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ZORRO

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ZORRO
( VERSIONE TESTUALE )

Una maschera, un mantello, una spada. Alle 16.30 di ogni pomeriggio estivo su Rai1 ecco arrivare Zorro.
L’unica trasmissione seguita in religioso silenzio con mia sorella a casa dei miei nonni.
Quel piccolo televisore sempre spento diventava un totem in quei caldi pomeriggi.
Per niente al mondo avremmo perso una puntata: 20 minuti di assoluta attenzione, ipnotizzati dal nostro eroe mascherato.
Appena finita la sigla di chiusura, si correva a simulare nel cortile quelle fantastiche avventure.
Rimasi senza parole, esterrefatto. Non potrò mai dimenticare quel giorno nel negozio dei miei nonni.
Un giovanotto, sui 16 anni, vestito da Zorro, veniva a far la spesa.
La spada sguainata, il cappello, la maschera. Tra la sorpresa e lo spavento, corsi da mia nonna in cucina gridando come un forsennato: “ZORRO, ZORRO!!! Zorro è di là, in negozio, vuole un chilo di pane!”
Mia nonna, nella totale indifferenza, lo servì. Lui continuava a far volteggiare la spada, lei sembrava non vederlo. Non capii, ma mi affascinava quel ragazzo. Lo seguii di nascosto: si diresse verso l’unico bar del paese. Vecchi grinzosi davanti al loro quartino di vino sorridevano e lo canzonavano. Lui scavalcò
un muretto e con un balzo sparì dalla mia vista. Un ragazzo che si aggirava per le strade di Graticelle vestito da Zorro? Tempestai di domande mio nonno.
Lui mi osservava divertito e se ne uscì con un’espressione che mi colpì, un’espressione che mi è rimasta nel cuore: “l’è en poer diaol,el gh'a mai fat mal a nisú”. Lo disse con tale amarezza che rimasi ammutolito.
Cosa intendeva mio nonno con quelle parole? Da quel giorno seguii Zorro. Mi accorsi che era molto più grande, avrà avuto più di vent'anni, parlava, si muoveva e gesticolava come Zorro. La gente del posto sembrava non fare caso a lui, era circondato da una strana benevolenza – crescendo avrei capito che si
trattava di commiserazione.
Decisi di diventare il suo scudiero, l’amico muto. Non avrei più parlato, solo gesticolato, seguendolo nelle sue avventure. Un mattino mio nonno decise che il gioco era finito. Mi prese con sé, camminammo per
circa quaranta minuti, finché arrivammo davanti a una strana abitazione. Una radio a tutto volume trasmetteva tanghi, valzer, mazurke, suonate da una fisarmonica. Decine di bandiere italiane appese alle fioriere dei balconi. Entrati nell’abitazione venimmo accolti con molto calore. Zorro era sdraiato su un divano consumato, sgualcito, e parlava da solo; lo sguardo lontano di chi vive in altri mondi. Ci trattenemmo
per pochi minuti. Il sole era scomparso dietro una nuvola gigantesca. “Hai capito chi è Zorro?” mi chiese il nonno. “En poer Cristo, en poer crescià”. Camminai con lo sguardo rivolto a terra, con profonda tristezza, gli occhi mi si riempirono di lacrime, incrociai per un attimo lo sguardo severo del nonno, riabbassai subito la testa. Piansi lacrime amare per tutto il tragitto. Quella sera di settembre non la dimenticherò mai.

Ero fuori dal negozio dei miei nonni, l’ombra del campanile si allungava su tutta la strada, segno ormai che l’estate era finita. Vidi arrivare Zorro con in mano un moschetto. Puntò quel piccolo fucile contro un uomo “fermet o te cöpe, Sergente García”. L’uomo si fermò di colpo. Spaventato, rimase con le braccia alzate. Io corsi a chiamare mio nonno, avendo intuito che stava succedendo qualcosa di brutto. Sentimmo lo sparo,
il cuore mi si fermò. Quando arrivammo sul posto, Zorro, col moschettone in mano, esultava
per aver ucciso il Sergente. Era ubriaco fradicio. L’uomo si teneva il viso sanguinante, una pallina di plastica l’aveva colpito in modo lieve. Da quel giorno il nostro eroe scese raramente in paese. Cinque anni fa una macchina imboccò in contromano la galleria di Iseo. Al volante c'era Zorro e con lui c'era la sua famiglia. Per la prima volta si erano avventurati fuori da Graticelle. Lui morì sul colpo. Andai all’obitorio e non dissi una parola – ero l’amico muto. Gli nascosi la sua maschera sotto la testa: “nessuno mai l’ha mai visto negli occhi, ma il suo segno sì, lo conoscono tutti...”

Addio Alessio, ho saputo che ti chiamavi così, ma per me sarai sempre Zorro.


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