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venerdì 19 aprile 2024 | 11:16
 Edizione del 17/07/2017
 
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La Madonna del Castello
Nell'anno 1630 Inzino ebbe un piccolo proprio «lazzaretto» che sorse non troppo vicino al paese per evitare il contagio
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La Madonna del Castello
( VERSIONE TESTUALE )

Non sorse nemmeno troppo distante onde essere agevolmente raggiunto dagli ammalati: sorse in Valle ove attualmente c'è il Santuario della Madonna. Sul luogo del piccolo lazzaretto sorse, circondata dalla massima venerazione, una Santella alla Madonna Miracolosa che doveva proteggere i viandanti diretti, attraverso la Valle di Inzino, a Zone ed alcuni paesi del lago di Iseo e della Valle Camonica. Più tardi, attorno al 1704 e molto facilmente in tempi di pubblica calamità, sorse il Santuario nel quale venne conservato il quadro della Madonna della vecchia Santella. Il quadro forse, venne tolto da un qualche castello di ricco signore della valle o del Paese e per questo il Santuario venne nominato come «La Madonna del Castello». Per alcuni, invece tale denominazione venne data perché al Santuario, si rifugiarono, come in un castello, i valtrumplini o, forse, esistendo in Paese, ove attualmente c'è la casa canonica, un Castello importante, la Madonna della Valle era invocata protettrice di tale Castello. Nel 1759 il Santuario venne abbellito dal Parroco don Carlo Zappetti ed il Curato don Angelo Saleri fece erigere il campanile sul quale vennero poste le campane nel 1861 dal Parroco don Piero Bondioli. Essendo il santuario, specialmente in occasione delle festività annuali, ricorrenti in settembre in onore del Santo Nome di Maria, meta di innumerevoli pellegrinaggi provenienti da tutta la Valle, si dovette provvedere, una prima volta nell'anno 1934 con il Curato don Aldo Guerra, ad ampliare il Sagrato ed ancora nel 1967, con il Parroco don Bernardo Almici, ad acquistare altro terreno per ampliare le adiacenze del Santuario stesso al quale si può accedere mediante nuova ed ampia strada asfaltata. Anche Inzino si è sviluppato a vista d'occhio, ormai anche questo Santuario, incuneato nella valle del «Re», è stato conglobato tra le abitazioni e le consuetudini rumorose del nostro vivere odierno. Non molto tempo fa, quando l'acciottolato sentiero seguiva il cammino del torrente e ne godeva fresco la musicalità, l'andare al «Santuario della Valle di Inzino» era una passeggiata cara al cuore; era già, questo camminare nel verde, un impegno anche fisico di preparazione alla preghiera in cui membra e mente si venivano a trovare in gioiosa sintonia. La chiesuola appare oggi di modeste misure e semplicetta, niente più di una cappella da oratorio; la fiancheggia, robusto e alto, il campanile, forse tanto alto perché il suo richiamo possa giungere lontano con l'eco, vincendo gli anfratti e gli speroni di roccia che già si annunciano in quel luogo. Certamente l'occhio avverte una sproporzione, peraltro mitigata dal lungo portico che chiude il sagrato ad angolo retto. Anni addietro, il muro interno di questo portico era tutto tappezzato di «ex voto»; erano quadretti per lo più dipinti, taluni anche ricamati, come si usava una volta ed erano quanto mai commoventi e convincenti nella loro fresca ingenuità. Nel centro di questo muro, entro un bivacco a nicchia, vi è posta una bella lavoratissima fontana in pietra. La sua forma è armoniosa e chiusa come quella di un grande turibolo; tipi così se ne vedono nei fonti battesimali di stile rinascimento. L'interno della chiesa è lineare, senza cappelle; soltanto la copertura si presenta mossa dall'intersecarsi delle varie vele determinate dall'incontro della volta centrale con le otto finestre che la fiancheggiano. La decorazione a fresco, assai gradevole, ne ricopre la superficie; il racconto si svolge entro riquadri dalle linee mosse, legati tra loro da aggraziati motivi decorativi. La grande soasa, che racchiude la piccola immagine antica e un pò scura della Madonna incoronata, è rettangolare e piatta. La sua decoratività è ottenuta mediante il giuoco di viticci dorati che si intrecciano sopra uno sfondo di morbide tinte; sulla sommità della cimasa, curvilinea spezzata, siedono due angeli dalla linea sciolta. Gli stalli del coro, in noce, sono assai gradevoli e interessante è l'organo seminascosto da una mediocre cantoria.

(Gino Zoli e Mella Mancini
da ANTOLOGIA GARDONESE – 1969)


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