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 Edizione del 15/10/2018
 
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Un poeta, Marziale.
Recita lo zingarelli: “marziale, pieno di decisa fierezza”. Deciso e fiero il poeta Marziale lo era sicuramente, ma anche caustico, ferocemente satirico, sincero all’inverosimile, solforico, insofferente all’ipocrisia, eppure a volte curiosamente parassitario
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Un poeta, Marziale.
( VERSIONE TESTUALE )

Mario Valerio Marziale diede l’addio alla sua patria natia, la Spagna per cercare fortuna in quella che era considerata la capitale del mondo, la Roma dei Cesari. La sua lingua tagliente, il suo eloquio forbito, i suoi epigrammi, gli consentirono per parecchio tempo di vivere da scroccone all’ombra di uomini potenti. Ma oltre ad alcuni riconoscimenti, solo onorifici, non gli riuscì mai di consolidare una posizione agiata. Furbescamente nei suoi componimenti evitò di usare i veri nomi delle persone che voleva sbeffeggiare o deridere, raccogliendo pettegolezzi e maldicenze e trasformandoli con maestria in scritti che il popolo mandava a memoria diffondendoli come fosse un epidemia. Marco Valerio Marziale è stato giudicato da alcuni critici moderni, come poeta superficiale, supponente e ripetitivo. Io non amo particolarmente i critici, perché sovente, alcuni di loro giudicano senza mai essersi messi alla prova nella stesura di un qualsivoglia scritto. Marziale soffre di falsa modestia, ma anche di autocoscienza. Si rende conto della superficialità di parecchi dei suoi epigrammi al punto che rivolgendosi ad un amico, così scrive: “ce sono di buoni e di passabili, ma i più degli epigrammi che tu leggi sono cattivi Avito. Un libro non lo si fa che così”. Cosciente di non tagliare e pulire troppo i suoi versi, Marziale anticipa in un certo senso le problematiche di oggi, il comportamento dell’uomo, della donna, della società, del potere, si ripetono da migliaia di anni. L’evoluzione scientifica non è stata seguita purtroppo dall’evoluzione degli umani. Marziale nacque a Bilbili, l’odierna Calatayiud, lungo la strada Mérida-Saragozza, intorno al 40 dopo Cristo. I suoi genitori erano di condizione probabilmente agiata, ciò permise al poeta di compiere regolari studi di retorica e di grammatica e di condurre un’infanzia decisamente piacevole. Delle poesie vergate in gioventù, purtroppo nulla è rimasto. Lasciò la famiglia e la patria per recarsi a Roma nel 64 dopo Cristo, sicuramente per cercare fortuna e vivere più intensamente. Sicuramente si appoggiò al circolo degli iberici di cui Seneca era il rappresentante più autorevole. Contrariamente ai suoi “desiderata”, Marziale condusse una vita travagliata, anche se non miserabile. Per quanto povero, Marziale aveva di che vivere discretamente. Poeta puro, insofferente ad ogni tipo di lavoro fisico, Marziale a volte spargeva lamentele, per questuare prestiti, cene, abbigliamento elegante. Un atteggiamento discretamente ipocrita da parte di chi nell’84 ricevette in dono una piccola fattoria a Mentana, e che nel 94 diventa proprietario di una casa personale sul Quirinale. In seguito ebbe schiavi, muli e perfino un segretario. Sinceramente non so quanti abitanti di Roma godessero di tali privilegi. Nel 98 inspiegabilmente abbandona Roma, pentendosene poi amaramente, per tornare in Spagna, aiutato da Plinio il giovane, che pare gli abbia sovvenzionato il viaggio. L’autore di 14 libri di epigrammi, il poeta più amato dal pubblico romano, arrivò in patria da indigente. Dei sesterzi ricavati dalla vendita della fattoria e dell’appartamento nulla si sa. Forse servirono a ripianare debiti. Fortunatamente per lui, una ricca vedova di Bilbili, tale Marcella, gli concesse una proprietà e provvide ai suoi bisogni fino alla morte avvenuta nel 104. Le cause della dipartita ci sono finora sconosciute. Quello che si sa, e che a Roma tale morte non ebbe molta eco. Uno dei poeti più prolifici e divertenti, già era stato dimenticato. Io non lo dimentico. Vi lascio con alcuni suoi componimenti. Buon divertimento.
“Il passatista”
Tu non ammiri che i poeti antichi
e non lodi che i morti.
Chiedo scusa, Vacerra, ma non vale
la pena di morire per piacerti.
“Vino di piombo”
Bevi coppe di vino prelibato
colore d’ametista, e prima t’eri scolato
un altro vino anche più vecchio.
A me fai bere del vinello nuovo
della Sabina, Cotta, e mi domandi
se voglio berlo in una coppa d’oro.
Coppa d’oro per un vino di piombo?
“So il perché”
Anche quando non ti ero amico intimo,
Sesto, m’avevi sempre convitato
per il tuo compleanno. Adesso cosa
è successo mi chiedo, tutto ad un tratto,
dopo essersi scambiati tanti pegni,
dopo tanti anni, perché ti scordassi
di un vecchio amico come sono io?
Ma so il perché. Da me non hai avuto
una libbra d’argento raffinato di Spagna,
né una toga ben tessuta,
né un mantellone. Che ospitalità
può esserci nella speculazione?
Sesto, inviti i regali, non gli amici.
“Il giusto mezzo”
Vuoi sapere che tipo di ragazza
mi piace Flacco? Una non troppo facile
e neanche troppo difficile, il giusto mezzo
tra questo e quello. Non desidero
una lunga tortura ma nemmeno
la sazietà immediata.


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