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 Nr.10 del 12/05/2008
 
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Un eroe del cielo: il Barone rosso
Così amici e nemici si compiacquero di chiamarlo. Ad eccezione dei francesi, per i quali era il Diavolo rosso. Di formazione era ufficiale di cavalleria. Un capitano. Divenne poi il più grande pilota da caccia della Prima guerra mondiale


   Il Fokker del Barone rosso



   Manfred von Richtofen


Il 21 aprile 2008, è caduto il 90mo anniversario del suo abbattimento. Nella valle della Somme. Nel dipartimento della Piccardia. In Francia. Buttato giù lui, Manfred von Richtofen, che aveva fatto precipitare in volo 81 aerei nemici. Lui che, per anni, si era cercato con il suo grande avversario, il maggiore Francesco Baracca, l'asso della aviazione italiana, 34 aerei abbattuti al suolo. Erano andati in cerca l'uno dell'altro per misurarsi in un duello leale. Quasi di certo mortale. Ma non si erano mai trovati.
Il giorno in cui precipitò, von Richtofen aveva 26 anni. L'asso della Luftwaffe tedesca era conosciuto da tutte le aeronautiche, francese e inglese, canadese, australiana e italiana, come il Barone rosso. Un soprannome che gli derivava dal colore del suo triplano Fokker, rosso sangue.
Manfred era un ulano puro sangue. In molti eserciti europei, fino alla Prima guerra mondiale, l'ulano era una specialità della cavalleria. Il termine trae origine dal turco "oglan", compagno, e indicava le bande di cavalieri tartari che, intorno ai secoli XV e XVI, si stabilirono in Polonia e, nel secolo successivo, furono arruolati nella cavalleria polacca. Di là si diffusero alle vicine Austria, Prussia e Russia. All'originario turbante venne sostituito, presso quasi tutti gli eserciti, il tradizionale copricapo polacco detto "czapska".
Nel 1866, gli ulani austriaci si distinsero in particolare nella campagna d'Italia. Una Italia nella quale, sia come armamento che come impiego, furono i lancieri che corrisposero, grosso modo, agli ulani. La specialità dell'arma di cavalleria traeva origine dalle truppe di cavalleria armate di lancia. Unità istituite da Napoleone nel 1801.
Figlio di una famiglia aristocratica silesiana – essendo nato a Breslavia nel 1892 –, sin dall'inizio delle ostilità von Richtofen comincia a guerreggiare alle frontiere orientali dell'Impero tedesco, ossia sui cieli della Russia. Nel 1915 diventa aviatore. Con una mansione analoga a quella che svolge, nell'aviazione francese, Antoine di Saint-Exupéry: come ricognitore. Poi incontra Oswald Boelcke. È il super-asso della caccia germanica. Lo vuole con sé. Entra nella sua squadriglia. È l'estate del 1916. Anno nel quale, il 16 settembre, Richtofen vedrà omologata la sua prima vittoria area con l'abbattimento di un Farman inglese. Passeranno solo 18 mesi e tali vittorie diventeranno 81. A spese soprattutto degli inglesi. Che subiranno catastrofiche perdite aeree. Soprattutto nei combattimenti del 1917.
La stampa internazionale e le autorità militari puntano l'interesse sul Barone rosso. Le cartoline postali e i francobolli, i quaderni degli scolari e l'opinione pubblica tutta, contribuiscono a far nascere una venerazione per questo coraggioso giovane. Culto che precedette quello di Baracca e di D'Annunzio; di Saint-Exupéry e di Lindberg; di Balbo, di Clostermann e di tanti altri. Sino ai kamikaze dell'aviazione giapponese.
L'imperatore Guglielmo II lo riceve alla sua tavola. Erich Ludendorff, nel 1916 generale di corpo d'armata, afferma categorico: «Il Barone rosso vale due divisioni. Da solo».
1917. 4 gennaio. Richtofen abbatte il suo 16mo aereo. Nell'aviazione inglese, il titolo di "asso" viene conferito dopo 5 vittorie sul nemico. In quella tedesca, dopo 8. Con il doppio, Manfred ottiene la promozione a capitano e il comando della più blasonata pattuglia della caccia tedesca: la "Jagdstaffel 11", Staffetta da caccia 11. Due giorni dopo, gli viene conferita la Blu Max. È la più alta onorificenza tedesca. Perdipiù ai piloti dello "Jasta 11" viene concesso di dipingere i loro aerei con colori sgargianti. In tal modo sono subito individuabili.
1917. 6 luglio. Il leggendario «barone dei cieli», che ha abbattuto ben 56 aerei, subisce un primo segnale del destino: una mitragliatrice lo ferisce alla testa. Egli atterra d'urgenza, e in stato di semincoscienza, dietro le sue linee. Il proiettile è entrato nel cranio del pilota. Le migliori tecniche mediche vengono dispiegate per portare sollievo al barone. La sua buona stella, che lo ha protetto sin qui, non brilla più. Egli è vulnerabile. Di più: d'ora in poi von Richtofen sarà afflitto da nausee, emicranie e mal di testa che costituiranno per lui un durissimo handicap.
Mentre si ristabilisce, scrive un libro di memorie di guerra: "Der rote Kampfflieger", il Bombardiere rosso. È l'anno precedente la sua scomparsa.
1918. 21 aprile. Manfred decolla da una pista della Somme. Davanti al suo triplano Fokker, con la croce di Malta, si parano i Sopwith Camel del 209mo Squadron della Raf (Royal Air Force) inglese. Si svolge un duello che vede coinvolti una trentina di velivoli. Manfred viene colpito da più parti. Precipita. Si schianta al suolo. L'aereo si incendia. Soldati australiani accorrono per salvare il pilota dalle fiamme. Ma egli è già morto. Colpito alla testa e al ventre dalle mitragliere dei Bristol Blenheim della Raf. Solo allora si scopre chi è: il celeberrimo Red baron della Luftwaffe, il «terrore degli aviatori alleati». Gli inglesi gli rendono gli onori militari al cimitero di Bertangles, sul suolo francese. Un funerale degno di un eroe. Con una cerimonia che, di solito, è riservata ai più alti ufficiali inglesi.
E qui comincia la (lunga) controversia sulle circostanze reali della morte del giovane asso tedesco. Una scomparsa attorno alla quale la Germania fa aleggiare un certo mistero. Gli inglesi rivendicano l'abbattimento per merito di un pilota del famoso 209mo Squadron della Raf, il capitano canadese Roy Brown. Il quale, peraltro, non rivendica l'abbattimento di Richtofen. Gli australiani si attribuiranno il merito aggiudicandolo invece alla loro contraerea. Alcuni soldati di fanteria sostennero di averlo tirato giù da terra. Insomma, molte le tesi. Tutte contrastanti. Quel che è vero è che nessuna aggiunge o toglie nulla al mito e alla realtà. Quel 21 aprile di novanta anni fa, cadde un eroe del cielo. Quanto fosse grande lo rivelano le parole di D'Annunzio che, in quella occasione, si espresse così: «L'unico cavaliere teutonico che, a guerra finita, avrei voluto abbracciare».
Due mesi dopo, il 19 giugno, sul Montello, un colle in provincia di Treviso, una scarica di fucileria austriaca colpisce l'aereo del grande avversario italiano di Richtofen, Francesco Baracca, che volava a bassa quota. L'ufficiale resta ucciso. Il cavallino rampante, l'insegna personale che il maggiore di Lugo di Romagna porta dipinto sulla fusoliera del suo Spad S VII, il caccia che sembrava imbattibile, non farà più paura a nessuno. Un mese prima, il 12 maggio, anche l'asso inglese Mannock era stato colpito e abbattuto. E il 6 settembre dell'anno precedente, era toccato all'intrepido pilota francese Guyner perdere la vita in combattimento.


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