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lunedì 29 aprile 2024 | 12:16
 Nr.22 del 10/11/2008
 
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Ad essere onesti… questi i risultati?
Questi sono i risultati ad essere onesti. Io posso gridare “viva l’Italia”, ma non “viva gli italiani”. Ho scritto una lettera all’INPS che prego di pubblicare sul giornale VALTROMPIASET


   Anita Fontana e Domenico Zubani


Egregi Signori dell’Istituto INPS

Io sono Zubani Domenico marito della defunta Fontana Anna nata il 7 aprile del 1922, la quale riceveva una minima pensione sociale anni fa. Tutte le date non le ricordo. Poco dopo gliel’hanno tolta. I dati sono all’Ufficio INPS di Brescia. La mia cara moglie è morta 13 mesi fa e lei aspettava ancora la sua pensioncina e morì col suo desiderio in gola. Ora dopo tanto tempo chiedono il rimborso di 2000 euro circa che mi trattengono dalla mia pensione. Per loro è tutto facile. La mia pensione non è abbastanza per le mie cure. Io sono un onesto cittadino. Non ho mai tolto a nessuno quello che non è mio. Penso che in questo caso dovrebbero riflettere, perché mia moglie non è venuta all’INPS a farsi dare i soldi. Sono stati loro a mandarglieli e ora mettono in difficoltà una famiglia. Prego di riflettere, vedere dove è il giusto e lo sbagliato, anche vergognandosi.
La mia educazione mi suggerisce di chiedere le scuse!

Io sono nato il 20 aprile del 1923. Nel 1942 ero in Jugoslavia a combattere. Nel 1943 mi hanno fatto prigioniero e portato in Germania nel campo di concentramento di Wetter Rur e lì per due anni ne ho viste di cotte e di crude: lavoro forzato, fame, freddo, dormire in brande a castello. La compagnia di notte erano i pidocchi, le cimici, le pulci. Di mattina ci scappavano sempre le snervate. Un pane di 8 etti era il cibo per 6 persone. E via al lavoro per due anni continui. Terminata la maledetta guerra, mi hanno scritto. In un primo tempo mi avvisano che mi avrebbero mandato per il lavoro svolto nemmeno un centesimo. Poi che mi avrebbero mandato 13 milioni di lire. Dopo un anno ricevo un’altra lettera dal sindacato. Mi dicono che mi dovevano mandare 14 milioni. Dopo un altro anno mi arriva un’altra lettera che non mi aspettava nulla perché non sono stato nel Campo di sterminio. Questa la paga per due anni di lavori forzati. Io ero contento uguale per avere portato a casa la pelle. Poi me ne sono successe una dopo l’altra. Ho lavorato, ho avuto una bella famiglia per anni e anni felicemente sposato. Stavo per raggiungere il sessantesimo anno di matrimonio ma la mia cara Anita mi lasciò qui solo e disperato. Ho i figli che mi vogliono bene, ma io senza di lei non ho più nessuno, invoco la mia fine. Il mio pensiero è che non ho potuto fare nulla per salvarla. È morta tra le mie braccia. L’ho vista morire, poverina! Quanto lavoro ha fatto per noi. Andarsene senza dirmi nulla! Vedo ancora i suoi occhi annebbiati. Non potrò mai scordare quei momenti. Io ero solo. Aspettavamo di mangiare. Erano le 7,25 di sera. Mi ha fatto due parole e poverina in pochi secondi la vedo accasciarsi. Poi sento che fa due rantoli. “Mamma, la mia Anita sta morendo”: ero solo, non capivo nulla. Mi sono reso conto dopo un po’ che la mia Anita mi ha lasciato per sempre. Non ero più io. La mia Anita è morta, ma anche ora che è passato più di un anno, mi sembra successo ieri. Ma ancora quanta angoscia. Quanta tristezza e disperazione. Imploro la fine, ma non arriva mai.
Anita, ti voglio bene, arrivederci per farci compagnia per l’eternità.
Cara Anita, quanta passione anche sul fatto che a novembre è arrivata “la festa dei morti”. Sono feste che strappano il cuore e il tempo se ne va veloce. Penso che la mia cara moglie mi aiuti a passare questo traguardo per arrivare al termine della mia vita. Allora sì che avrò trovato la tranquillità. Ogni giorno che passa rammento sempre più la tua mancanza.
Anita cara, eri una donna affabile con tutti. Hai lasciato bei ricordi, il tuo sguardo dolce… Hai fatto tanto bene alle persone che oggi mi chiedono rivolgendosi a te con tanto amore.
Anita, mi ricordo di averti abbandonata, ma sempre per causa del lavoro. Avrei potuto fare anche a meno perché hanno vissuto tutti senza andare all’estero. Per questo mi sento colpevole della tua morte. Tanti anni senza mai da me un conforto. Così il tuo cuore si è indebolito ed ha ceduto. Ti chiedo perdono.
Anita cara arrivederci vicini per l’aldilà.
La nostra vita tremendamente è finita qui, ma cara la mia moglie spero presto di trovarci uniti nella tomba per l’eternità. Allora sì che godrò la pace.


Domenico Zubani


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