Non ricordo il contesto in cui fu pronunciata questa frase, ma sicuramente non fu usata per liquidare una compagnia non gradita. Arrischiando, potremmo affermare che si riferisse alla sua morte. Morte che lo colse poco più che quarantenne, lasciandoci orfani di uno dei migliori autori e interpreti del Novecento.
Anche se io, più che di morte, parlerei di un lungo, lento suicidio. Sono solo un “vile meccanico”, e confesso che non ho pianto alla notizia della sua scomparsa, ma un po’ di malinconia ancora mi accompagna. La stessa malinconia che mi prende quando penso che tra non molto tempo, una cosa poco intellettuale come il carburatore, sarà soppiantata dall’iniezione elettronica. Un’operazione che sulle automobili è già realtà da alcuni anni, e che sulle motociclette sta per divenire. I Pellerossa, pensavano che persino le pietre fossero entità viventi, io penso lo stesso dei carburatori. Voi non ci crederete, ma se qualcuno li sa “accordare”, sono in grado di far cantare ai motori le loro più belle canzoni.
Carburatore
Soffri il morso degli anni
e l’angoscia di un progresso accelerato.
Ciononostante
insegui monocilindriche
cercando spasmodicamente
rapporti stechiometrici,
incurante dei numerosi by pass
e degli spifferi
che scuotono il tuo spillo conico.
Benzinomane da sempre,
sei un amante patetico,
con quell’enorme flebo
che ti sovrasta come un rimorso.
Staccati il tubo vecchio,
schiere di corpi sfarfallati
e di concu-bobine
marciano compatti e infami,
scandendo slogans di morte,
e l’iniezione, tua erede bastarda
mostra il pollice verso
a chi non vuole la tua fine.
Joe Dallera |