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 Nr.8 del 14/04/2008
 
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Hanno lavorato ''schiavi'' di Hitler
E mezzo secolo dopo presentano il conto al governo della Repubblica germanica: 24mila euro per lavoro nei cantieri edili, nelle fabbriche, nelle miniere, nelle campagne

La somma, calcolata al valore del 1943-44, dovrà essere rivalutata fino a raggiungere il totale di 100mila euro. La richiesta al Tribunale civile di Brescia è degli ex internati, una sessantina, ex soldati della provincia di Mantova o loro eredi, assistiti dagli avvocati Giulio Arria e Joachim Lau. L'iniziativa giudiziaria è seguita con interesse dall'Associazione Nazionale ex Internati (Anei). Ma la giustizia tedesca, cui gli ex internati hanno fatto ricorso ha continuato a rigettare qualsiasi istanza, sostenendo di aver "onorato" i propri obblighi negli anni Sessanta con lo stanziamento di 40 milioni di marchi per i deportati politici. Invece nel 2004, la Cassazione italiana ha riconosciuto il diritto degli internati di appellarsi alla giustizia italiana. Il 6 maggio prossimo, la stessa Cassazione a Sezioni riunite valuterà se la Germania ha regolato ogni sua posizione nei confronti dei prigionieri di guerra impiegati nei campi di lavoro. La questione del risarcimento si è presentata nel 2000 quando sulla base di un accordo tra Germania e Usa venne istituita una Fondazione che metteva a disposizione di ogni ex deportato una cifra di circa 7500 euro. Erano previste 8 mila richieste, secondo la Fondazione che se ne è trovata sul tavolo 130mila di soli soldati italiani. Respinte quasi tutte. Perché la Germania ribadiva la tesi che i soldati in quanto prigionieri di guerra non avevano alcun diritto al risarcimento; e in aggiunta, richiamandosi ad una legge del 1910, si sosteneva che il risarcimento non poteva essere concesso a militari stranieri. Invece a Brescia l'argomento ritorna in discussione e secondo l'avvocato Lau si tratta di "richieste modeste se si vuol guardare quello che hanno sofferto i prigionieri. Il vero significato - ammonisce Lau - sta nell’affermare che ciò che venne fatto fu illegale; in questo modo lasciamo un messaggio al futuro". Una sentenza favorevole aprirebbe una breccia importante, darebbe speranze alle migliaia di sopravvissuti che hanno dato il mandato ad un legale per ottenere il risarcimento. "A Brescia gli ex deportati sono all’incirca 250, non saprei dirle quanti abbiano intrapreso l’azione giudiziaria - ricorda Remo Capacchietti, segretario provinciale dell’Anei, pilota militare catturato a Pola qualche giorno dopo l’8 settembre e internato a Stettino - certo il pronunciamento del tribunale di Brescia costituirà qualcosa di importante. L’unico riconoscimento ottenuto - annota - è l’annuncio del governo italiano di una medaglia concessa ad ogni ex deportato che ne farà richiesta e sulla quale sarà inciso un riferimento all’internamento".
"Se oggi consideriamo quello che è accaduto una violazione del diritto, allora avremo costruito un monito per il futuro" gli fa eco da Arezzo l’avvocato Joachim Lau, un legale tedesco che esercita da anni la professione in Italia e che è diventato un punto di riferimento per le cause intentate dagli ex internati.

Franco Piovani


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