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 Nr.21 del 26/10/2009
 
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Mister Obama pensava di essere l’America
… America, sei arrivata a pensare che i tuoi politici / i tuoi poliziotti, abbiano ragione. / Sei arrivata a pensare, che la borghesia, i droghieri / i commercianti grossi o piccoli, i mercanti, i petrolieri, siano degni di fiducia… (Joel Oppenheimer)


   Joel Oppenheimer



   Il Presidente Obama



  


Mister Obama pensava di essere l’America. L’America sapeva che mai avrebbe potuto essere Obama. Mister Obama pensava che 200000 uffici delle Corporations che circondavano la Casa Bianca fossero poca cosa rispetto al suo essere investito della Presidenza. Le 200000 Corporations (punta di un iceberg molto più consistente) sapevano che Obama era poca cosa rispetto ai loro interessi. Mister Obama è un alfiere nero che si muove obliquamente, Bush, un piccolo pedone “alcolizzato” che si muoveva a zig zag. Mister Obama ritirerà le truppe dall’Iraq il prima possibile. Alla fine del 2008 le più grosse multinazionali del petrolio hanno stipulato contratti vantaggiosi con il governo irakeno. Anche l’ENI ha avuto la sua parte, il motivo per cui i militari italiani stazionavano a Nassirya, era che presidiavano uno dei siti petroliferi nell’interesse dell’ENI (e anche nostro). Nella zona verde di Baghdad, sta sorgendo una delle più vaste ambasciate americane all’estero. Qualche giornalista scrive di un sito corrispondente a due volte il territorio del Vaticano, con piscine, negozi, e con un consistente drappello di consiglieri americani, naturalmente militari.
Dall’Afghanistan non si può e non si deve “venir via”. La Unocall americana non ha ancora ottenuto il suo oleodotto, e Bin Laden è un patetico alibi che solo chi non vuole conoscere la verità può accettare. Nel 1998 il Mullah Omar, per mezzo di un suo intermediario, consegnò agli americani le coordinate del rifugio di Bin Laden sulle montagne afgane. Clinton, rispose che Bin Laden non era nella priorità degli Stati Uniti, tant’è che a tutt’oggi, il suo nome neanche figura tra i ricercati per l’attentato alle torri gemelle. Bush qualcosa sapeva sugli attentati dell’11 settembre, e per evitare che con i giornalisti gli sfuggissero notizie compromettenti, (in uno dei suoi momenti di rara lucidità) uno dei personaggi più importanti del suo staff, gli fece una telefonata, mentre volteggiava nel mitico Air One lontano dal luogo del disastro. La telefonata, passerà alla Storia, quando gli storici se ne vorranno occupare, come “la chiamata dell’angelo”. Per farla breve, gli venne intimato di tenere la bocca chiusa su tutto, e di convocare i direttori delle più importanti testate giornalistiche, per convincerli a fare altrettanto. Un paio di direttori palesemente in disaccordo, furono licenziati su due piedi, e consigliati di farsi gli affari propri.

Questa lunga premessa si è resa necessaria per introdurre una poesia del 1970, che scagiona in parte Bush, e che spiega perché mister Obama non avrà raggio d’azione più lungo della corda legata all’albero delle vere forze che comandano negli Stati Uniti. Per essere più chiaro, dieci anni fa, al culmine dell’entusiasmo per l’efficienza dei mercati, due importanti economisti, John Eatwell e Dance Taylor, scrissero “Global finance at risk”, un libro importante in cui spiegavano le conseguenze delle inefficienze dei mercati, e suggerivano il modo per eliminarle. Le loro proposte erano in netto contrasto con la febbre della deregulation che allora consumava l’amministrazione Clinton. Quel governo era guidato dalle stesse persone chiamate da Obama (???) per mettere una pezza ai disastri che loro stessi hanno contribuito a provocare. L’invio di altri 13000 soldati nella disperata landa afgana, per sconfiggere un Bin Laden tormentato dalla dialisi, dà la cifra di un Nobel per la Pace assegnato ad Obama, presidente di una nazione responsabile della morte di un milione di Irakeni. Un milione di morti, che ci rende edotti su chi veramente possiede le armi di “distruzione di massa”. Se ad Obama il Nobel per la Pace, è stato conferito in via dubitativa e preventiva, agli Stati Uniti il Nobel per la Guerra dovrebbe essere confermato “aldilà di ogni ragionevole dubbio”.


Joe Dallera


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