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 Nr.3 del 01/03/2010
 
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Indicatori di rischio ambientale
La vulnerabilità degli anfibi alle modificazioni degenerative dell’ambiente, fa di essi dei raffinati bioindicatori di qualità ambientale, capaci di evidenziare eventuali disfunzioni degli ecosistemi ed eventuali fattori di rischio comune per le popolazioni selvatiche di anfibi e le popolazioni umane residenti


   Girino



   Natrice dal collare



   Rana temporaria


Da questo assunto partono le ricerche di Rocco Tiberti, ventiseienne saretino che ha fatto del proprio amore per la natura e gli ambienti montani un mestiere. Il dottor Tiberti ha intrapreso anni orsono un progetto di ricerca sulle popolazioni di anfibi per alcune aree rappresentative dell'ambiente della valli prealpine bresciane. Oggi è dottorando presso il Dipartimento di Biologia Animale dell'Università di Pavia ed ha allargato lo spettro delle proprie indagini naturalistiche ad un articolato studio sugli ecosistemi dei laghetti alpini in alta quota nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.

Può riassumere scopo ed esiti delle sue ricerche?

“Dal 2002, dai siti di riproduzione di Rana montana (Rana temporaria) delle valli prealpine bresciane, sono giunte notizie aneddotiche riguardanti fenomeni di mortalità di massa tra i girini. In tre aree geograficamente distinte (massiccio del Monte Guglielmo, comune di Pertica Alta e comune di Bagolino), diverse analisi batteriologiche hanno evidenziato un unico fattore di mortalità: una setticemia batterica da Aeromonas mobili, patogeni opportunisti presenti nelle acque libere (sono gli agenti patogeni della malattia “red-leg” o “gambe rosse“ negli anfibi). Gli anfibi sono particolarmente vulnerabili alle modificazioni degenerative ambientali e la loro salute è indice di qualità dell'ambiente in cui vivono; l'insorgenza della red-leg desta preoccupazione e la persistenza nel tempo della malattia ha indotto la comunità montana della Valle Trompia a commissionare uno studio per determinare la causa delle morie. Correva l'anno 2006; negli anni successivi nessuna delle autorità territoriali competenti in materia di protezione dell’ambiente e di salute pubblica ha rinnovato il sostegno alle ricerche, tanto che la raccolta dei dati si è basata sul lavoro volontario. La qualità della ricerca però risente della carenza di risorse e, di fatto, è limitata a verificare l’insorgenza della malattia in alcuni siti e solo in due aree di studio. Il problema rischia di essere dimenticato senza che si siano accertate le cause del fenomeno e i rischi ad esso connessi, sia quelli legati alla degenerazione dell’ambiente montano, sia quelli per la salute delle popolazioni residenti nelle valli.

Dottor Tiberti, come ha pianificato di proseguire la propria ricerca per il 2010?

“Spero di poter raccogliere dei campioni di secrezioni ghiandolari cutanee di rana temporaria per verificare se le morie siano in ultima analisi collegabili al Chitridium Dendrobatidis, un fungo patogeno che sta decimando le popolazioni di anfibi di tutto il mondo dal 1990. Inoltre sul Gugliemo sopravvive una popolazione isolata di ululone dal ventre giallo (Bombina Variegata); negli ultimi tre anni non ne ho avvistato nemmeno un esemplare, vorrei verificare se effettivamente la popolazione si sia rarefatta o scomparsa“.

Un consiglio ai frequentatori del monte Guglielmo?

“L'area del Guglielmo presenta un'erpetofauna con un'alta biodiversità, vi risiedono anche alcune specie di serpenti non velenose (eccetto la vipera aspis). Da naturalista vi raccomando, in caso di incontri con serpenti, di non ucciderli, il loro ruolo nell'ecosistema è fondamentale!“


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