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 Nr.21 del 20/12/2010
 
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Giovani, la festa è finita!
Oltre due milioni di under 30 non studiano e non lavorano stabilmente. Vagano in un mondo di lavori saltuari e mal remunerati

Un’economia che non cresce dentro una società che, invece di rinnovarsi, arranca in una palude umana. I giovani definiti da qualcuno “bamboccioni” non hanno fiducia nel loro futuro. A detta di economisti e dai dati di studi effettuati da enti di ricerca, si stima che i giovani che oggi inizieranno a lavorare e andranno in pensione nel 2050, avranno come pensione forse il 50% dell’ultimo stipendio, a differenza del 70%, di chi in pensione ci va oggi. Un’ingiustizia che non ha colpe?

Come sarà L’Italia senza alcun intervento adeguato? Il futuro dei giovani italiani intorno al 2050 quale sarà? Vecchi, in numero sempre maggiore, con una pensione non adeguata al fabbisogno personale, e con un numero sempre maggiore di immigrati, in un paese che contesta gli immigrati ma che con i contributi pagati con il loro lavoro contribuiscono al sostegno delle pensioni di chi oggi sta già o è in procinto di andarci. Tutelare sì, i diritti acquisiti dai padri, ma non lasciare solo le briciole ai figli. È ora di intervenire sul serio in un’operazione di salvaguardia per le generazioni che verranno, che alla fine vedrà inimicarsi le generazioni di coloro che ora hanno cinquant’anni, ma che darà la possibilità ai giovani di oggi di avere un tenore di vita non di molto inferiore a quello mantenuto dai loro padri. È come dire, la festa è finita! Il sogno di un posto fisso che garantiva il futuro, oggi rimane sempre più un sogno.

Un altro problema al quale pochi fanno caso, è la velocità con cui la conoscenza va avanti uccidendola con la stessa velocità con cui né produce nuova. E i giovani aspirano al posto fisso? Ma non si accorgono che il mondo dei loro padri era diverso e che ora li considera per certi versi vecchi e obsoleti già a 35 anni? La strategia per andare avanti sarà quella di cambiare attività e rinnovarsi almeno tre o quattro volte nella vita professionale per evitare di essere rottamati. Il 70% dei diplomati si iscrive all’università ma il 20% abbandona già al primo anno. Lavoro e salario risultano spesso insoddisfacenti. Non c’è nessuno che spiega ai giovani che un lavoro che piace non si misura solo con la cifra stampata in fondo ad una busta paga? In un paese dove il 60% circa sceglie una laurea o un percorso di studi umanistici, contro il restante che opta per quelli scientifici sicuramente più difficoltosi, vedremo sempre più questi giovani finire in un call center o ad insegnare per 1000 euro al mese. Che seppur non in assoluto gratificanti per i più, sarà da considerare finché durerà comunque una fortuna. Ci sono troppi laureati o la loro eccessiva presenza ha l’effetto di schiacciare gli stipendi al ribasso? Un laureato che fa lo stesso lavoro di un diplomato lo paghi allo steso modo. Se arrivi a 24-25 anni dopo aver mollato l’università o se hai preso una laurea che vale poco o nulla e non sai fare niente, allora il tuo futuro non è certo assicurato. Sarà perché non hai potuto o voluto imparare un lavoro come l’idraulico, il muratore o il meccanico che si apprendono facendoli, con il tempo? Se così è, sarai certamente fuori da quella fascia di lavori che seppur faticosi certamente ti possono dare un impiego e che oggi e nell futuro li faranno sempre di più gli immigrati, per certi versi più lungimiranti di noi.

La generazione dei giovani di oggi vive una condizione particolare, a dire paradossale. Nessuna generazione come la loro, vive un tenore di vita così elevato con tanta libertà, con genitori così protettivi e con così tanta indulgenza da parte degli insegnanti. Come dire, una libertà dorata, ma dipendente dai propri familiari. Tutto questo si deve alla ricchezza accumulata dai propri genitori, frutto del proprio lavoro in contrapposizione a quella che è la situazione oggi dei giovani. Che lavoro ne trovano poco e una volta trovato è precario e sottopagato. Il costo dell’inamovibilità dei lavoratori di ieri la stanno pagando i loro figli? Il lavoro sempre meno sicuro e sempre meno retribuito ne è una risposta.

Romolo Iovinelli


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