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 Nr.20 del 24/09/2007
 
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UN PRODOTTO PREZIOSO. DA NON SCIUPARE



   Gli impianti di filtrazione, a carboni attivi, a Pontelagoscuro


Parliamo dell'acqua del rubinetto. Rispetto alla quale due cose sono vere. La prima. Negli anni Sessanta e Settanta del secolo passato c'era, verso l'acqua pubblica, una scarsa fiducia. Che peraltro era motivata. Poi però la Comunità europea ha emanato regole sempre più rigorose che le leggi italiane hanno fatte proprie. I successivi controlli hanno mostrato come le cose siano andate evolvendosi in senso positivo.
La seconda. In contemporanea con questa evolutiva situazione dell'acqua del rubinetto, c'è stato un fortissimo investimento pubblicitario che ha sostenuto il settore delle acque minerali da una parte, e quello dei filtri e depuratori domestici dall'altra. Così, i cambiamenti avvenuti nell'àmbito dell'acqua dei rubinetti, non sono stati raccolti e fatti propri dalla comunità. L'errore è stato fatto dalle ex municipalizzate, non c'è dubbio. Esse hanno compiuto sì un buon lavoro che però non solo non hanno dichiarato alla popolazione, ma neppure sostenuto con sufficiente decisione. C'è, in più, la variabile cloro. È l'elemento critico. A volte qualcuno esagera. Non importa se si resta nei limiti della legge: l'acqua perde piacevolezza. Al palato si sente come una nota stonata. Qualcosa che non funziona.
Oggi, i migliori sistemi di purificazione hanno fatto sì che la quantità di cloro si sia abbassata in modo sensibile. E questo consente di dire che il sistema pubblico è riuscito a correre ai ripari e ha rimediato ad errori, anche gravi, commessi in passato. È riuscito a tenere il passo di una Europa che corre verso la qualità e la competizione sulla difesa dell'ambiente. L'ha fatto fornendo un prodotto più che dignitoso. Adesso si tratta di usare le migliori strategie di marketing per convincere il pubblico. E conquistarne la fiducia. Affinché apra il rubinetto e ne consumi il liquido elemento. Come succede a Ferrara. Dove viene trattata l'acqua del Po. Che, nei suoi pericolosi gorghi, mescola un nutrito numero di colori: giallo e viola, marrone e blu scuro e quel bianco sporco-detersivo che è corredato da vaporose schiume di tutte le forme e le grandezze.


Sì, se uno si ferma a guardare l'acqua del maggiore fiume italiano che passa a Pontelagoscuro, nel suo ultimo balzo verso il mare, inorridisce. Perché, a vederla, essa è davvero orribile. Raccoglie, con le acque dei suoi 141 affluenti, tutti i rifiuti del Piemonte e della Lombardia. Acque che sono stagnanti, putrefatte, e con tali e tanti residui chimici da suscitare ribrezzo, qui a Pontelagoscuro subiscono il miracolo. In cinque giorni di trattamento, diventano potabilissime. La cosa è tanto incredibile – ma vera – che vale davvero la pena vedere come vengono applicate le più moderne tecniche di potabilizzazione.

L'acquedotto di Pontelagoscuro fu costruito nel 1930. Il depuratore delle acque era semplicissimo: una cascatella di tre metri per ossigenare l'acqua che poi passava in un vascone (come un grande secchio), al fondo del quale c'erano due metri di sabbia. Era questo il filtro, in quegli anni.
Venti anni dopo arriva, nell'acquedotto, la chimica. Nell'acqua del Po si mette un additivo atto a favorire un processo chimico detto "coagulazione", per il quale particelle di piccole dimensioni si aggregano e dànno precipitati di dimensione maggiore che si depositano più facilmente sul fondo. Nell'acqua c'è di tutto: piombo e rame, mercurio e càdmio. In più, durante l'autunno, arrivano anche gli acidi grassi. Sono il portato degli scarti di lavorazione degli zuccherifici. Acque che dovrebbero decantare in grandi vasche ma che, ogni tanto, finiscono nel Po. Così come vi finiscono le acque nere di Milano, che non ha (ancora) un depuratore. Cosicché il Grande Fiume è tra i più inquinati d'Italia. E Ferrara – ben strano destino – si deve bere le sue acque. Sì perché, da sempre, per questa città il problema dell'acqua ha avuto una particolare rilevanza: si è sempre dovuta rivolgere ad altre zone per procurarsela. Questo finché le tecniche di depurazione non consentirono il suo prelevamento dal fiume Po. Nel 1930.
Fino a 15 anni fa, si usavano i sali di alluminio. L'acqua veniva depurata in circa quattro ore. Poi, nel 1993, venne "inventato" l'impianto ad accumulo dinamico. Sono vasche lunghe tre chilometri. L'acqua vi entra. Poiché "cammina" molto lentamente, deposita sabbia e fanghi. Le vasche contengono 250 milioni di litri di acqua. Che costituisce una grande riserva nel caso delle piene del fiume, perché la sua acqua è così fangosa che risulta inutilizzabile. Ma sono anche assai utili qualora il fiume risulti pesantemente avvelenato. Càpita, anche se non molto spesso. Una riserva di acqua greggia che permette un rifornimento di Ferrara e dei suoi comuni, per quattro giorni. Ogni abitante ha a disposizione circa 200 litri al giorno.
Oggi la depurazione è più biologica che chimica. Per tale motivo i tempi di purificazione delle acque sono saliti a cinque giorni. Con una guerra totale all'inquinamento microbiologico: coliformi e streptococchi fecali. Perché un'acqua inquinata in tale modo, potrebbe portare anche dei virus.
Nell'ultima fase della depurazione si usano ozono e carbone attivo. Poi l'acqua viene clorata. Un processo indispensabile per evitare un inquinamento nelle condotte. Perché più del 30 per cento dell'acqua ri-pulita, mentre viaggia verso le case, viene persa e pertanto c'è il pericolo di infiltrazioni. Se la si mettesse in bottiglia, l'acqua del Po è talmente pura che non avrebbe neppure bisogno di cloro e sarebbe pertanto molto più buona.
In un angolo del grande acquedotto, un immenso mucchio di fango. È quello che viene tolto dall'acqua nelle diverse fasi di depurazione. Sono fanghi pieni di metalli. Considerati rifiuti speciali, essi verranno portati all'inceneritore.

L'acqua è, da sempre, un fattore essenziale per la vita dell'uomo sulla Terra. Questo ci fa comprendere quanto sia importante usarla in modo corretto. Non inquinarla. Non sprecarla. Conservarla con le sue caratteristiche intrinseche.
Oggi l'acquedotto di Pontelagoscuro, rifornisce di acqua 250 mila abitanti. Essi sono residenti nella città e negli undici comuni della provincia. L'acqua, una volta utilizzata, finisce nelle fognature. Da queste, agli impianti di depurazione che la rimandano ai fiumi, dopo averla purificata da tutte le sostanze nocive accumulate.
A Ferrara hanno capito che l'acqua è un bene prezioso. Che va risparmiato. Correggendo certe abitudini personali che sono fonte di spreco anche consistente. Una città nella quale la coscienza ambientale è entrata nella testa di tutti i cittadini. Che hanno compreso che così come la storia ci consegna la bellezza (della città), la Natura ci dona l'acqua. Valori che è compito dei cittadini preservare. Non è sempre così. A Ferrara la mano dell'uomo fa di tutto per costruire, preservare e valorizzare i beni che sono di tutti. A Ferrara ci sono riusciti: è come una finestra aperta sul mondo.
Ad ogni modo, e per farla breve, con un più attento e oculato comportamento si tratta di non rinunciare a nulla, ma di capire, quando si apre il rubinetto, che l'acqua non è un regalo, ma un bene prezioso. Di tutti. Che va usato nella maniera giusta: senza sprechi.

Ermanno Antonio Uccelli


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