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Uno splendido esemplare di Bracco |
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I cacciatori domandano ad esempio perché il gruppo dei Consiglieri regionali - che sostengono di dedicare grande attenzione alla caccia - non formalizza da subito una proposta che riduca la distanza che gli appostamenti fissi devono osservare dalle oasi o dalle zone di ripopolamento fissata in 400 metri, tenuto conto che chi pratica la caccia vagante non è tenuto a rispettare distanza alcuna?
Ed ancora: perché non si modifica il pacchetto delle giornate di caccia in cui il cacciatore può esercitare una forma di caccia diversa da quella prescelta in via esclusiva anticipandolo alla metà di ottobre invece del 1° novembre? Perché non si consente di esercitare la caccia da appostamento temporaneo per 5 giornate settimanali a scelta dal 1 ottobre al 30 novembre come già avviene per la caccia da appostamento fisso? Perché non si consente per una ventina di giorni la caccia alla migratoria in tutti gli ambiti regionali? Perché non si riduce o si sopprime la tassa regionale per chi ha compiuto i 65 anni?
Sono domande in attesa di risposta: ma chissà mai se qualcuno si prenderà la briga di chiarire come effettivamente stanno le cose in un comparto, quello della caccia, che meriterebbe attenzione da parte del legislatore regionale non solo quando si parla di temi che interessano un numero elevato di cacciatori e pertanto di grande impatto mediatico, ma anche quando tocca argomenti che, solo a prima vista, possono sembrare di secondo piano.
Invece si preferisce giocare allo scarica barile, invitando il ministro dell’Ambiente a modificare il decreto emesso a suo tempo dal ministro Pecoraro Scanio, ma dimenticando che dall’insediamento del nuovo Governo ad oggi non è arrivato alcun segnale in tal senso.
Che alle promesse seguano i fatti, vale anche per la più volte sollecitata modifica della legge regionale n. 27 del 28 ottobre 2004 "Tutela e valorizzazione delle superfici, del paesaggio e dell’economia forestale", che all’art. 15 stabilisce il divieto di caccia in tutte le proprietà della Regione Lombardia, siano esse boschi, prati, vivai, terreni montani, beni rustici e terreni acquisiti o pervenuti proprietà. E va aggiunto che qualche gestore ha già inoltrato la richiesta che sul territorio della sua azienda sia vietata la caccia.
Resta da dire, accogliendo anche le condivisibili sollecitazioni dell’assessore Sala, della auspicabile modifica della legge regionale sulla caccia n. 26 del 1993 e che non serve attendere la revisione della legge nazionale 157 per introdurre alcune correzioni, anche importanti, al testo regionale. Se poi fa gioco, attribuire tutte le colpe ai ritardi del Parlamento, è un’altra di quelle cose che la "casta" dovrebbe evitare per rispetto ai cittadini cacciatori lombardi stanchi di ascoltare motivazioni che hanno il senso delle strumentalizzazioni politiche ed elettorali. (pio)
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