Resistenza perché? ( VERSIONE TESTUALE )(continua da pagina 1)
La Resistenza è servita a scongiurare tutto questo, e se è pur vero che di fatto noi siamo una colonia americana, stante le 138, una più una meno, basi statunitensi che ospitiamo da anni sul nostro territorio. È triste che sia un vile meccanico a raccontarvi tutto questo. Questo vile meccanico vuole raccontarvi d’altro, di uno dei tasselli fondamentali della Resistenza, le staffette partigiane.
Chi e cosa erano le “staffette partigiane”? Le staffette, erano ragazzi e ragazze, di un’età compresa tra i quattordici e i diciotto anni. Ragazzi insospettabili, che hanno rivestito un ruolo di primaria importanza nella lotta partigiana della provincia di Brescia.
Alcuni di loro sono sopravvissuti, altri sono stati fucilati, altri ancora deportati nei campi di concentramento. Alcuni morirono là, pochissimi di quelli che tornarono a casa riuscirono a passare l’anno. Le staffette svolgevano i compiti più disparati: trasportare le armi, recapitare messaggi, spiare le mosse del nemico e, cosa considerata vitale, rifornire dei pochi viveri che riuscivano a racimolare (per la buona volontà della maggior parte della popolazione) le postazioni partigiane, spesso arroccate in posizioni strategiche, militarmente parlando, ma estremamente faticose da raggiungere. Quando poi questo avveniva di notte (per ovvie ragioni di sicurezza), alla fatica fisica si aggiungeva il terrore inconscio e atavico che ogni essere umano, grande o piccolo, prova quando si trova solo al buio, in un ambiente che sta diventando sempre più alieno. La poesia che segue è dedicata a loro e al loro eroismo disarmato. Io sono orgoglioso di poterne prolungare il ricordo.
STAFFETTA
Ginocchia sotto il mento,
lo zaino pesante come un rimorso,
nelle notti senza luna,
fra macchie di sambuco
e siepi di nocciolo,
lungo il Golgota pietroso
che portava al rifugio partigiano.
Buio e rumori,
paure senza confini
mi strozzavano il respiro.
Ma la gioia, oh padre, la gioia,
di quelle otto paia d’occhi,
infisse come lame
nell’Eldorado di una polenta fredda,
oh padre, come posso dimenticarla?
Nel silenzio del luogo,
dove pallottole nere mi scagliarono,
ancora ne conservo il ricordo.
Il disegno qui a fianco è presente nell’antologia “… della Resistenza”, ed è opera dell’artista Leo Campanelli, un amico troppo presto andato in Paradiso. Lo vorrei salutare con un verso contenuto nell’antologia : “Arrivederci amico, per altre resistenze, sotto altri cieli”. Vi lascio con uno citazione irriverente di Corrado Guzzanti, irriverente ma purtroppo non così illogica come potrebbe apparire ad una lettura superficiale. “La dittatura è un sistema per opprimere il popolo. La democrazia è un sistema per costringere il popolo ad opprimersi da solo.”
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