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Raglio d’asino non arriva al cielo?
Natale 201, la tradizionale “Lettera a Gesù bambino”: Ola, ciquito di Dio, come va la produzione di “patè de fois gras” di angeli ribelli?

Solo 23 chilogrammi? Cosa pretendi, c’è crisi anche qui. Il ferro lo pagano 30 centesimi, il rame 50, e dell’alluminio è meglio non parlarne. Perfino il fumo della discarica è peggiorato, c’è un che di putredine che non riesci a togliertelo di dosso neanche con il napalm. Pare che neanche lì abbiate tanta voglia di cantare, figurati qui da noi. Mi piacerebbe sapere dove ha studiato il tuo papà. Addizioni, sottrazioni, equazioni di primo, secondo, terzo, e divino grado, per arrivare ad un prodotto che più che lordo, è lercio. Mai pensato di ucciderlo? Tanto risorge. Sarebbe un segno.

Mi trovi cinico? È vero. Dieci anni su questa palla di sterco renderebbero ciniche anche le pietre. Sto diventando cattivo, e non sai quanto questo mi faccia soffrire. Io, che do da mangiare perfino ai topi, che raccolgo tutti i gatti randagi, e li sfamo pure. Il tuo papà è eterno, il mio no. Ed è l’unico essere umano che mi rimane. Da cinque anni è in cassa disintegrazione, è malato, ha la febbre. Si è venduto un rene il mese scorso per trentamila euro. Gliene hanno consegnati solo trecento, il resto, gli hanno detto che se insiste, glieli danno tutti distribuiti equamente tra i vari punti vitali.

Ad essere sincero, era me che volevano. Mi avrebbero preso in affitto. Una cornea, un rene, un polmone, magari una gamba. Si è offerto mio padre, mi è andata bene. Diglielo al tuo papà, qui è tutto da rifare. Si diventa adulti quando si ammette di aver sbagliato. Allora, dì pure al tuo vecchio di tirar fuori il “bianchetto”, di arrotolarsi le maniche, cancellare tutto, e ricominciare da capo. Non c’è bestia peggiore dell’uomo, non c’è fiera così ferocemente cattiva, non c’è animale che abbia avvelenato e alterato così stupidamente l’habitat in cui vive. Creando l’uomo, tuo padre ha inoculato il peggior virus che la terra potesse sopportare.

Per Natale non mandarmi dolci, portami il carbone, una decina di quintali, chilo più chilo meno, così evito di andare per “soch”, cioè ceppi di alberi già tagliati, che ci vogliono due giornate di lavoro solo per scaldarsi una settimana. E ti prego, togli dalle prediche dei tuoi presunti estimatori, il “libero arbitrio”. Non ci credono più nemmeno i cani, che sono i migliori amici dell’uomo, ma non così stupidi. Quando ho chiesto a mio padre di parlarmi del libero arbitrio, se non lo tengo fermo, mi cade dal letto dal ridere. È questo che ha inventato il tuo papà per lavarsene le mani come Ponzio Pilato? Una misera, sulfurea, risibile, esecrabile, presa di distanza. Se a scuola mi chiedessero di scrivere un tema su un dio, non è sul tuo genitore che mi baserei. Un povero vecchio che si è fatto prendere la mano, un confuso balordo, come ha scritto Prevert, non più all’altezza degli avvenimenti. Scegli tu l’arma del duello, ma sconfiggi tuo padre. Abbiamo bisogno di nuovi dei, veri, autentici, partecipi. Se, né tu, né tuo padre vi ritenete capaci, abbandonate la scena, lasciate libero il palco, di “pagliacci” ne abbiamo da esportare fin nelle più infinite galassie.

Può essere che tu mi risponda: “Raglio d’asino non arriva al cielo”. Occhi… occhi… e del milione di morti in Iraq che mi dici? Dei centomila afgani morti, che sussurri? E le morti di milioni di bambini piccoli e indifesi come te, ma morti di fame, come le commenti? Ah sì, come no: “Il libero arbitrio, la madre vergine, l’arcangelo in seminatore, la trinità, tuo padre dappertutto, il tuo corpo nel pane, il tuo spirito nel vino, l’ultima cena, i dodici apostoli, Abramo, al quale chiedeste di sacrificare il figlio, per farvi contenti, il popolo eletto che non ha imparato niente dalle proprie sofferenze, anzi. Un’ultima preghiera, dammi un segno, o torna buono, buono, a sederti alla destra di tuo padre, uno dei tanti vecchi che ci hanno rubato il futuro. A te, a trentatre anni, a me mi sa che mi tocca prima. Hasta luego, piccolo amico, e Buon Natale.

Post scriptum


Un “enfant terribile”? No! Solo un normale bambino che vive duecento metri a sud di una discarica abusiva, al quale sono morti in rapida successione: prima la madre, in un incidente sul lavoro (nero), poi la nonna, di morte naturale, dopo anni di Alzheimer, a seguire il nonno, cremato di nascosto su una pira di pallets, la cui morte è stata occultata per poter continuare a ritirare sotto delega, la misera pensione di trecento euro. Cifra spettante ad uno dei tanti reduci della campagna di Russia. Aggiungeteci il padre in continua cassa disintegrazione a zero ore. Ambedue campano sulla misera pensione dell’avo, e sul commercio di rottami di rame, ferro, alluminio, e carta. Visti con gli occhi strabici della Legge; due piccoli delinquenti, contrabbandieri d’organi, commercianti abusivi di metalli ferrosi e non, truffatori dell’INPS. Visti con occhi umani, eroi forgiati dalla dura legge del bisogno.


Vi lascio con una poesia di Padre David Maria Turoldo su cui meditare durante le festività, buon Natale.


Solo parole, o papa:
parole, e di contro
la irreparabile morte
della Parola.

Le chiese, un frastuono
gli uomini sempre
più soli
e inutili.

E il cielo è vuoto:
Dio ancor più che morto
assente!



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