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 Edizione del 07/03/2011
 
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Un popolo di immigrati
L’AIRE, l’anagrafe della popolazione italiana residente all’estero, rileva una presenza di italiani nel mondo alla fine del 2009, di circa 4 milioni di cittadini che a diverso titolo sono immigrati

Questa realtà è poco conosciuta, anche se allo stesso tempo costituisce un fenomeno sociale ed economico rilevante nell’’Italia moderna. In un mondo, in cui sempre di più si parla di globalizzazione e di fenomeni migratori, il nostro paese non ne è immune. Il fenomeno ha una storia passata e moderna di spiccato spessore. Si va, infatti, da una migrazione tradizionale degli inizi del novecento, a quella più moderna, che spinge tuttora molti giovani e non, a cercare nuove prospettive di lavoro verso nazioni anche oltre l’Europa per tentare di realizzare quello che da noi non è possibile.
Ma partiamo da lontano dal continente nero, l’Africa.
Là, si dice che, “la morte di una persona anziana equivale alla scomparsa di una biblioteca”. Un anziano è il depositario della storia del villaggio e nella sua persona c’è l’unione del passato e del presente. Facendo sì che la storia sia basata sulla continuità piuttosto che il susseguirsi di una serie di episodi non collegati tra di loro. Oggi la tecnologia ha quasi del tutto cambiato il modo di trasmettere le informazioni. È questa un’impostazione per studiare in qualche modo il fenomeno della presenza degli italiani all’estero dall’unità d’Italia. Gli immigrati più anziani possono testimoniare un lungo periodo che và dall’ultimo dopoguerra ad oggi, mentre per gli anni precedenti c’è da rifarsi a documenti di archivio a studi ed opere vecchie, ad interviste e quanto possa servire per comporre quel quadro complessivo circa l’evoluzione e il significato del fenomeno migratorio degli italiani nel mondo. Insomma, l’emigrazione italiana è come il vecchio saggio africano, che racchiude tesori di conoscenza e si fa portavoce di storia e cultura, spolverando un periodo che ai tanti risulta addirittura ignoto. Conoscere le proprie radici è un bisogno di ogni popolo che non deve far inaridire. Non è banale, conoscere il perché gli italiani abbiano nel passato lasciato il nostro paese per immigrare in paesi stranieri. Le risposte a queste domande non si differenziano di molto da quelle che si potrebbero avere da chi, diverso per il colore e per cultura, percorre oggi migliaia di km, in situazioni di estrema difficoltà per approdare finalmente in Italia. Il giudizio negativo che, per colpa di fatti di cronaca nera compiuti da alcuni nostri connazionali, si portavano addosso il resto degli italiani, non è diverso per alcuni aspetti da quello che è il giudizio e la disapprovazione di una cospicua percentuale di cittadini, nei confronti delle comunità generalizzate di stranieri, siano essi comunitari che extracomunitari. Certamente il fenomeno dell’immigrazione sviscerato nelle sue mille sfaccettature culturali, religiose ed economiche ci potrebbe aiutare a capire meglio lo straniero visto a volte come nemico. Integrazione dallo straniero, con lo straniero, visto come membro della comunità; se rispettoso delle nostre regole, morali, culturali e giuridiche anche nel conservare la cittadinanza del suo paese di origine. Nello stesso tempo in cui ci si adopera per far sì che il fenomeno dell’integrazione pur con tutte le sue difficoltà vada avanti, non bisogna dimenticarsi di adoperarci nel rinvigorire, nelle nuove generazioni degli italiani all’estero, il concetto e i valori dell’italianità. Si capisce che gli italiani fuori dai confini nazionali sono in gran parte i figli di seconda se non terza generazione, l’Italia è la loro seconda terra, che loro vedono con occhi diversi che da quelli dei loro padri. Hanno sì mantenuto la lingua italiana, ma è pur sempre la loro seconda se non terza lingua. Si può riuscire nell’intento, attraverso un abile opera di divulgazione dei vari aspetti riguardanti la vita sociale, economica, politica e religiosa dell’Italia, prevedendo una concreta offerta formativa, abbinata ad una significativa attività di scambi culturali, da e tra i vari contesti territoriali nazionali. Non è importante raccontare la storia di quello che sono state le politiche e il cambiamento delle leggi cha dagli anni 70 in poi, cominciarono a cambiare in peggio la situazione dei nostri connazionali, che si videro restringere con provvedimenti specifici la politica migratoria dei loro paesi tipo Svizzera, Germania e Francia, anche se in parte mitigate almeno in Francia e Germania dalla normativa comunitaria. Importante invece, è capire come i flussi migratori furono la conseguenza di politiche congiunturali, che in quegli anni influenzarono il quadro economico mondiale, che portarono a licenziamenti, chiusure di aziende, portando l’economia a sopportare una crisi dei mercati con il conseguente ridimensionamento dei cicli espansivi di produzione, incidendo in modo significativo sugli stessi movimenti della popolazione locale. Insomma, imparare dal passato per saper comportarci nel futuro.

Romolo Iovinelli



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