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 Nr.1 del 11/02/2008
 
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I pionieri: gli antichi cartografi



  



   Un globo terrestre di Mercatore del 1541


Aliante era un mitico titano greco. Fu condannato a reggere sulle spalle le colonne che separano
la Terra dal cielo. Una punizione esemplare per chi doveva espiare una colpa verso Zeus, il
padre di tutti gli dèi. In geografia, il suo nome è stato dato ad un sistema montuoso dell'Africa
settentrionale che si estende attraverso il Marocco, l'Algeria e la Tunisia. In cartografia, invece,
il suo nome designa una raccolta di carte geografiche: gli atlanti. Che nacquero nel XVI secolo.
La raccolta più antica dei quali, a noi nota, è contenuta in un’opera di Claudio Tolomeo. Che fu
scienziato di estrema importanza nella storia della scienza. In modo particolare, come geografo.
Esercitò infatti una notevole influenza sino alle grandi scoperte geografiche dei secoli XV e
XVI. Fu lui a dettare le regole per la costruzione dei globi terrestri e delle carte terrestri piane.
Utilizzò vari sistemi di proiezione (Planisfero). Tali regole sono il maggior contributo di
Tolomeo alla geografia. È suo il reticolo dei meridiani e dei paralleli. Tra il 1477 e il 1480 fu
pubblicata la sua opera geografica. Ma il primo ad usare il termine "atlante" fu Mercatore.

Gerardo Mercatore è il nome latinizzato di Gerhard Kremer. Fu un grande geografo e cartografo
fiammingo. Vissuto dal 1512 al 1594. Diplomato all'università di Lovanio, cominciò a costruire
strumenti matematici. Divenne famosissimo. Tanto che persino l'imperatore Carlo V richiese la
sua opera.

Nel 1544 cominciò la sua produzione più originale: una carta dell'Europa in 15 fogli, con
incisioni in rame. La sua opera è vastissima ed è raccolta nelle biblioteche e nei musei d'Europa
e del mondo. La Chronologia, del 1568, è una sorta di storia universale della creazione. Nella
Geographia, pubblicò le carte e il testo di Tolomeo, restituendo i testi dell'alessandrino alla loro
forma originaria. E sostituì, alle antiche carte della sua tradizione tolemaica, nuove carte
conformi al testo. Mercatore fu insomma una figura centrale della cartografia. E le restituì la sua
dignità di scienza. La fondò sul metodo matematico. Sottraendola, così, a quello che sino ad
allora era il metodo prevalente: l'empirismo acritico.

Così, il Seicento, fu l'epoca degli alianti. Ma anche dei globi e delle cartine murali. Anzi,
meglio, gli atlanti, come noi li concepiamo oggi, nacquero nel XVII secolo. Essi devono il loro
nome proprio alla raccolta di carte geografiche di Mercatore. Che la iniziò nel 1585 e venne
ultimata dieci anni dopo dal figlio Rumold. Esse sono state uno strumento pedagogico
imbattibile. Soprattutto per i governanti. Che potevano così visualizzare, con i nuovi
possedimenti, tutto il loro potere. Ma lo erano anche per la gente, che poteva vedere illustrato il
mondo da poco scoperto. Come dire: «Le carte non erano più solo strumento utile al navigatore,
ma un modo per comunicare le nuove conoscenze geografiche ad una società europea sempre
più avida di novità».
Nel Seicento il mondo era ormai abbastanza nolo agli europei. Quantomeno nelle sue linee
generali. Nelle sue maggiori masse terrestri. C'era, cioè, un’immagine complessiva delineata.
L'Asia la si conosceva già dai tempi dei Romani. Poi, con il crollo dell'impero, i commerci si
interruppero. Si dovette attendere il XIII secolo. Era il tempo di Marco Polo. Che ricalcò vie già
note. E altre ne esplorò. Ci furono poi missionari e mercanti. Quindi l'infante del Portogallo,
Enrico il Navigatore, cui si deve il progresso delle conoscenze della costa occidentale
dell'Africa. Fu lui il grande animatore delle iniziative portoghesi di navigazione e di scoperta.
Siamo nella prima metà del Quattrocento. Dal Cinquecento, arrivano anche le conquiste militari.
La Via delle Specie era preziosa. I Portoghesi la monopolizzarono.

Qualcuno ha rilevato che il Portogallo si è accanito troppo per l'itinerario della Via della Seta.
Con ciò perdendo !a scommessa più importante: quella americana. Ma non fu così. Non fu per
ostinazione dei Portoghesi che Colombo...
Fu il regime dei venti ad essere decisivo. Davanti alle Canarie, possedimento spagnolo, questi
venti si aprivano in una sorta di canale preferenziale per le navi che partivano verso ovest.
Colombo intuì proprio questo. Fu questa la grande abilità del genovese. Se egli fosse partito da
un'altra parte, il viaggio non sarebbe stato così sicuro. Un vicenda assolutamente straordinaria.
E piena di paradossi. Il più contradditorio dei quali riguarda i miti. Vale a dire che l'uomo che è
stato mandato in avanscoperta perché li cancellasse in nome della modernità che stava per (o avrebbe potuto) trionfare, è stato quello che ne ha aggiunti molti altri alla lista. Lui poteva
dimostrare di essere arrivato in Asia, terra di miracoli. Qualche scellerato andava dicendo,
invece, che egli era giunto in una terra nuova. Ma egli era certo. Anche perché aveva sempre
con sé un libro «scientifico». Lo aveva letto. Ri-letto. E annotato ad ogni pagina. Un libro che
lo seguiva in tutti i suoi viaggi: il Milione. Pieno di storie inverosimili. Così improbabili che i
parenti di Marco, temendo (fortemente) che le numerose storie potessero danneggiare la fama
dell'autore, sul letto di morte lo implorarono di tagliarle in modo radicale. E Polo rispose: «Ma
io non ho raccontalo che una minima parte di tutte le cose meravigliose che ho viste».

Nel Seicento ebbero la meglio gli Olandesi con la Compagnia delle Indie Orientali. Gli Spagnoli
giungevano sino alle Filippine. Nel Settecento sono gli Inglesi che muovono i primi passi in
Birmania: dalle rotte era rimasta esclusa l'Indocina.
Dopo l'Asia, si sa, tutte le altre scoperte furono (quasi) solo casualità. Furono, come dire,
"incidenti" sulla Via delle Indie e delle Spezie. Percorrendo l'Atlantico verso sud si finì per
circumnavigare l'Africa. Attraversandolo verso ovest, fecero bella mostra di sé, le Americhe.
Insomma, nasceva il Seicento e buona parte delle coste dei continenti era nota. E colonizzata. Si
impiantarono porti. Si scoprirono nuovi affari. Perché gli oceani erano diventati
frequentatissime vie commerciali. Questo sui mari. Mentre l'interno dei continenti era invece
ancora pressoché sconosciuto. L'Africa rimase, ancora per secoli, la grande incognita terra.
Solo alla fine .dell'Ottocento anche i suoi luoghi più reconditi potevano dirsi esplorati. Grazie a
decine di grandi esploratori. Ma complici anche le tecniche e gli strumenti degli antichi
cartografi. I quali avevano un problema: superare Tolomeo.
Dal Cinquecento in poi, fu questo il loro reale, maggiore, problema. Si trattava di trovare dei
criteri scientifici con i quali fissare, con precisione, i meridiani e i paralleli sulla mappa. Essi
erano necessari per tradurre, su un foglio piatto, la rotondità della Terra. E Mercatore ebbe
l'idea geniale: le proiezioni a latitudini crescenti. Un’idea che poteva avere solo un grande
matematico. Questo rese possibile tracciare sulla carta le rotte nautiche con delle linee rette. E di
basare la navigazione su dei dati geografici e non più solo astronomici. Fu Mercatore ad iniziare la scuola cartografica fiamminga e olandese. Essa dominò in Europa per tutto il Seicento e, con
lei, si diffusero gli strumenti che misuravano le distanze per triangolazione. E ci furono anche
orologi sempre più precisi. Perché c'erano da risolvere i due fondamentali problemi della
cartografia: come calcolare le longitudini e sapere la dimensione precisa della Terra.
Le soluzioni a tali quesiti arriveranno solo nel Settecento. Gli strumenti ottici davvero precisi
solo nell'Ottocento. Anche se è pur vero che le mappe che venivano pubblicate con gli strumenti
in uso nel Seicento erano molto simili a quelle moderne. E avevano una qualità editoriale
raffinatissima. Perché gli Olandesi non erano solo dei grandi navigatori. Essi erano anche degli
eccellenti cartografi.

Ermanno Antonio Uccelli


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