tua speranza,
delle tre diverse speranze
che fabbricò tua figlia senza saper come.
Prendi questa mano d’uomo che pare di bambino
nelle tue sfregate dal sapone giallo.
Strofina i tuoi calli duri e le nocche pure
nella morbida vergogna delle mie mani di medico.
Ascolta, nonna proletaria:
credi nell’uomo che arriva,
credi nel futuro che non vedrai mai.
Non pregare il dio inclemente
che per tutta la vita deluse la tua speranza.
Non chiedere clemenza alla morte
per veder crescere le tue grigie carezze,
i cieli sono sordi e in te comanda il buio;
soprattutto avrai una rossa vendetta,
lo giuro per l’esatta dimensione dei miei ideali:
i tuoi nipoti tutti vivranno l’aurora,
muori in pace, vecchia combattente.
Vai a morire, vecchia Maria;
trenta progetti di sudario
diranno addio con lo sguardo,
il giorno, tra questi, in cui te ne andrai.
Vai a morire, vecchia Maria,
rimarranno mute le pareti della sala
quando la morte si congiungerà con l’asma
e copuleranno il loro amore nella tua gola.
Quelle tre carezze costruite in bronzo
(l’unica luce che allevia la tua notte),
quei tre nipoti vestiti di fame,
rimpiangeranno i nodi delle vecchie dita
dove sempre trovavano un sorriso.
E sarà tutto, vecchia Maria.
La tua vita è stata un rosario di magre agonie,
non un uomo amato, né salute, letizia,
appena la fame da spartire,
la tua vita è stata triste, vecchia Maria.
Quando l’annuncio del riposo eterno
Intorbidirà il dolore delle tue pupille,
quando le tue mani di perpetua sguattera
assorbono l’ultima ingenua carezza,
pensi a loro… e piangi,
povera, vecchia Maria.
No, non farlo!
Non pregare il dio indolente
che per tutta la vita deluse la tua speranza
e non chiedere clemenza alla morte,
la tua vita è stata orribilmente vestita di fame,
e finisce vestita d’asma.
Ma voglio annunciarti,
con la voce bassa e virile delle speranze,
la più rossa e virile delle vendette,
voglio giurarlo per l’esatta
dimensione dei miei ideali.
Prendi questa mano d’uomo che pare di bambino
nelle tue sfregate dal sapone giallo,
strofina i calli duri e le nocche pure
nella morbida vergogna delle mie mani di medico.
Riposa in pace, vecchia Maria,
riposa in pace, vecchia combattente,
i tuoi nipoti tutti vivranno l’aurora,
LO GIURO.
Vi lascio con le parole di don Pronzato, tratte da “Vangeli scomodi”: … penso che la vera civiltà debba ancora cominciare, a dispetto, degli aerei supersonici, dei satelliti artificiali a zonzo per il cielo, e di tutti gli altri miracoli del “progresso”. La prima pagina della storia della civiltà, dovrà contenere questa banale notizia: “Sulla terra c’è un pezzo di pane per tutti gli uomini”.
|