RICORDO DI DON FAPPANI ( VERSIONE TESTUALE ) L’avevano convinto a farsi curare il fratello Mario e la Sorella Lucia. Non ci fossero state le loro affettuose insistenze l’anziano studioso non avrebbe lasciato via Tosio e lo studiolo al secondo piano che per decenni ha ospitato la redazione de La voce del Popolo da lui diretta dal dicembre 1961 al settembre 1982. Di beni non ne possedeva. Sua unica entrata, la congrua mensile. Null’altro. Mai ebbe a chiedere compensi per le mille gentilezze usate ai tanti che gli chiedevano prefazioni, commenti a uno studio, suggerimenti per una ricerca, la lettura di un manoscritto. Unico suo tesoro i suoi libri e gli scritti rimasti inediti. Fra quelli nel suo studio, in cantina e in casa e sommando le centinaia di volumi da decenni in Civiltà Bresciana si calcola che i volumi siano circa 7 mila, compresa la collana dell'Enclopedia Bresciana, 22 volumi ora anche in Internet.
La gran quantità di sue pubblicazioni passa ora alla Diocesi. L'ha scritto nel suo testamento: «Lascio i miei libri e le mie carte alla Diocesi di Brescia che li devolverà alla fondazione Civiltà Bresciana finché sarà in vita e lascio tutti i miei beni alla mia sorella Lucia. In fede don Antonio Fappani». Questo il testamento olografo «su foglio bianco scritto apparentemente da una sola mano con inchiostro di color azzurrino». Sono le volontà di Monsignore, sacerdote dalla grande modestia che amava glissare sul titolo che gli spettava. Preferiva essere per tutti il don, come ogni parroco. Anzi! In vena di facezie preferiva, più che monsignore, esser chiamato “musignù”, ovvero il moccione piagnucolante, secondo il nostro dialetto. (r.)
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