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domenica 24 novembre 2024 | 15:17
 Edizione del 17/12/2018
 
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Lettera a Gesù Bambino 2018
Ola, cioccolatino al latte, que pasa lì ai piani alti? Calma piatta, bonaccia, non un alito di vento, noia mortale,” el cuervo” che fortunatamente non sfonda col suo desiderio di proselitismo per detronizzare tuo padre
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Lettera a Gesù Bambino 2018
( VERSIONE TESTUALE )

Mi ha raccontato un mio ex compagno di scuola che il suo angelo custode gli ha detto che il “cuervo” vuole alla mensa celeste, i piatti e le posate personalizzate con le sue iniziali in oro, e che l’arcangelo addetto alla cucina, pur di tenerlo buono ha soddisfatto i suoi desiderata. Povero Julius K, non si è reso conto, che il vecchio Prevert vigilava da buon anarchico sulle sue richieste, e la personalizzazione delle sue stoviglie gli ha dato l’opportunità di spalmarle con un olio a base di habanero, uno dei peperoncini più feroci. C’è un gruppo di angeli zuzzurelloni che tutte le volte che Julus si reca alla latrina celeste, si nasconde dietro una nuvola artificiale e si gode gli spasmi del l’intestino rettale del “codello” cui si allungano e arrossiscono le orecchie e che piange lacrime rosa e bollenti. Mi ha raccontato il mio amico, che il suo angelo custode gli ha riferito che il gobbo si aggira con sguardo assassino in cerca di un indizio sul probabile colpevole. Qualche sospetto ce l’ha, ha visto che certi angeli, quando lui si aggira tra loro, si toccano le parti basse, un gesto virtuale direi. Il vecchio Jacques, che sa benissimo di essere il primo sospettato, si tiene alla larga. Passa quasi tutto il suo tempo a scrivere poesie e a condividerle con San Giuseppe, che è ancora sulla nuvola di punizione per aver cercato di strangolare l’arcangelo Gabriele. Il gruppo di angeli che spia il “cuervo” si è specializzato in telepatia, di nascosto dal Dio supremo, tuo padre, e mandano immagini della vittima nel cervello dei due, i quali si scompisciano dalle risate e si danno di gomito come due vecchi amici. Gli angeli dovrebbero essere incorruttibili, ma il vecchio Jacques ha trovato un escamotage per circuire l’addetto alle cucine celesti ed a avere se non le chiavi della stessa almeno una finestra aperta. Dove abbia trovato, o come si sia procurato il peperoncino, non ci è dato sapere. Anche nelle carceri di massima sicurezza viene veicolata droga, vengono date indicazioni ai mafiosi esterni, ed altre cose che è meglio non menzionare. Fatto sta, che dopo la promessa di una poesia inedita di Bertolt Brecht dal titolo “Sulla seduzione di un angelo”, l’addetto alle cucine ha capitolato. Gli angeli sono asessuati, ma qualche sogno pruriginoso probabilmente li abita. Scusami bambino che amo, sto divagando come al solito. Tra poco è Natale, per noi sarà un giorno pressoché normale, per altri il festival dell’ipocrisia, della messa di mezzanotte, del buonismo peloso. È così tutti gli anni, sorvoliamo, anche perché voglio raccontarti una storia che probabilmente ha a che fare col tuo papà.
Devi sapere, che ieri, anche se eravamo alla metà di dicembre, c’era un sole veramente caldo, e una temperatura mite. Io e il falso nonno abbiamo acceso il fuoco all’esterno della nostra baita, per preparare le braci per cuocervi un paio o tre di salamine. Nonostante la stagione avanzata abbiamo raccolto una discreta quantità di funghi mangerecci: “surle” (boletus rufus) e chiodini di robinia e di betulla. Ho inforcato la mia bici triciclo e li ho portati al macellaio in paese, il quale in cambio ci ha gratificato di una collana di salsicce e di una ventina di “strusitì”, salamelle stagionate che ci allieteranno durante l’inverno. Mentre le salamine sfrigolavano, e il nonno mi stava raccontando della sua infanzia passata in un “ruc”, improvvisamente abbiamo sentito un boato ed è apparso in una nuvola di fumo un individuo che pareva il gemello biondo del dottor Spock, uno dei personaggi della serie di Star Trek. Stesse orecchie a punta, stesso sguardo indagatore. Il nonno è corso in casa a prendere il “sedici”, ma l’essere con parvenze umane ha alzato ambedue le braccia, e da una scatola metallica rettangolare appesa al collo, è uscita una voce metallica nella nostra lingua, che diceva che si scusava per l’intrusione, ma che veniva in pace e che non sapeva dove si trovasse, ne in che anno. Il nonno ha abbassato il fucile, d'altronde era scarico, ho chiamato mio padre, che ha finto indifferenza, e abbiamo invitato lo straniero al nostro desco. Da noi l’ospitalità è sacra nei confronti di chiunque, ed eravamo curiosi di scoprire da dove lui venisse e perché. Dopo aver ingurgitato intera una salamina bollente, due fette di polenta abbrustolita, ingoiato d’un fiato mezzo fiasco di vino, e ruttato come un porco in amore, si è sentito in dovere di raccontarci la sua avventura. Te la scrivo come la ricordo: “Mi chiamo Treiax, sono un ingegnere galattico, un costruttore di pianeti. Il fatto che oggi siamo nel 2018 mi dice che ho attraversato un corridoio temporale di 5 miliardi di anni, e sono stanco morto. Cercavo di fare il mio lavoro coscienziosamente, ma non sempre mi è stato possibile. Le pressioni di dei intergalattici, miei datori di lavoro, il contenimento dei costi, le spese per la pubblicità sempre più cospicue, il magazzino, pieno di soli, di lune, di satelliti, di mari, di oceani, di piante, di animali, un caos inenarrabile. Un bel giorno, arriva questo tizio, aria seriosa, aspetto dignitoso, barba bianca, voce tonante, che dice di sentirsi solo, e che vuole un pianeta dove mettere degli esseri a lui somiglianti. Idee precise, sesterzi pochi, pretese tante. Mi mette in mano un paio di pergamene con delle mappe. Ok, dico io, ci vediamo tra un anno marziano, conti su di me. Dopo un lasso di tempo congruo, si presenta per prendere possesso del manufatto. E lì cominciano le contestazioni. Devo confessare che ero in difficoltà economiche, e che avevo dovuto tagliare i costi, un po’ qui e un po’ là. Avevo comperato da Ourie il robivecchio galattico, un paio di deserti, montagne ricostruite, e una quantità di fiumi e di oceani come riempitivo.” Quelle che seguono sono probabilmente le parole di tuo padre. “Il pianeta è fatto per tre quarti d’acqua, mentre io avevo specificato che doveva essere di una parte d’acqua per ogni quattro parti di terra, e quel poco di terra che mi avete dato, lo avete riempito di deserti, di pietraie, di giungle e di montagne!” “è scenografico. Risposi io”. “E chi vi ha chiesto di fare della scenografia! Il vecchio mi aveva messo con le spalle al muro, ma non tutto era perduto.”è il determinismo, dissi. Tutto quello che è, deve essere. Per cominciare, la forma segue la funzione; di conseguenza, il vostro pianeta è esattamente come dovrebbe essere, per il fatto semplicissimo di esistere.” Prima di andarsene, il vecchio scosse la testa, e si rifiutò di stringermi la mano, guardandomi con aria disgustata , e fissandomi dritto negli occhi disse:”Non pensare che le cose finiscano qui.” Probabilmente il mio essere qui, scagliato a 5 miliardi di anni da casa, è stato il suo modo di farmela pagare.
Vi ringrazio, vi saluto, arrivederci terrestri, auguratemi buona fortuna, ne ho bisogno. Ambetre eravamo ammutoliti. O è un pazzo, disse mio padre, o è meglio non parlare con nessuno di questa storia che già appariamo piuttosto strani alla gente comune. Magari questa storia te la può raccontare per intero il tuo papà. Fammi sapere che siamo tutti curiosi di conoscere la sua versione. Ciao mio piccolo amico.
Vi lascio augurandovi buon Natale con una meditazione di Albert Camus
“Non camminare davanti a me,
potrei non seguirti.
Non camminare dietro di me,
potrei non esserti di guida.
Cammina al mio fianco,
dammi la mano, e chiamami fratello.


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