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 Nr.25 del 12/11/2007
 
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IL PANE, NOBILE COMPAGNO DELLE NOSTRE TAVOLE



  


È certo l'alimento più comune, quello primario. L'alimento per eccellenza. Le cui materie, per confezionarlo, sono la farina di frumento tenero, acqua con basso indice di durezza, lievito e cloruro sodico o sale da cucina. Oggi è molto difficile trovare sul mercato un buon pane. Dotato di regolari alveoli interni. Leggero. Croccante e facilmente masticabile. Soprattutto con buona solubilità nell'apparato boccale.
Purtroppo capita spesso di mangiare pane che sembra chewing gum. Non è completamente cotto, per pesare di più. Spesso proviene da miscele di impasti contenenti farine di soia, di risina e altro, aggiunte per tagliare e abbassare il costo delle materie prime di base. Insomma, trovare un buon pane oggi è un po' come individuare un ago in un pagliaio.
Nove italiani su dieci lo mangiano tutti i giorni. E sette su dieci preferiscono acquistarlo nei panifici artigianali piuttosto che al supermercato o in negozi di alimentari.
Grazie all'amido il pane previene l'osteoporosi, migliora lo stato di mineralizzazione delle ossa e normalizza le funzioni intestinali. In più questo alimento primario piace: oltre il 45 per cento degli italiani ne ama il gusto, quasi il 40 per cento lo considera un piacere mentre il 60,8 per cento non se lo fa mancare durante i pasti. E il 22,4 per cento lo consuma ininterrottamente nel corso della giornata. Sono i dati emersi da una ricerca realizzata dall'Istituto Swg per la Federazione italiana panificatori.
Così è stato sfatato anche il pregiudizio che il pane fa ingrassare e gonfia lo stomaco. Dalla ricerca emerge il particolare gradimento delle signore: il 35,6 per cento di loro lo apprezza anche da solo, senza accompagnarlo ad altri alimenti. Tra i prodotti alternativi al pane, infine, i cracker sono i più diffusi, con il 33,2 per cento, il pancarré (il pane a cassetta) con il 24,1 e i grissini con il 24%.
Ma quali caratteristiche deve avere un buon pane? Crosta friabile, omogenea e di color giallo più o meno ambraceo o dorato. La mollica deve essere di color paglierino chiaro con consistenza elastica e non gommosa o appicicaticcia.
Il pane deve essere leggero che significa avere un alto rapporto fra volume e peso. E ottimi devono essere anche l'aroma e il sapore. Il primo viene fornito dalla fermentazione alcolica del glucosio con formazione di acetilmetilcarbinolo che, a contatto dell'aria, si trasforma, ossidandosi, in diacetile, fortemente aromatico. È chiaro, ovvio ed evidente che, nel caso di farine tagliate con sfarinati provenienti da altre fonti, diverse da quelle del grano, l'aroma sparisce.
Un buon pane deve essere friabile e non gommoso. Se queste sono le caratteristiche che deve avere un "buon" pane, un pane che buono non è ha questi difetti: una crosta dura e coriacea. È il prodotto di una cottura a bassa temperatura, per tempi lunghi, alfine di trattenere una maggiore quantità di acqua, o di umidità, per una maggiore resa nel peso finale. Una crosta dura ma friabile – anche questo un difetto – si ha per una cottura condotta ad alta temperatura per tempi brevi. Infine, le screpolature sulla superficie della crosta. Esse ci dicono della insufficiente umidità nella camera di lievitazione e di raffreddamento. Insomma, un buon pane deve essere secco, asciutto e friabile.. Croccante e facilmente masticabile. All'interno la mollica deve essere poca, non gommosa, con molti alveoli regolari. Il colore della crosta non deve apparire troppo pallido. La solubilità al test della masticazione, deve essere facile e veloce, con ciò favorendo una normale deglutizione.

E a proposito di pane, poche righe su quello ferrarese. Quel pane che Mario Soldati, giornalista scrittore e regista, definì «il miglior pane del mondo». È vero, la qualità di questo pane non è apprezzata e conosciuta solo in tutta Italia, ma anche in altri Paesi.
Questo pane pare sia nato nel periodo di Carnevale del 1536. Ad opera di Cristoforo di Messisbugo, scalco presso la corte degli Estensi. È in quel tempo che, durante un pranzo, fece la sua comparsa «un pane intorto per persona».
La sua fragranza e la sua bontà ne fanno un prodotto superiore rispetto a quelli confezionati in altre regioni. L'insieme delle farine usate, di tipo particolare, l'acqua, l'umidità presente nell'aria e l'opera prestata da personale altamente qualificato, lo rendono unico. È prodotto in varie forme particolari, anche se la coppia è la più conosciuta.
Se non impossibile, è certo molto difficile gustare oggi il "pane di una volta". La causa principale: la meccanizzazione. Essa impone ai panificatori un diverso processo di lievitazione basato su prodotti chimici che gonfiano il pane togliendone la fragranza originaria.
Un tempo tutti i fornai usavano, come lievito, solo acqua e farina. Ottenevano così la pasta acida. La mettevano in un angolo. Di tanto in tanto la rinfrescavano. Durante la notte, si adoperava per lievitare in maniera naturale l'impasto del pane. Insomma, ogni volta veniva tenuto in disparte un pezzo dell'impasto per la notte successiva. Di estrema importanza era il controllo del punto di lievitazione ottimale. Quando ci si accorgeva che stava per essere superato, si prendeva il pane e lo si stendeva su lunghe assi di legno. Lo si portava all'aperto, nel cortile. Se d'inverno, lo si appoggiava sulla neve. La lievitazione si fermava. Durante la cotture, questo pane dalla lievitazione fermata dalla neve, lasciava trasparire una venatura biancastra e un insieme di colore e fragranza. Il forno andava a legna. Prima che il pane avesse raggiunto la cottura, si metteva nel forno una piccola fascina di legna di vite che dava una speciale profumazione al pane cotto.

Ermanno Antonio Uccelli


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