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 Edizione del 16/12/2011
 
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È scoppiata la ''moscatomania''
Il Piemonte è la regione per eccellenza dei vini dolci a bassa gradazione: Moscato d’Asti docg e Asti spumante. I dati dell’ultima vendemmia riferiscono che la produzione ha superato i 100 milioni di bottiglie milioni di cui almeno 25 di moscato, il doppio rispetto ad appena quattro anni fa


   La sede dellaVallebelbo a Santo Stefano Belbo



   Patrizia Settimo



   Fabrizio Frantone



   Vigneti autunnali a La Morra



   Massimo Rivetti tra i filari di una sua vigna


Il motivo? Ad “Anteprima Vendemmia”, gli Stati Generali della vendemmia conclusa, svoltosi a fine novembre a Torino per iniziativa della “Vignaioli Piemontesi”, si è documentato che nel mondo c’è crescente domanda di moscato. Tale da far definire il fenomeno con il termine di “moscatomania”. Lo hanno annunciato i dirigenti del Consorzio di tutela e il presidente Paolo Ricagno è tornato sull’argomento nel corso della serata inaugurale, il 1 dicembre, dell’ “Anteprima moscato d’Asti 2011” organizzata, come ogni anno dall’enoteca regionale “Colline del Moscato” di Mango d’Alba. “Occorre far attenzione a non voltare le spalle al mercato in un momento così importante”, ha ribadito Ricagno. Le attenzioni sono rivolte soprattutto verso il mercato americano dal quale arriverebbe la domanda maggiore.

Che ci sia interesse verso le celebri “bollicine” del basso Piemonte ( entrambi i vini sono prodotti nei territori di 52 comuni delle tre province di Cuneo, Asti e Alessandria, circa 10 mila ettari vitati) lo ha dimostrato il successo della manifestazione all’Enoteca regionale. Durante il “Moscato wine tasting” sono stati degustati, anche da molti giornalisti ed esperti stranieri, 50 etichette di moscato e stati inoltre provati abbinamenti con prodotti tipici del territorio. Folta anche la partecipazione di pubblico che ha visitato l’enoteca ed apprezzato il vino per un’intera settimana.

Ma come tutte le medaglie anche il moscato ha il suo rovescio. Se ne fa portavoce la Produttori Moscato d’Asti Associati, che raccoglie circa 2300 aziende agricole, per bocca del suo presidente Giovanni Satragno. “Proprio perché si è scatenato questo fenomeno della “moscatomania” il Consorzio di tutela ci ha chiesto altri 1000 ettari di vigneto (che corrisponde anche ai desideri dell’industria, guarda caso) ma noi abbiamo posto come condizione di stabilire, in partenza, i guadagni futuri degli industriali e i nostri. E prima di aumentare ancora la produzione occorre badare prima alla qualità e non a vendere a bassi prezzi pur di vendere. Un errore già commesso anni fa”. “Dobbiamo inoltre tenerci pronti e difendere il buon nome del nostro moscato a fronte del fatto che vigneti di questa tipologia vengono piantati anche in altre regioni e nell’est Europa”, ha aggiunto Satragno parlando ad “Anteprima Vendemmia”.

Gli fa eco Massimo Rivetti, viticoltore di Neive: “Questa storia della “moscatomania” mi lascia un pò perplesso. Io non la vedo tanta richiesta di moscato e teniamo a mente che a luglio di quest’anno le scorte in cantina della vendemmia 2010 erano ancora notevoli. Noi vogliamo che il moscato sia di buona qualità e che siano pagate il giusto le uve mentre chi vuole fare manovre speculative rischia di creare danno. Quest’anno la resa ad ettaro è stata elevata a 115 quintali ma anche se le uve sono state pagate un briciolo in più non permette, comunque, di coprire l’inflazione”. (l..s.)





NELLE LANGHE

Il nostro itinerario autunnale nelle Langhe ha avuto un fascino determinato via via da sole, nebbioline, tanti vigneti addormentati. Una delle capitali del Moscato d’Asti è Santo Stefano Belbo. Qui è la Cantina cooperativa Vallebelbo, una delle più importanti del Piemonte: fondata nel 1956, conta oggi 200 soci per un totale di circa 550 ettari di vigneto produttivo. Le bottiglie commercializzate sono 2 milioni, di cui il 95 per cento è Moscato docg (vino che ha meritato numerosi riconoscimenti, ultimo la medaglia d’argento a Vinexpo 2011). Santo Stefano Belbo è il paese natale dello scrittore Cesare Pavese (1908-1950), morto suicida. La fondazione dedicata allo scrittore ha realizzato una serie di percorsi guidati ai luoghi pavesiani, dalla casa natale alle località citate nei suoi romanzi, al cimitero dove è la tomba. La Cantina Vallebelbo è l’unica ad aver avuto dagli eredi di Pavesi la possibilità di intitolare al grande scrittore una linea di vini: le etichette riportano un bel ritratto dello scrittore opera di Giorgio Petraglia. Un ottimo esempio di come unire vino e letteratura. Nel suo lavoro di ottimizzazione della produzione, Vallebelbo (www.vallebelbo.it) ha spostato lo stabilimento produttivo alla periferia del paese, mantenendo nel centro solo un attivissimo centro vendita diretta.
Scendendo verso Alba, sulla strada provinciale in prossimità di Neive, attira l’insegna della Cantina Francone (www.franconevini.com), nota per la qualità dei suoi vini, che negli ultimi anni sono arrivati anche in Cina. Qui siamo nella zona del Barbaresco Docg (ho assaggiato il Riserva 2006 davvero notevole) ma anche il Moscato d’Asti gode di terreni ed esposizione favorevoli, come tutti i vini che Francone riesce a portare in bottiglia partendo dal cru assai fortunato “Antichi Poderi dei Gallina”, una collina che è una “griffe” per Neive. Tutta la cantina non supera le 120 mila bottiglie prodotte, suddivise in una quindicina di etichette, le tipiche piemontesi, con alcune valide immersioni nel “Metodo Classico”. Cantina Francone ha ottime possibilità di accoglienza anche di gruppi numerosi.
Un’altra azienda visitata, a Neive, è quella di Massimo Rivetti: 20 ettari vitati soltanto ma tanta cura nella vinificazione, con un riguardo per il rapporto qualità-prezzo. I suoi cru di Barbaresco sono eccezionalmente longevi ma per averli non bisogna fare un mutuo. Anche i Barbera e lo stesso Moscato d’Asti sono vinificati con scelta delle uve da determinati vigneti sulle colline assolate di Neive. Le riviste specializzate italiane e americane danno giusto risalto a questa azienda (www.rivettimassimo.it), che esporta negli Usa buon parte della produzione di Barbaresco, Barbera e Dolcetto. Le annate migliori divengono il cru di “Serraboella”, una firma da ricercare e tenere d’occhio.
Lambendo Alba percorrendo la tangenziale, si entra nel cuore della Langa del Barolo e qui si può visitare l’azienda “Aurelio Settimo” a La Morra, Frazione Annunziata (www.aureliosettimo.com). Vi accoglierà Tiziana Settimo, terza generazione di questa azienda-gioiello, piccola, abbastanza giovane ma che ha due sole regole: tradizione e qualità (solo vini rossi, solo botti grandi, riutilizzo di vasche di cemento vetrificato). Soprattutto, le sue vigne sono collocate sulle Rocche dell’Annunziata, il meglio del Barolo di La Morra. Sessantamila bottiglie in tutto, che Tiziana ama una per una come figlie. Segnaliamo il Barolo 2004 da vigne vecchie di 42 anni; il Barolo 2007 (difficile da domare ma grande annata, il Cru Rocche è ai vertici della enologia mondiale secondo gli esperti Usa). Bene anche il Dolcetto d’Alba, fresco e fruttato. (r.v.)


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